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Mps, ecco perché i piccoli azionisti sono in subbuglio a Siena

Mps

Ora che lo Stato è diventato di gran lunga il primo azionista del Monte dei Paschi di Siena con oltre il 50% del capitale, l’istituto di credito guidato da Marco Morelli fronteggia problemi vecchi e nuovi.

I NUMERI DEL SEMESTRE

A riassumerli in maniera efficace è la semestrale del gruppo di Rocca Salimbeni. Anzitutto c’è da ricordare che Mps ha chiuso i sei mesi al 30 giugno Mps con una perdita di 3,24 miliardi di euro, su cui hanno pesato 4 miliardi di rettifiche per la cessione delle sofferenze e la svalutazione da 30 milioni della partecipazione nel fondo Atlante. Il risultato si confronta con l’utile di 302 milioni che era stato realizzato nel primo semestre del 2016. In peggioramento anche i ricavi, che nei primi sei mesi del 2017 sono scesi del 21% a 1.852,7 milioni di euro. Dopo il fallimento dell’aumento di capitale di mercato dell’autunno del 2016, per Mps è scattata la ricapitalizzazione precauzionale, che prevede l’impiego di denaro pubblico dopo la conversione delle obbligazioni subordinate in azioni (burden sharing).

GLI EX AZIONISTI

E proprio gli ex azionisti, fortemente diluiti nell’azionariato a causa sia del burden sharing sia della ricapitalizzazione pubblica, sono tra coloro che ora chiedono conto alla nuova Mps “di Stato” per oltre 800 milioni di euro. Dalla semestrale dell’istituto di Rocca Salimbeni emerge che le richieste di danni degli ormai ex azionisti sono più che raddoppiate nella prima metà dell’anno rispetto ai 396 milioni di euro di fine 2016. Le cause e i reclami sono circa 800, alcuni dei quali formulati collettivamente da studi legali e associazioni. In generale, alla base delle richieste, c’è la convinzione, da parte degli ex soci, di essere stati indotti nel corso degli anni ad acquistare azioni e sottoscrivere aumenti di capitale (quattro dal 2008 al 2015, per un controvalore di ben 15 miliardi di euro) sulla base di bilanci, prospetti e informazioni false o non veritiere.

CHI SI È GIÀ MOSSO

Tra gli azionisti che si sono già mossi decidendo di promuovere una causa verso la banca senese, nel 2016, si segnalano la Coop Centro Italia e la sua controllata Coofin, che chiedono danni per 137,1 milioni di euro. Ancora prima, nel 2015, si era invece attivato il socio Andrea Marangoni, nel cui giudizio sono intervenuti successivamente altri 123 azionisti per per una richiesta complessiva di 89 milioni, e altri 14 soci ed azionisti, le cui richieste ammontano a 46 milioni. Ma ora, con tutto quel che è accaduto a Siena negli ultimi tempi, la banca teme che nuove e pesanti cause legali possano spuntare all’orizzonte.

IL RISCHIO

“Le azioni promosse dagli investitori – avverte non a caso il Monte dei Paschi nella semestrale – potrebbero aumentare, anche significativamente” in relazione alle “risultanze” dei due procedimenti penali in corso a Milano, quello cioè che vede imputati l’ex presidente Giuseppe Mussari e gli ex vertici sui derivati Alexandria e Santorini (la banca è coinvolta in qualità di responsabile civile) e quello che potrebbe costare un processo per aggiotaggio e falso in bilancio ai loro successori Fabrizio Viola e Alessandro Profumo per come i due derivati sono stati rappresentati in bilancio (Mps è imputata in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti). A complicare le cose, c’è la richiesta da parte di Consob del 2015 con cui è stato chiesto a Mps di cambiare la contabilizzazione a bilancio dei due strumenti finanziari. La questione è: chi ha investito facendo affidamento su quel bilancio che poi è stato modificato può fare valere le proprie ragioni oppure no? Lo scopriremo presto.


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