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Tim e Open Fiber, ecco le tensioni fra Enel, Cdp e governo sulla rete Telecom Italia

Di Michele Arnese e Gianluca Zapponini

Maretta ai vertici di Open Fiber e divergenze all’interno del governo e della maggioranza sulla rete fissa di Tim.

Nella società di Enel e Cdp per la banda larga si allargano le differenze di visioni sul progetto di acquisire o meno la rete in rame di Tim-Telecom Italia. Le distonie solcano anche vertici e azionisti della Cassa depositi e prestiti, ovvero il ministero dell’Economia e le fondazioni bancarie che sono gli azionisti di Cdp. Non solo: pure nel governo ci sono diversità di vedute: con il segretario del Pd, Matteo Renzi, e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ben disposti all’operazione, mentre il sottosegretario allo Sviluppo economico, Antonello Giacomelli, è molto perplesso. Ecco tutti i dettagli della diatriba, partendo dalla posizione dell’Enel.

LE ULTIME NOVITA’ DALL’ENEL

Il disinteresse di Enel verso la rete Telecom (qui l’ultimo approfondimento di Formiche.net sulla questione della rete) è sempre più palese. Se Open Fiber, la società incaricata di portare la banda larga in tutta Italia, comprerà l’infrastruttura dell’ex monopolista, Enel si sfilerà dalla partita. Un bel problema: il gruppo guidato da Francesco Starace è socio paritario al 50% di Open Fiber insieme a Cassa Depositi e Prestiti. Mentre chi è favorevole è in particolare il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini.

LE AVVISAGLIE DI STARACE

Il primo segnale di irrigidimento da parte del gruppo elettrico era arrivato pochi giorni fa, quando lo stesso Starace, rispondendo a una domanda sulla possibile permanenza di Enel in una società per la banda ultra-veloce frutto della fusione tra Telecom e Open Fiber, ha rimarcato: “Quale sarebbe l’interesse per Enel e suoi azionisti di possedere una quota del 5% della società post-fusione? Enel non ha come scopo l’investimento passivo finanziario in una società che opera in un settore dal quale, tra l’altro, il gruppo è uscito qualche anno fa”.

SE ENEL (NON) VUOLE LA RETE TELECOM

Concetto ribadito e in un certo senso rafforzato da un articolo della Stampa, dove Enel afferma sostanzialmente questo: la rete di Telecom insieme a quella di Open Fiber in una nuova società non ha senso strategico, sia da un punto di vista industriale sia finanziario. Dunque, se Open Fiber dovesse mettere le mani sulla rete, una volta terminato lo scorporo (ma ci vorranno almeno un paio di anni), Enel uscirà dal capitale. D’altronde lo stesso Starace lo aveva detto apertis verbis durante una conference call di fine luglio. “Siamo assolutamente contrari” a una simile operazione.

LA SCELTA DI CDP

Ma per concludere lo scorporo in tempi ragionevoli e avviare l’iter prima delle elezioni del 2018 che potrebbero sparigliare le carte, occorrerà prendere una decisione per questo autunno. E poi Cdp potrebbe prendere una strada ben diversa da quella di Enel, abbracciando l’operazione auspicata dell’ex numero uno Bassanini, ora a capo di Open Fiber. Inutile dire che per la Cassa si tratta di un’occasione ghiotta, secondo i fautori dell’operazione sistemica. Mettere le mani sull’infrastruttura Telecom vorrebbe dire diventare monopolista della banda larga, con tutti i vantaggi del caso, ha scritto ieri la Stampa. Ma la partita, a dire la verità, è ancora tutta da giocare. Non tutti ai vertici e nell’azionariato di Cdp (Mef e fondazioni) sono d’accordo. Sulla stessa lunghezza d’onda di Bassanini sarebbe il presidente della Cassa, Claudio Costamagna.

L’IMPOSTAZIONE DI BASSANINI

All’interno del Mef retto da Padoan, di Cdp  guidata dall’ad Fabio Gallia e dalle fondazioni rappresentate dall’Acri di Giuseppe Guzzetti c’è però chi sostiene: perché alla Cassa interessa un asset obsoleto tecnologicamente di una società quotata? Domande che solcano anche il management di Cassa depositi e prestiti. Opposta l’impostazione del presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, che in un’intervista al quotidiano La Stampa ha detto: “Open Fiber, o i suoi azionisti, sono in questo caso ben posizionati per acquisire la rete Telecom, potendo sfruttare al meglio le sinergie tra le due reti e accelerare la migrazione di tutti dal rame alla fibra, con vantaggi importanti anche per i clienti finali”.

LE DIVERSITA’ DI VEDUTE NEL GOVERNO

Una posizione, quella di Bassanini, corroborata da recenti dichiarazioni sul tema della maggioranza e del governo (da Matteo Renzi a Piercarlo Padoan), oltre che dai vertici di Vivendi che controlla Tim: tutti hanno di fatto auspicato collaborazione e sinergie sulle reti. Ma dallo Sviluppo economico arriva una frenata. L’intervista di oggi del sottosegretario Antonello Giacomelli è chiara: “Capisco bene l’apertura del presidente di Tim, ma oggi la vendita della rete rischia di essere più nell’interesse di Telecom che dello Stato”. E quanto al valore dell’asset di Tim pari a circa 13 miliardi, Giacomelli lancia un’altra stilettata indiretta contro l’azienda controllata dai francesi: “Ho forti dubbi che il valore sia così alto. Parte di quella rete è persino obsoleta”.

IL NO DI POMPEI

Una linea, quella di Giacomelli, che combacia con quella di Enel e di Tommaso Pompei, amministratore delegato di Open Fiber: come ha scritto il sito Lettera 43,Pompei non è della stessa opinione di Bassanini: “All’ex amministratore delegato e fondatore di Wind non sono piaciute le dichiarazioni rilasciate da Bassanini. Il quale, sul futuro alla rete, avrebbe spiegato che l’ipotesi più percorribile «prevede che gli azionisti di Tim decidano che conviene a tutti, non solo al Paese ma anche a loro, liberarsene, poiché comporta oggi investimenti molto costosi, soprattutto una volta che il colosso dei telefoni non sarà più monopolista. Naturalmente cercando di valorizzare al massimo l’asset che hanno»”. Non è un caso la posizione di Pompei, che è in perfetta sintonia con il numero uno di Enel, Starace. Pompei e Starace vedono con perplessità l’attivismo sistemico di Vivendi, azionista forte di Tim, verso la vendita della rete in rame a Open Fiber; un’operazione che sarebbe più utile ad alleviare la zavorra del debito dell’ex Telecom Italia che a modernizzare l’Italia. Un concetto che coincide di fatto con quanto sostenuto oggi da Giacomelli.



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