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Quale futuro per le città-Stato?

Carole Kariuki e Francesco Confuorti

Interrogarsi oggi sulle prospettive di crescita internazionale, con la globalizzazione che pone interrogativi sulla gestione dei cambiamenti in ambito politico, demografico, tecnologico, è un compito che richiede ben ampio approfondimento, per poter terminare in un’analisi di altrettanta portata. La sorte però, di cui Goethe scriveva che appaga i nostri desideri per darci qualcosa oltre gli stessi, vuole che per cercare di capire dove la società globale ci stia portando bisogna osservare le dinamiche degli elementi territorialmente più circoscritti, i piccoli Stati e delle città-Stato, in particolare quando centri economico-finanziari, attrattori di fondi offshore. È il tema di cui si è discusso nel panel del Meeting di Rimini “Advantage financial: prospettive globali di crescita e dinamiche dei piccoli Stati e della città-Stato”, in collaborazione per l’appunto con l’investment company Advantage Financial.

L’ANALISI DEL VICEDIRETTORE DEL CORRIERE DELLA SERA FUBINI
Ha detto il vicedirettore de Il Corriere della Sera Federico Fubini, intervenuto al dibattito: “Penso che questa categoria di entità sovrana resterà molto rilevante anche nei decenni a venire, ma dovrà cambiare profondamente il suo modo di operare”. La ragione di questa affermazione parte dall’assunto che “il mondo prima della crisi era pieno di liquidità, per effetto delle politiche delle banche centrali”, e “molti di questi centri offshore fungevano da sottrattori delle basi fiscali e del reddito imponibile, grazie all’assenza di regole o alla loro elusione”. Dopo la crisi la creazione di liquidità è continuata, ha spiegato il giornalista, permettendo così a molte banche finanziarie di riprendersi, e allo stesso tempo incrementando i bilanci delle principali banche centrali. Ma il debito del settore pubblico, e talvolta anche del settore privato, ha continuato ad aumentare: elemento rilevante per i piccoli centri offshore, oggetto del dibattito, in quanto la pressione dei Paesi avanzati è cresciuta, e crescerà sempre più con l’invecchiamento della popolazione. “Questo vecchio modello di business in futuro sarà impossibile”, ha affermato Fubini. Nonostante ciò, “l’importanza dei piccoli centri finanziari resterà invariata”, perché “le diseguaglianze di reddito e patrimoniali sono molto aumentate nei nostri paesi”, mettendone “a rischio” la stabilità politica.

LA TAVOLA ROTONDA AL MEETING MODERATA DA PAOLO MESSA
La tavola rotonda, moderata dal direttore del Centro Studi Americani Paolo Messa, ha visto confrontarsi numerose personalità del mondo economico e istituzionale, tra le quali Alain Bifani, direttore generale del Ministero delle Finanze in Libano; Francesco Confuorti (nella foto), presidente e amministratore delegato di Advantage Financial; Domenico Fanizza, direttore esecutivo per l’Italia, i Paesi Bassi e il Regno Unito della Banca di Sviluppo Africana; Wafik Grais, presidente della Banca Centrale della Repubblica di San Marino; Tom Amolo, segretario politico e diplomatico dell’ambasciatore in Kenya; Alberto Mingardi, direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni.

L’INTERVENTO DI ODD PER BREKK (FMI)
Odd Per Brekk, vice direttore del Dipartimento Asia e Pacifico del Fondo Monetario Internazionale, ha spiegato che alcuni di questi piccoli centri, come Singapore o Hong Kong, “sono una parte importante della crescita in Asia”, che, nonostante resti “leader mondiale”, sta affrontando “un cambiamento demografico a lungo termine” ed è “molto esposta ai cambiamenti delle condizioni finanziarie”. Oltre a ciò, “le banche centrali hanno appena iniziato a normalizzarsi, motivo per cui adesso alcuni Stati dell’Asia hanno debiti”. E “la Cina sta lentamente scendendo”. Di fatto, ha aggiunto Brekk, considerando che il Pil dell’Asia “è aumentato più del doppio dagli anni ’80”, malgrado il rallentamento sta “ancora guidando la crescita globale”.

IL PENSIERO DEL PRESIDENTE FONDAZIONE SUSSIDIARIETÀ VITTADINI
L’intervento conclusivo è stato riservato al presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini, che ha centrato lo sguardo sulla rinascita della città a livello globale: “Mentre in Inghilterra c’è la Brexit, Londra si isola”, ha osservato Vittadini. “Barcellona è molto più della Catalogna, Milano nella crisi sviluppa reddito, e città come Dubai sono fuori dallo schema medio orientale”: questo significa che “più il mondo si fa globale, più l’uomo si fa locale, dentro città che non sono chiuse in sé stesse ma ragionano con tutto e tutti”. Pertanto “le città sono tornate ad essere un punto di riferimento culturale, e in quanto tale sono un riferimento per superare il nazionalismo”. E l’Unione europea? “ Deve valorizzare queste identità che hanno loro culture, economie e politiche”.

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