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Chi è Sebastian Kurz, il ministro degli Esteri che cavalca il Brennero per vincere le elezioni in Austria

kurz

L’Austria è in piena campagna elettorale, per il rinnovo del parlamento si voterà il 14 ottobre. Il capo del partito popolare (ÖVP) Sebastian Kurz (in foto), 30 anni compiuti il 27 agosto, non manca di cavalcare qualsiasi onda si presti a conquistare consensi. E certo quella dei profughi resta la sua preferita. E’ stato Kurz, in veste di ministro degli Esteri, a indire, nella primavera 2016 a Vienna, una conferenza sui Balcani, per trovare una politica comune sulla gestione dei flussi di migranti (o meglio su come respingerli). Una conferenza dalla quale era stata curiosamente esclusa la Grecia, anche se proprio in quel paese il problema si presentava allora in modo particolarmente acuto. Anche l’UE e Berlino, che l’anno precedente ne aveva accolti 800mila non facevano parte degli invitati.

La rotta balcanica nel frattempo è praticamente chiusa, e dall’Africa si arriva di nuovo via Mediterraneo. E così l’Austria è tornata a battere la grancassa del Brennero. E’ dall’inizio dell’estate che Vienna annuncia presidi militare a questa frontiera, mentre Kurz mette in guardia dall’arrivo di massicce ondate di migranti. Che da diverse settimane gli sbarchi stessi sulle coste italiane si siano drasticamente ridotti, di questo il giovane Kurz non pare essere stato informato. E nemmeno il resto della grande coalizione guidata dal cancelliere socialdemocratico Christian Kern. E così l’altro giorno, sono stati inviati 700 militari a dare manforte ai frontalieri.

Come scrive il giornalista Hans-Peter Siebenhaar nel suo libro da poco pubblicato “L’Austria, una repubblica lacerata”, Kurz è un mago dell’autopromozione. Punta innanzitutto sulla sua giovane età e l’aspetto: giovane, sempre vestito in modo impeccabile con abiti scuri slim fit e la camicia bianca (preferibilmente senza cravatta) e la folta chioma tenuta in ordine grazie a un ampio uso di gel (ma non è nel frattempo fuori moda?). Possiede un un vocabolario ristretto e anche i suoi orizzonti non paiono particolarmente ampi. Eletto a soli 27 anni ministro degli Esteri, per lui il mondo attualmente pare ridursi al Mediterraneo che “deve essere chiuso” per impedire l’arrivo dei migranti. Sua l’idea di contrastare l’immigrazione dall’Africa prendendo a modello l’Australia che aveva ammassato i migranti sull’isola Manus, in Papua Nuova Guinea. Contro le condizioni disumane in cui venivano “detenuti” li i migranti, si era sollevato un coro di proteste internazionali così ampio, da costringere il governo australiano a chiudere il campo. Per Kurz, a quanto pare un dettaglio trascurabile, tanto che ancora a metà luglio di quest’anno proponeva di trattenere tutti i profughi salvati in mare, a Lampedusa.

Kurz non ha nessun problema ad andare contro i principi umanitari dell’Ue, se questo può assicurargli consenso elettorale. Anche perché molti austriaci sono convinti (e forse non a torto, vista l’incapacità dell’UE di mettere in piedi uno straccio di strategia politica riguardo al problema migranti) che lui dica quello che gli altri politici europei pensano ma non hanno il coraggio di dire apertamente.

A un mese e mezzo dall’appuntamento elettorale, Kurz sembra avere questo unico tema “i profughi”. Ancora in un’intervista di pochi giorni fa al quotidiano tedesco di Welt, che gli faceva notare la drastica diminuzione di sbarchi sulle coste italiane, lui rispondeva: “Sarebbe un errore interpretare i minori arrivi in Italia come una svolta. Ci sono un milione di persone che attendono in Libia di riuscire ad arrivare in Europa. L’Europa è tutt’ora lontana da una soluzione, e la politica d’asilo europea deve essere finalmente radicalmente cambiata… La gran parte delle persone che attraversano il Mediterraneo e sbarcano in Italia sono migranti economici, non hanno dunque alcun diritto d’asilo secondo la Convenzione di Ginevra. Dobbiamo bloccarli alla frontiera esterna, rifocillarli e riportarli indietro nei paesi di origine o di transito. Il salvataggio nel Mediterraneo non può più essere una sorta di biglietto d’ingresso per l’Europa”.

I sondaggi danno la lista ÖVP per Sebastian Kurz (è così che il sunnyboy della politica austriaca ha ribattezzato il partito, alla cui guida è stato eletto un paio di mesi fa) al primo posto con il 34 per cento, a seguire i socialdemocratici dell’ SPÖ e i populisti della FPÖ, entrambi al 23 per cento.

Mentre l’FPÖ resta stabile, l’SPÖ ha perso qualche punto. Il cancelliere, nonché capo dei socialdemocratici Christian Kern ha sperimentato una parabola simile a quella toccata poi al candidato socialdemocratico tedesco Martin Schulz. All’iniziale grande consenso che aveva accolto la sua nomina a capo del partito e a cancelliere, nel maggio 2016, in seguito alle dimissioni di Werner Faymann, è subentrata ben presto la fase discendente. I socialdemocratici avevano puntato sull’esperienza di Kern alle ferrovie austriache (ÖBB), che era riuscito risanare e portare in attivo. Si sperava che un’impresa simile gli riuscisse anche a livello politico. Cioè portare finalmente fuori dalle secche dell’immobilismo il governo. Così però non è stato, soprattutto per via di Kurz che non ha tralasciato occasione per metterle i bastoni tra le ruote, finché non sono state indette elezioni anticipate, che è convinto di vincere (e con buona probabilità vincerà). Un altro sconfitto della partita è Heinz-Christian Strache, il leader muscolare dell’FPÖ. Prima della elezione di Kurz a capo dell’ÖVP,  i sondaggi davano i populisti al primo posto.

Normalmente vale l’adagio che “l’elettore preferisce l’originale”. Gli sforzi non solo dei popolari ma anche dei socialdemocratici parevano, dunque, vani.

Il consenso che raccoglie Kurz sembra però smentirlo. Le ragioni sono diverse, la più importante è che agli occhi di molti austriaci, questo giovane leader, risulta più presentabile sulla scena internazionale di Strache. Di quest’ultimo molti criticano, più che i contenuti, i toni, e le frequentazione: vedi Marine Le Pen del Front National e Matteo Salvini della Lega Nord. Se i popolari dovessero veramente vincere, una coalizione con l’Fpö appare ora come ora la più probabile. Difficile che questa volta, Bruxelles voglia mettere la repubblica alpina in quarantena, come fece nel 2000 quando l’allora capo dell’ÖVP Wolfangang Schüssel, decise di formare una coalizione con l’FPÖ, allora ancora guidata dal governatore della Carinzia Jörg Haider. Perché mai adottare misure contro l’Austria, quando Bruxelles accetta lo stile autocratico del premier Viktor Orbán in Ungheria.



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