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In Sicilia dopo la granita sarà tempo di pandistelle

Provo sempre più tenerezza e pena per la Sicilia dove – ostinandomi – torno ogni anno.
L’isola è oggetto dell’attenzione dei media solo a ferragosto, semplicemente perché molti esponenti della carta stampata e della tv vi trascorrono la villeggiatura.
Il più grande di tutti è certamente Gian Antonio Stella. Con “La Casta” – vero e proprio fenomeno giornalistico e editoriale – la firma del Corriere della Sera ha posto le fondamenta del bacino elettorale dei pandistelle. D’altronde la pasta, pardon, la casta grazie alle inchieste di Stella è diventata un vero e proprio marchio. Uno dei brand più forti del belpaese, al pari di Mulino Bianco e Barilla.

Nonostante gli scarsi risultati nelle città in cui amministrano, i pandistelle, grazie all’indignazione eletta a provinciale rutto collettivo, continuano a essere in perfetta risonanza con gli italiani e, soprattutto, con i siciliani che stanno per finire sotto l’unica dominazione che non hanno ancora avuto. Quella dell’ignoranza.
Almeno prima, nel blasone del luogo comune, erano stati animali. Ora stanno per passare sotto il governo di quelli che gli animali li badano. – Non vi pare nu picuraro ‘stu Cancellieri? – .

I siciliani sono, per loro natura, fierissimi e indignatissimi. Ma anche lurdi, pigri, indolenti, avversi alle regole, privi di gusto, consumatori seriali di calcio. Iddi sanno perfettamente come le cose dovrebbero andare e però sono i primi a non buttare l’immondizia nei cassonetti, sono i primi a portare i figli a fare il bagno a mare in mezzo allo scarico della fogna – di fronte a cotanto divieto di balneazione – , i primi a non pagare le tasse – provate a fare incidente in Sicilia – , i primi ad avvalersi delle “conoscenze” tutte le volte che hanno un problema. Fierissimi e indignatissimi sono e, quindi:  – Forza con i pandistelle! – Spunzamuli ‘ntu latti! –.

Peggio dei siciliani però, in Sicilia ci sono le istituzioni. La cosa peggiore che può capitare nell’isola è avere a che fare con una qualche autorità o ente competente. Tutto l’immaginario di stupidità, ottusità e surreale esercizio della burocrazia fine a se stessa ti sommergono con l’aggravante di un lessico improbabile. Non c’è potere amministrativo, infatti, senza il carico di “addì, unitamente, combinati disposti in riferimento a”. Così è tradotto il verbale con cui il funzionario ti mette all’indice. La compilazione è, infatti, esercizio medioevale di tortura praticato con l’imperio e l’impeto del solo indice della mano destra, una lettera per volta. E il malcapitato è sempre mollica di pane e non culiddu.

Peggio del peggio in Sicilia è il turismo. Così lo vedono i residenti e gli emigrati. I respingimenti non vanno fatti a Pozzallo, ma a Messina. Aiutateli a casa loro tutti quei siciliani emigrati che, puntualmente, ogni estate ritornano. Sono come il punteruolo rosso, l’anticiclone africano e lo scirocco messi assieme.
Sono loro i primi che il turismo in Sicilia non lo vogliono. Li incontri al bar mentre prendono la granita e li senti che commentano: – Meno male che c’è poca gente – . – Meno male che c’è picca confusione – .
Ed è colpa loro se le compagnie aeree – pure quella di bandiera Ryan Air – a Luglio e Agosto praticano tariffe per i voli verso la Sicilia molto più alte rispetto ad altre destinazioni come Spagna e Grecia.
Il turismo in Sicilia non esiste. Tutto è dimensionato sul mese di novembre e sugli emigrati che ritornano. Dagli scarichi fognari alle corse delle numerosissime autolinee, tutto è bilanciato quando dopo mezzagosto il peggio è passato. Un sollievo per tutti. Finito il tempo della granita a colazione, sarà il momento dei pandistelle. Tant’è.


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