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Vi racconto la lotta di mio padre per libertà e democrazia in Venezuela. Parla Vanessa Ledezma

La mattina del 1° agosto Vanessa Ledezma ha vissuto un déjà vu. Il regime venezuelano di Nicolás Maduro le ha fatto rivivere il peggior momento che ha vissuto negli ultimi anni: l’immagine di suo padre spintonato da uomini armati, trasportato come un delinquente, l’ha colpita una seconda volta. L’ha saputo grazie ai social network ed a un video girato dalla vicina di casa, tra urla e disperazione.

“QUESTO NON PERDONERÒ MAI AL REGIME”

“Vedere mio padre trattato come un delinquente, portato via all’alba, di nascosto, senza sapere da chi e perché. Spintonato e aggredito, vestito ancora con il pigiama. Una persona di una certa età. È il momento più difficile che ho vissuto in questi anni. E quello non lo perdonerò mai al regime di Maduro”, racconta la figlia del prigioniero politico in un’intervista con Formiche.net.

IL PRIMO ARRESTO NEL 2015

La prima volta è successo il 19 febbraio de 2015. Ledezma è stato arrestato da agenti del servizio d’intelligence bolivariana Sebin nell’ufficio della Torre Exa nella capitale venezuelana. Il video delle telecamere di sicurezza ha fatto il giro del mondo, come quello di lunedì sera. Da allora Ledezma è in attesa di un processo. Rischia 26 anni di prigione per “tradimento alla patria” e partecipazione nell’Operazione Jericó per attaccare il governo di Maduro. La sua colpa: fare parte dell’opposizione al chavismo.

LE CRITICHE DI ANTONIO LEDEZMA

Antonio Ledezma, sindaco di Caracas e leader fondatore del partito Alianza Bravo Pueblo (qui il ritratto di Formiche.net), era agli arresti domiciliari per motivi di salute da febbraio del 2016. Secondo Vanessa Ledezma, è stata revocata la misura di “casa per carcere” perché lunedì scorso suo padre ha diffuso un video nel quale critica la frode elettorale del 30 luglio per l’elezione dell’Assemblea Costituente e invita l’opposizione ad essere più decisa nei negoziati con il governo mediati dall’ex presidente spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero (qui l’articolo di Formiche.net).

“Mio padre ha criticato quella farsa – spiega Vanessa Ledezma – ha criticato quelli risultati che sono stati disapprovati da 40 Paesi, che non legittimano quelle elezioni. Questo governo è così, cerca di silenziare tutti quelli che alzano la voce in nome della democrazia e la libertà. Ma non ci riusciranno perché oggi noi continueremo ad essere quella voce. Per la libertà di mio padre, ma anche per la libertà del Venezuela”.

LA RESPONSABILITÀ DI NICOLAS MADURO

Sono passate 24 ore e ancora non si da dove e come stia Ledezma. “Nicolás Maduro è responsabile di qualsiasi cosa possa accadere a mio padre. Al momento del trasferimento le sue condizioni di salute erano buone e così devono restare. Fortunatamente non ha bisogno di medicinali fissi ma deve prendere vitamine e integratori”, ha detto la figlia. Gli avvocati non hanno potuto vederlo, nemmeno la famiglia. Si dice che è a Ramo Verde, il carcere militare, ma sono soltanto voci. Anche lì dovrebbe esserci Leopoldo López, fondatore del partito Voluntad Popular, prelevato alla stessa ora da casa, dove era agli arresti domiciliari dall’8 luglio del 2017 dopo tre anni di carcere.

L’IMPEGNO DI PIERFERDINANDO CASINI 

Secondo la figlia del dissidente, è evidente che il regime di Maduro si sta aggrappando a qualsiasi atto per conservare il potere. Vogliono forse avere più elementi per negoziare un’uscita. Lei ringrazia Pierferdinando Casini, presidente della Commissione esteri del Senato, impegnato da molto tempo nella causa venezuelana. Casini era stato a Caracas a dicembre del 2016 (qui l’intervista di Formiche.net) e aveva chiesto di potere visitare Ledezma in casa. Tuttavia, il governo ha respinto la sua petizione.

IL DOLORE DELLA FAMIGLIA VENEZUELANA

Vanessa Ledezma è da sette anni in Italia. Del Venezuela le manca il clima, la gente, che non si arrende davanti alle difficoltà, ma soprattutto la sua famiglia. Ricorda il dolore e la sofferenza di questi anni, ma anche la tragedia che vivono tante famiglie venezuelane: “Mamme che non sanno cosa portare a tavola – racconta Vanessa Ledezma -, che piangono per un medicinale che non si trova, le mamme dei ragazzi che sono morti questi mesi nelle proteste perché volevano un futuro migliore”.

“L’ultima volta che ho abbracciato mio padre è stato due anni fa, nel carcere di Ramo Verde, dove forse è di nuovo oggi – dice Ledezma -. Ero con le mie figlie, che non capivano perché il nonno era in galera se non aveva fatto nulla. Quella volta però lui mi ha trasmesso un’incredibile forza d’animo e molta speranza”.

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