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Il crepuscolo della Cancelliera e l’ascesa della destra

Alice Weidel, germania

Kanzlerinnendämmerung, il “Crepuscolo della Cancelliera” è il titolo della Frankfurter Allgemeine Zeitung del 27 settembre. Una provocazione dai toni quasi apocalittici per commentare il risultato elettorale tedesco, considerando, inoltre, come arrivare al 33% dei consensi sia il sogno proibito di molti leader europei.

Un’esagerazione, ma non lontana, purtroppo, dal vero. Il voto di domenica, infatti, non ha marcato solo la vittoria del populismo anti-europeista, quella“voglia” di tornare all’economia “nazionale e sovrana” fantasticato da vari movimenti presenti nel continente. Né è, come vorrebbero alcuni media, il risultato del “terrorismo”, “dell’invasione” dei migranti o, tanto meno, del “fallimento” dell’Europeismo.

Ciò che esce sconfitto dalle elezioni federali tedesche è un modo di fare politica, quello della “politica della noia” rappresentato dalla Cancelliera fatto di ottima amministrazione, ma incapacità di infiammare o convincere un paese.

La frattura sociale. Il voto ad Alternativa per la Germania (AfD) è la versione tedesca del rifiuto, pessimista ed oltranzista, “di pancia”, della precarizzazione in un mondo di lavoro terziarizzato, della paura del diverso, del distacco fra realtà sociale e percezione della sicurezza. Un rifiuto che si annida nelle aree “laterali” dell’Europa globalizzata, fra gli abitanti di quelle periferie urbane e rurali che – in Germania come in Francia, nel Regno Unito, in Italia o in Olanda – si percepiscono come “figli” dimenticati, reietti ed abbandonati di una società “ibrida”, multiculturale e de-nazionalizzata.

Un conflitto che genera due campi ben separati e non alternativi. Da una parte, quegli elettori, il 12,6% del totale di cui l’AfD si è eretta a protettore. Dall’altra il “nemico del popolo”, ovvero Angela Merkel e quella maggioranza della società tedesca che si è aperta ai rifugiati, alla “terziarizzazione” e precarizzazione del lavoro e all’integrazione europea. Un elettorato trasversale che non può essere circoscritto alla “destra”, sia essa nazionalista, estrema o fascista.

Quasi la metà dei 6 milioni di voti percepiti da Alternativa per la Germania arriva, infatti, dal bacino dell’astensione (25% del totale) e dallo “zoccolo elettorale” (24%) costruito dal partito nel 2013. Il resto arriva dalla CDU/CSU (18%), dalla SPD (8,6) e via via dagli altri partiti. Interessante il dato del voto in entrata dalla Sinistra della Linke e storicamente ben radicato nella parte orientale del paese. Si tratta di 420.000 voti, l’11% del proprio elettorato ed oltre il quadruplo dei voti arrivati alla AfD, la quale si definisce ultra-liberista economicamente, dai liberali della FDP.

Il caso Sassonia. Il travaso di voti da Linke ad AfD ci permette di analizzare un altro fenomeno, la virata a destra della ex-Germania Orientale, forse il luogo dove il rifiuto della società ibrida, terziaria e globalizzata risulta essere più forte.

Nel Land che è stata la culla della riunificazione e dell’apertura all’Europa della ex-Germania Est, AfD è il primo partito (27%), ha vinto tre seggi uninominali e raggiunto, in alcuni seggi, il 50% dei consensi. Questo non solo nelle aree più rurali, ma anche nelle periferie dei suoi grandi centri: sia nella liberale Lipsia, dove la rivolta del 1989 è iniziata, sia nella Dresda rasa al suolo durante nella guerra contro il Nazismo.

Si tratta di territori “periferici” in larga parte estranei alla presenza dei migranti, soprattutto di quelli “islamici”, come li bolla, spesso, la AfD. Il voto sassone, ed in generale quello della parte orientale della Germania, affonda le sue radici nella mancanza di prospettive future in territori ex-industriali, periferici, e lontani dai successi della “nuova” Germania ricca e multiculturale rappresentata da Angela Merkel.

Qui, e negli altri Laender orientali, attecchiscono i messaggi della AfD: no all’Islam che “non appartiene alla Germania” e porta “insicurezza”, no all’Europa, dove i tedeschi “pagano per tutti”.

Il caso Berlino. La Sassonia non è un “unicum”, ma l’esempio più eclatante di un fenomeno che dilaga in tutto il paese, come dimostra la seconda posizione raggiunta da AfD in alcune circoscrizioni della ricca, ed occidentale, Baviera. Sempre campagne, sempre periferie rurali. Eppure il fenomeno si sta diffondendo ed è già arrivato ad intaccare la multiculturale, “cool” ed ultra-liberale Berlino.

Al centro della città, trionfano, come sempre, Cristiano-Democratici, Verdi e Socialdemocratici. Il voto all’estrema destra appare dappertutto, ma è solo quando si lasciano i quartieri centrali, i caffè e gli atelier, per le periferie popolari, un tempo roccaforte esclusiva della Sinistra, che esplode il voto per AfD. Ovunque il partito populista va in doppia cifra superando il dato nazionale e diventando, nell’ultra-proletaria e popolosa Marzahn, il secondo partito.

La città che ha fatto della libertà di essere e della coesistenza pacifica fra diverse culture il proprio marchio, si ritrova così spezzata in due. Il ceto creativo, fatto di terziario e liberi professionisti, eterogeneo e cosmopolita anima il centro città, la vetrina della capitale tedesca. La periferia diventa invece il nuovo “ghetto” di coloro, in grande maggioranza tedeschi, lasciati indietro dal sistema, manovalanza a basso reddito di una città non industriale.

Proprio da queste periferie, nasce la contestazione sia questa rivolta ai rifugiati o ai “turisti” – campagna che ha preso di mira anche coloro sono residenti, non tedeschi, della città. Negli stessi quartieri cresce il distacco dalla politica, dalla Cancelliera e dalla Germania globalizzata. Qui,come in Sassonia, attecchiscono le idee della AfD.

L’assenza della speranza. A fronte dei problemi sociali – reddito, innalzamento dei costi della vita che spingono i ceti più bassi verso le suddette periferie, disoccupazione – la risposta, a Berlino come in Baviera, Sassonia e negli altri Land – è la chiusura e la ricerca del capro espiatorio: il non-tedesco, l’Europa, gli stranieri siano essi comunitari o no. Il rifiuto dell’altro, sia questo una persona, come un immigrato, o un’idea, come l’Europa, diventa motore dello scontento, nella Germania della Merkel come in Francia, in Italia, Olanda o Gran Bretagna.

Che si tratti del voto all’AfD, alla Lega, al Movimento 5 Stelle, o del sì alla Brexit, l’avvertimento è sempre lo stesso: la politica non può limitarsi ad “amministrare” l’economia e “gestire” il cambiamento.

La Sassonia, ed ancor di più Berlino, ci dimostrano che anche nella ricca Germania manca un modello propositivo per l’Europa. Qualcosa che sia veramente alternativo al populismo retrogrado portato avanti dalla AfD e simili, capace di coinvolgere quelle “periferie” dove quest attecchisce, cresce e dilaga.

Qui, nell’incapacità di creare un modello nuovo per la Germania e per l’Europa, nasce il “Crepuscolo della Cancelliera” che non ne segna la fine politica, ma ne marchierà, forse per sempre, l’eredità.

 

Pubblicato originariamente su: il Caffè e l’Opinione


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