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Carige, tutte le nuove tensioni in vista dell’aumento di capitale

VITTORIO MALACALZA

La famiglia Malacalza, prima azionista di Carige, questa volta si schiera a muso duro contro il consiglio di amministrazione della banca, guidato dal nuovo amministratore delegato, Paolo Fiorentino (dopo che il vicepresidente Vittorio Malacalza ha ottenuto la sfiducia del suo predecessore Guido Bastianini).

LA NOTA

In una nota del 4 settembre, la Malacalza Investimenti, la holding che ha in portafoglio il 17,58% della banca genovese, ha comunicato di avere presentato “una proposta di deliberazione alternativa sulla materia al punto 1) all’ordine del giorno (attribuzione di delega al consiglio di amministrazione per aumento di capitale) della parte straordinaria dell’assemblea di Banca Carige convocata per il prossimo 28 settembre”. Da ricordare che Carige il 28 settembre ha convocato i soci per deliberare sull’aumento di capitale da 500 milioni, più 60 milioni di liability management (proposta di conversione volontaria delle obbligazioni subordinate in azioni), a cui vanno sommati i 200 milioni attesi dal programma di cessioni. Il rafforzamento patrimoniale, come da richieste della Bce, dovrà essere completato entro fine anno. Si legge nella nota: “La proposta di Malacalza Investimenti, in linea con la preferenza manifestata dallo stesso consiglio di amministrazione di procedere all’aumento di capitale con riconoscimento del diritto di opzione, mira a salvaguardare ulteriormente tale prerogativa di tutti gli azionisti, mediante la rimozione dalla delega al consiglio di amministrazione dell’ipotesi subordinata concernente la possibilità di limitare o escludere il diritto di opzione, salvo che per la contemplata operazione di liability management”.

L’OBIETTIVO

In pratica, la famiglia genovese chiede che l’aumento di capitale sia scindibile, cioè ripartibile tra i soci, e con diritto di opzione, mentre il cda si era lasciato la possibilità, sebbene non prioritaria, di lanciare un’operazione non scindibile e senza diritto di opzione, magari per fare entrare in forze un nuovo azionista. La richiesta consente di fatto agli attuali soci, a cominciare dai Malacalza, di non diluirsi nell’azionariato. È con lo stesso obiettivo che, secondo indiscrezioni, Vittorio Malacalza (nella foto) avrebbe sfiduciato l’ex ad Bastianini: perché stava studiando un piano di ristrutturazione che passava per una consistente conversione facoltativa di obbligazioni subordinate in azioni che avrebbe diluiti, e quindi depotenziato, gli attuali soci.
In una nota, la banca ha poi fatto sapere di avere ricevuto la comunicazione, “volta a proporre una modifica della delibera sull’aumento di capitale” con la richiesta di procedere “esclusivamente con un aumento di capitale scindibile con diritto di opzione”.

IL NON DETTO

Nello stesso comunicato, Carige ha evidenziato che l’azionista che ha presentato la proposta, ossia la famiglia Malacalza, ha anche sottolineato “di essere assolutamente favorevole al piano di rafforzamento patrimoniale propedeutico al processo di de-risking del gruppo Carige”. Facendo una richiesta simile, è quel che lascia intendere la banca, la famiglia genovese sembra intenzionata a partecipare all’aumento di capitale, almeno per la parte di propria spettanza, pari a circa 85 milioni di euro. Anche altri soci con cui in passato ci sono state tensioni appaiono d’accordo con i Malacalza. Tra questi l’imprenditore Aldo Spinelli, all’1,5% dell’istituto di credito, secondo cui “la preoccupazione è che arrivi qualcuno, compri la maggioranza e faccia quello che vuole. Condivido la proposta di Malacalza, credo che voglia salvaguardare piccoli e grandi azionisti”.

LA MOSSA DI VOLPI

Anche con Gabriele Volpi, al 6% della banca, in passato la famiglia non si è trovata d’accordo su come gestire la banca. Proprio Volpi, tra l’altro, ha inviato a Carige una richiesta di integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea di fine settembre, al fine di rimuovere dal consiglio l’amministratore nonché ex ad Bastianini. E questo con l’obiettivo abbastanza evidente di piazzare un proprio rappresentante nel board. Da ricordare che proprio Volpi aveva difeso Bastianini all’epoca della sfiducia di Malacalza.



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