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La Cei, il cardinale Bassetti e i cattolici in politica

Bassetti, cei

Nella  prolusione al consiglio permanente della CEI di lunedì 25 settembre, il presidente card Bassetti ha citato tre eminenti personalità della nostra storia cattolica italiana: Don Primo Mazzolari, Don Lorenzo Milani e Giorgio La Pira, che sono stati anche i punti di riferimento della formazione politico culturale della nostra giovinezza.

A conclusione del suo importante intervento, il card Bassetti si è rivolto all’Italia con queste parole:

“Cari confratelli, tra queste priorità irrinunciabili per il Paese che ho appena tratteggiato c’è un unico filo comune: l’Italia. A noi interessa che l’Italia diventi un Paese migliore. Bisogna perciò avere la forza, il coraggio e le idee per rimettere a tema l’Italia nella sua interezza: con la sua storia, il suo carattere, la sua vocazione. L’Italia è un Paese bellissimo, straordinariamente ricco di umanità e paesaggi, ma estremamente fragile: sia nel territorio che nei rapporti socio-politici. Ai cattolici dico che la politica, come scriveva La Pira, «non è una cosa brutta», ma una missione: è «un impegno di umanità e santità». La politica come affermava Paolo VI, è una delle più alte forme di carità. Papa Francesco ha più volte auspicato la necessità dei cattolici in politica. Ma come?

Non spetta a me dirlo. Quello che mi preme sottolineare è che il cuore della questione non riguarda le formule organizzative. Il vero problema è come portare in politica, in modo autentico, la cultura del bene comune. Non basta fare proclami. La proclamazione di un valore non ci mette con la coscienza a posto. Bisogna promuovere processi concreti nella realtà.

Non è auspicabile che, nonostante le diverse sensibilità, i cattolici si dividano in «cattolici della morale» e in «cattolici del sociale». Né si può prendersi cura dei migranti e dei poveri per poi dimenticarsi del valore della vita; oppure, al contrario, farsi paladini della cultura della vita e dimenticarsi dei migranti e dei poveri, sviluppando in alcuni casi addirittura un sentimento ostile verso gli stranieri. La dignità della persona umana non è mai calpestabile e deve essere il faro dell’azione sociale e politica dei cattolici.

I cattolici hanno una responsabilità altissima verso il Paese. Dobbiamo, perciò, essere capaci di unire l’Italia e non certo di dividerla. Occorre difendere e valorizzare il sistema-Paese con carità e responsabilità. Perché il futuro del Paese significa anche rammendare il tessuto sociale dell’Italia con prudenza, pazienza e generosità.”

Si tratta di indicazioni pastorali autorevoli e inequivocabili, in grado di offrire una prospettiva per chi, da cattolico o anche da persona ispirata ai valori dell’umanesimo cristiano, intenda concorrere a superare la grave  condizione di anomia dell’Italia, che il card Bassetti ha evidenziato nella sua pregevole prolusione.

Credo si debba ripartire proprio da queste indicazioni, se vogliamo concorrere alla ricomposizione dell’area cattolico popolare italiana; un’area che sia in grado di assumere la “cultura del bene comune” come obiettivo della propria proposta politica. Bene comune che, nella concreta realtà italiana, comporta di attuare integralmente il dettato costituzionale, che i nostri padri fondatori seppero redigere, insieme a altre nobili culture politiche, assumendolo come uno degli  obiettivi essenziali della Repubblica.

I primi a dover dare il buon esempio dovremmo essere proprio noi “DC non pentiti”, con il dovere morale di superare tutte le assurde e colpevoli divisioni che hanno caratterizzato tutti questi anni, impegnandoci con Gianni Fontana, presidente legittimo della DC, “partito mai giuridicamente sciolto”, ad avviare un serio confronto programmatico; ad aprire il tesseramento per accertare se e quanti cittadini italiani intendono riconoscersi ancora nei valori democratico cristiani, oggi ancor più di ieri indispensabili all’Italia, e per celebrare insieme e a tempi brevi un Congresso unitario del partito con l’elezione della nuova classe dirigente.

Se questo sembra a molti un sogno o un’utopia, confesso che per me, è quello che ho cercato di perseguire dalla fine infausta della Democrazia cristiana ( 1993) e per il quale ho ritenuto avesse senso continuare  nell’impegno politico,  questo sì, l’ultimo della mia vita.

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