16 luglio 2017
Festa della Madonna del Carmine
Beatissimo Padre,
con profondo dolore, ma mossi dalla fedeltà a Nostro Signore Gesù Cristo, dall’amore alla Chiesa e al papato, e dalla devozione filiale verso di Lei, siamo costretti a rivolgerLe una correzione a causa della propagazione di alcune eresie sviluppatesi per mezzo dell’esortazione apostolica Amoris laetitia e mediante altre parole, atti e omissioni di Vostra Santità.
Ci è consentito fare questa correzione in virtù della legge naturale, della legge di Cristo e della legge della Chiesa, tre cose che Vostra Santità è chiamato dalla divina Provvidenza a proteggere. Dalla legge naturale: poiché come gli inferiori per natura hanno il dovere di obbedire ai loro superiori in tutte le cose previste dalla legge, così essi hanno il diritto di essere governati secondo la legge e pertanto di insistere, qualora ci fosse bisogno, che i loro superiori così governino. Dalla legge di Cristo: poiché il suo Spirito ispirò l’apostolo Paolo di rimproverare Pietro in pubblico quando quest’ultimo non agì secondo la verità del Vangelo (Gal 2). San Tommaso d’Aquino nota che questo rimprovero pubblico di un inferiore al superiore fu lecito in ragione dell’imminente pericolo di scandalo concernente la fede (Summa Theologiae 2a 2ae, 33, 4 ad 2) e la “Glossa di Sant’Agostino” aggiunge che, in quell’occasione, «Pietro stesso diede l’esempio ai superiori di non sdegnare di essere corretti dai sudditi, quando capitasse loro di allontanarsi dalla giusta via» (ibid). Anche la legge della Chiesa ci costringe a ciò, poiché afferma che «i fedeli […]in modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, […] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa» (Codice di Diritto Canonico, can. 212, § 2 e 3; Codice dei Canoni delle Chiese orientali, can. 15, § 3).
È stato dato scandalo alla Chiesa e al mondo, in materia di fede e di morale, mediante la pubblicazione di Amoris laetitia e mediante altri atti attraverso i quali Vostra Santità ha reso sufficientemente chiari la portata e il fine di questo documento. Di conseguenza, si sono diffusi eresie e altri errori nella Chiesa; mentre alcuni vescovi e cardinali hanno continuato a difendere le verità divinamente rivelate circa il matrimonio, la legge morale e la recezione dei sacramenti, altri hanno negato queste verità e da Vostra Santità non hanno ricevuto un rimproveroma un favore. Per contro, quei cardinali che hanno presentato i dubia a Vostra Santità, affinché attraverso questo metodo radicato nel tempo la verità del vangelo potesse essere facilmente affermata, non hanno ricevuto una risposta ma il silenzio.
Santo Padre, il ministero petrino non Le è stato affidato perché imponga strane dottrine ai fedeli, ma perché Lei, quale servo fedele, custodisca il deposito fino al giorno della venuta del Signore (Lc 12; 1Tm 6). Aderiamo incondizionatamente alla dottrina dell’infallibilità papale come definita dal Concilio Vaticano I e pertanto aderiamo alla spiegazione che lo stesso concilio diede di questo carisma, la quale include la seguente dichiarazione: «[…] ai successori di Pietro è stato promesso lo Spirito Santo non perché per sua rivelazione manifestassero una nuova dottrina, ma perché con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede» (Pastor Aeternus, cap. 4). Per questa ragione, il Suo predecessore, il Beato Pio IX, lodò la dichiarazione collettiva dei vescovi tedeschi, i quali dichiararono che «l’opinione secondo cui il papa è “un sovrano assoluto in ragione della sua infallibilità” è basata su una comprensione completamente falsa del dogma dell’infallibilità papale»
Similmente, al Concilio Vaticano II, la Commissione Teologica mise in luce, in riferimento alla Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, che i poteri del Romano Pontefice sono limitati in molti modi.
Tuttavia, quei cattolici che non afferrano chiaramente i limiti dell’infallibilità papale sono condotti, mediante le parole e le azioni di Vostra Santità,in uno di due erroridisastrosi: o arrivano ad abbracciare le eresie che ora sono propagate o, coscienti che queste dottrine sono contrarie alla Parola di Dio, dubiteranno delle prerogative dei papi o le negheranno. Altri fedeli sono portati a mettere in dubbio la validità della rinuncia del Papa emerito Benedetto XVI. In tal modo, l’ufficio petrino, conferito alla Chiesa da Nostro Signore Gesù Cristo per il bene dell’unità della fede, è strumentalizzato al punto di aprire una strada all’eresia e allo scisma. Di più, notando che le pratiche ora incoraggiate dalle parole e dalle azioni di Vostra Santità sono contrarie non solo alla fede perenne e alla disciplina della Chiesa, ma anche alle dichiarazioni magisteriali dei suoi predecessori, i fedeli riflettono sul fatto che le dichiarazioni di Vostra Santità non possono avere un’autorità maggiore di quella dei papi precedenti; così l’autentico magistero papale soffre di una ferita che potrebbe non rimarginarsi presto.
Noi tuttavia crediamo che Vostra Santità possiede il carisma dell’infallibilità e la giurisdizione universale sui fedeli di Cristo, nel senso definito dalla Chiesa. Nella nostra denuncia di Amoris laetitia edi altri atti, parole e omissioni collegati ad essa, non neghiamo l’esistenza di questo carisma papale o il suo possesso da parte di Vostra Santità, dal momento che né Amoris laetitia né alcuna delle affermazioni che hanno contribuito a propagare le eresie insinuate da questa esortazione sono protette da quella divina garanzia di verità. La nostra correzione è necessitata dalla fedeltà agli insegnamenti papali infallibili che sono incompatibili con alcune dichiarazioni di Vostra Santità.
Come sudditi, non abbiamo il diritto di indirizzare a Vostra Santità quella forma di correzione mediante la quale un superiore minaccia o amministra la punizione a coloro che sono sottomessi a lui (cf. Summa Theologiae 2a 2ae, 33,4). Le rivolgiamo questa correzione, piuttosto, al fine di proteggere i nostri fratelli cattolici – e quelli fuori della Chiesa, dai quali la chiave della conoscenza non deve essere portata via (cf. Lc 11) – sperando di prevenire una diffusione maggiore di dottrine che tendono per se stesse alla profanazione di tutti i sacramenti e alla sovversione della Legge di Dio.
* * *
Desideriamo ora mostrare come alcuni passaggi di Amoris laetitia, insieme ad atti, parole e omissioni di Vostra Santità, servono a propagare sette proposizione eretiche.
I passaggi di Amoris laetitia ai quali ci riferiamo sono i seguenti:
AL 295: «In questa linea, san Giovanni Paolo II proponeva la cosiddetta “legge della gradualità”, nella consapevolezza che l’essere umano “conosce, ama e realizza il bene morale secondo tappe di crescita”. Non è una “gradualità della legge”, ma una gradualità nell’esercizio prudenziale degli atti liberi in soggetti che non sono in condizione di comprendere, di apprezzare o di praticare pienamente le esigenze oggettive della legge».
AL 296: «[…] due logiche percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare […]. La strada della Chiesa, dal Concilio di Gerusalemme in poi, è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione […]. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno;
AL 297: «Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo!»
AL 298: «I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale. Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. La Chiesa riconosce situazioni in cui “l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione” [nota 329: «In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, “non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli”»].C’è anche il caso di quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto, o quello di “coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido”. Altra cosa invece è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari. Dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia. I Padri sinodali hanno affermato che il discernimento dei Pastori deve sempre farsi «distinguendo adeguatamente», con uno sguardo che discerna bene le situazioni. Sappiamo che non esistono “semplici ricette”».
AL 299: «Accolgo le considerazioni di molti Padri sinodali, i quali hanno voluto affermare che “i battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti. […] Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo”».
AL 300: «[…] poiché “il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi”, le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi [nota 336: «Nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave»]».
AL 301: «Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante. I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere “valori insiti nella norma morale” o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa».
AL 303: «Ma questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo».
AL 304: «Prego caldamente che ricordiamo sempre ciò che insegna san Tommaso d’Aquino e che impariamo ad assimilarlo nel discernimento pastorale: “Sebbene nelle cose generali vi sia una certa necessità, quanto più si scende alle cose particolari, tanto più si trova indeterminazione. […] In campo pratico non è uguale per tutti la verità o norma pratica rispetto al particolare, ma soltanto rispetto a ciò che è generale; e anche presso quelli che accettano nei casi particolari una stessa norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti. […] E tanto più aumenta l’indeterminazione quanto più si scende nel particolare”. È vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari».
AL 305: «A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa [nota 351: «In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, “ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore”. Ugualmente segnalo che l’Eucaristia “non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli”]».
AL 308: «Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione. Ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, “non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada”».
AL 311: «L’insegnamento della teologia morale non dovrebbe tralasciare di fare proprie queste considerazioni […]».
Le parole, gli atti e le omissioni di Vostra Santità ai quali desideriamo riferirci e che insieme a questi passaggi di Amoris laetitia stanno contribuendo a propagare eresie nella Chiesa sono i seguenti:
– Vostra Santità ha rifiutato di dare una risposta positiva ai dubia a Lei presentati dai Cardinali Burke, Caffarra, Brandmüller e Meisner, attraverso i quali Le veniva richiesto rispettosamente di confermare che l’Esortazione apostolica Amoris laetitia non abolisce cinque insegnamenti della fede cattolica.
– Vostra Santità è intervenuta nella composizione della Relatio post disceptationem del Sinodo Straordinario sulla Famiglia. La Relatio proponeva di concedere la Comunione ai cattolici divorziati e risposati, distinguendo “caso per caso” e diceva che i pastori dovrebbero enfatizzare gli “aspetti positivi” degli stili di vita che la Chiesa considera gravemente peccaminosi, inclusi il matrimonio civile dopo il divorzio e la coabitazione prematrimoniale. Queste proposte furono incluse nella Relatio in ragione della Sua personale insistenza, nonostante che esse non avessero raggiunto i due-terzi della maggioranza richiesta dalle regole del Sinodoperché una proposta potesse essere inclusa nella Relatio.
– In un’intervista dell’aprile 2016, un giornalista chiese a Vostra Santità se ci siano concrete possibilità per i divorziati risposati che non esistessero prima della pubblicazione di Amoris laetitia. Lei ha risposto: «Io posso dire, sì. Punto». Vostra Santità ha dichiarato poi che alla domanda del giornalista aveva risposto il Cardinale Schönborn nella sua presentazione di Amoris laetitia. In quella presentazione il Cardinale Schönborn ha affermato:
La mia grande gioia per questo documento sta nel fatto che esso coerentemente superi l’artificiosa, esteriore, netta divisione fra “regolare” e “irregolare” e ponga tutti sotto l’istanza comune del Vangelo, secondo le parole di San Paolo: “Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!” (Rom 11, 32). […] Si pone naturalmente la domanda: e cosa dice il Papa a proposito dell’accesso ai sacramenti per persone che vivono in situazioni “irregolari”? Già Papa Benedetto aveva detto che non esistono delle “semplici ricette” (AL 298, nota 333). E Papa Francesco torna a ricordare la necessità di discernere bene le situazioni, nella linea della Familiaris consortio (84) di San Giovanni Paolo II (AL 298). “Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che dànno gloria a Dio” (AL 305). E Papa Francesco ci ricorda una frase importante che aveva scritto nell’Evangelii gaudium 44: “Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà” (AL 304). Nel senso di questa “via caritatis” (AL 306) il Papa afferma, in maniera umile e semplice, in una nota (351), che si può dare anche l’aiuto dei sacramenti “in certi casi”».
Vostra Santità ha amplificato questa dichiarazione asserendo che Amoris laetitia appoggia l’approccio ai divorziati risposati praticato nella diocesi del Cardinale Schönborn, dove a costoro è permesso di ricevere la Comunione.
– Il 5 settembre 2016 i vescovi della regione di Buenos Aires hanno pubblicato una dichiarazione circa l’applicazione di Amoris laetitia, nella quale asseriscono:
6) En otras circunstancias más complejas, y cuando no se pudo obtener una declaración de nulidad, la opción mencionada puede no ser de hecho factible. No obstante, igualmente es posible un camino de discernimiento. Si se llega a reconocer que, en un caso concreto, hay limitaciones que atenúan la responsabilidad y la culpabilidad (cf. 301-302), particularmente cuando una persona considere que caería en una ulterior falta dañando a los hijos de la nueva unión, Amoris laetítía abre la posibilidad del acceso a los sacramentos de la Reconciliación y la Eucaristía (cf. notas 336 y 351). Estos a su vez disponen a la persona a seguir madurando y creciendo con la fuerza de la gracia. […]
9) Puede ser conveniente que un eventual acceso a los sacramentos se realice de manera reservada, sobre todo cuando se prevean situaciones conflictivas. Pero al mismo tiempo no hay que dejar de acompañar a la comunidad para que crezca en un espíritu de comprensión y de acogida, sin que ello implique crear confusiones en la enseñanza de la Iglesia acerca del matrimonio indisoluble. La comunidad es instrumento de la misericordia que es «inmerecida, incondicional y gratuita» (297).
10) El discernimiento no se cierra, porque «es dinámico y debe permanecer siempre abierto a nuevas etapas de crecimiento y a nuevas decisiones que permitan realizar el ideal de manera más plena» (303), según la «ley de gradualidad» (295) y confiando en la ayuda de la gracia.
…
[6) In altre circostanze più complesse, e quando non si è potuta ottenere la dichiarazione di nullità, l’opzione appena menzionata può di fatto non essere percorribile. Ciò nonostante, è ugualmente possibile un percorso di discernimento. Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, Amoris laetitia apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia (cfr. nota 336 e 351). Questi, a loro volta, disporranno la persona a continuare il processo di maturazione e a crescere con la forza della grazia. […]
9) Può essere opportuno che un eventuale accesso ai sacramenti si realizzi in modo riservato, soprattutto quando si possano ipotizzare situazioni di disaccordo. Ma allo stesso tempo non bisogna smettere di accompagnare la comunità per aiutarla a crescere in spirito di comprensione e di accoglienza, badando bene a non creare confusioni a proposito dell’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. La comunità è strumento di una misericordia che è «immeritata, incondizionata e gratuita» (297).
10) Il discernimento non si conclude, perché «è dinamico e deve rimanere sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno» (303), secondo la «legge della gradualità» (295) e confidando sull’aiuto della grazia].
Qui si asserisce che secondo Amoris laetitia non si deve creare confusione circa l’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio, che i divorziati risposati possono ricevere i sacramenti e che il rimanere in questo stato è compatibile con il ricevere l’aiuto della grazia. Vostra Santità ha scritto una lettera ufficiale, che porta la data dello stesso giorno in cui scrivono i vescovi argentini, al vescovo Sergio Alfredo Fenoy di San Miguel, delegato dei vescovi argentini della regione di Buenos Aires, nella quale Lei dichiara che i vescovi della regione di Buenos Aires hanno dato l’unica interpretazione possibile di Amoris laetitia:
«Querido hermano:
Recibí el escrito de la Región Pastoral Buenos Aires «Criterios básicos para la aplicación del capítulo VIII de Amoris laetítia». Muchas gracias por habérmelo enviado; y los felicito por el trabajo que se han tomado: un verdadero ejemplo de acompañamiento a los sacerdotes… y todos sabemos cuánto es necesaria esta cercanía del obíspo con su clero y del clero con el obispo . El prójimo «más prójimo» del obispo es el sacerdote, y el mandamiento de amar al prójimo como a sí mismo comienza para nosotros obispos precisamente con nuestros curas.
El escrito es muy bueno y explícita cabalmente el sentido del capitulo VIII de Amoris Laetitia. No hay otras interpretaciones».
…
«Caro Fratello,
Ho ricevuto il documento della Regione Pastorale Buenos Aires “Criteri basilari per l’applicazione del capitolo VIII di Amoris laetitia”. Molte grazie per avermelo inviato; mi felicito con loro per il lavoro che hanno fatto: un vero esempio di accompagnamento dei sacerdoti…e tutti sappiamo quanto è necessaria questa vicinanza del vescovo al suo clero e del clero al vescovo. Il prossimo “più prossimo” del vescovo è il sacerdote e il comandamento di amare il prossimo come se stessi comincia per noi vescovi precisamente con i nostri sacerdoti. Lo scritto è molto buono e spiega completamente il significato del capitolo VIII di Amoris Laetitia. Non ci sono altre interpretazioni».
– Vostra Santità ha nominato l’Arcivescovo Vincenzo Paglia presidente della Pontificia Accademia per la Vita e Gran Cancelliere dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su Matrimonio e Famiglia. Come capo del Pontificio Consiglio per la Famiglia, l’Arcivescovo Paglia è stato responsabile di una pubblicazione di un libro, Famiglia e Chiesa, un legame indissolubile (Libreria Editrice Vaticana, 2015), il quale contiene le conferenze fatte a tre seminari promossi dal suo dicastero sui temi “Matrimonio: fede, sacramenti, disciplina”; Famiglia, amore coniugale e generazione”; e “La famiglia ferita e le unioni irregolari: quale atteggiamento pastorale”. Questo libro e i seminari che descrive mirano a portare avanti i propositi del Sinodo sulla Famiglia e promuovere la concessione della Comunione ai cattolici divorziati e risposati.
– Sotto l’autorità di Vostra Santità, sono state compilate le linee guida della diocesi di Roma, le quali permettono la recezione dell’Eucaristia in alcune circostanze da parte dei cattolici che sono civilmente divorziati risposati e che vivono more uxorio con il loro partner civile.
– Vostra Santità ha nominato il Vescovo Kevin Farrel prefetto del nuovo Dicastero per i Laici, Famiglia e Vita e lo ha fatto cardinale. Il Cardinale Farrel ha manifestato il suo supporto alla proposta del Cardinale Schönborn che i divorziati risposati ricevano la Comunione. Egli ha dichiarato che la recezione della Comunione da parte dei divorziati risposati è un «processo di discernimento e di coscienza»[6].
– Il 17 gennaio 2017, L’Osservatore Romano, giornale ufficiale della Santa Sede, ha pubblicato le linee guida redatte dall’Arcivescovo di Malta e dal Vescovo di Gozo per la recezione dell’Eucaristia da parte di persone che vivono in una relazione adulterina. Queste linee guida hanno permesso la recezione sacrilega dell’Eucaristia da parte di alcune persone in questa condizione, affermando che in alcuni casi è impossibile per tali persone praticare la castità e nocivo provare a praticare la castità. Nessuna critica è stata fatta a queste linee guida dall’Osservatore Romano, che le ha meramente presentate come esercizio dell’insegnamento e dell’autorità episcopale. Questa pubblicazione è un atto ufficiale della Santa Sede, non corretto da Vostra Santità.
Correctio
His verbis, actis, et omissionibus, et in iis sententiis libri Amoris Laetitia quas supra diximus, Sanctitas Vestra sustentavit recte aut oblique, et in Ecclesia (quali quantaque intelligentia nescimus nec iudicare audemus) propositiones has sequentes, cum munere publico tum actu privato, propagavit, falsas profecto et haereticas:
- “Homo iustificatus iis caret viribus quibus, Dei gratia adiutus, mandata obiectiva legis divinae impleat; quasi quidvis ex Dei mandatis sit iustificatis impossibile; seu quasi Dei gratia, cum in homine iustificationem efficit, non semper et sua natura conversionem efficiat ab omni peccato gravi; seu quasi non sit sufficiens ut hominem ab omni peccato gravi convertat”.
- “Christifidelis qui, divortium civile a sponsa legitima consecutus, matrimonium civile (sponsa vivente) cum alia contraxit; quique cum ea more uxorio vivit; quique cum plena intelligentia naturae actus sui et voluntatis propriae pleno ad actum consensu eligit in hoc rerum statu manere: non necessarie mortaliter peccare dicendus est, et gratiam sanctificantem accipere et in caritate crescere potest”.
- “Christifidelis qui alicuius mandati divini plenam scientiam possidet et deliberata voluntate in re gravi eam violare eligit, non semper per talem actum graviter peccat”.
- “Homo potest, dum divinae prohibitioni obtemperat, contra Deum ea ipsa obtemperatione peccare”.
- “Conscientia recte ac vere iudicare potest actus venereos aliquando probos et honestos esse aut licite rogari posse aut etiam a Deo mandari, inter eos qui matrimonium civile contraxerunt quamquam sponsus cum alia in matrimonio sacramentali iam coniunctus est”.
- “Principia moralia et veritas moralis quae in divina Revelatione et in lege naturali continentur non comprehendunt prohibitiones qualibus genera quaedam actionis absolute vetantur utpote quae propter obiectum suum semper graviter illicita sint”.
- “Haec est voluntas Domini nostri Iesu Christi, ut Ecclesia disciplinam suam perantiquam abiciat negandi Eucharistiam et Absolutionem iis qui, divortium civile consecuti et matrimonium civile ingressi, contritionem et propositum firmum sese emendandi ab ea in qua vivunt vitae conditione noluerunt patefacere”.
Tutte queste proposizioni contraddicono verità divinamente rivelate che i cattolici devono credere con assenso di fede divina. Esse sono state già identificate come eresie nella petizione riguardante Amoris laetitia che fu inviata da 45 studiosi cattolici ai Cardinali e ai Patriarchi delle Chiese Orientali. È necessario per il bene delle anime che esse siano ancora una volta condannate dall’autorità della Chiesa. Nell’elencare queste sette proposizioni, non intendiamo offrire una lista esaustiva di tutte le eresie ed errori che ad una lettura obbiettiva di Amoris laetitia, secondo il suo senso naturale e ovvio, il lettore evidenzierebbe in quanto affermati, suggeriti o favoriti dal documento: una lettera inviata a tutti i cardinali della Chiesa e ai patriarchi della Chiesa Orientale ne elenca 19 di tali proposizioni. Piuttosto ci riferiamo alle proposizioni che Vostra Santità, mediante parole, atti e omissioni – come già descritto – ha in effetti sostenuto e propagato, causando grande e imminente pericolo per le anime.
Pertanto, in quest’ora critica, ci rivolgiamo alla cathedra veritatis, la Chiesa Romana, che per legge divina ha preminenza su tutte le Chiese e della quale siamo e intendiamo rimanere sempre figli leali. Rispettosamente insistiamo affinché Vostra Santità pubblicamente rigetti queste proposizioni, compiendo così il mandato di Nostro Signore Gesù Cristo dato a Pietro e attraverso di lui a tutti i suoi successori fino alla fine del mondo: «Ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli».
Rispettosamente chiediamo la Vostra Benedizione Apostolica, assicurandoLe la nostra devozione filiale in Nostro Signore e la nostra preghiera per il bene della Chiesa.
* * *
Delucidazione
Al fine di delucidare la nostra Correctio e di redigere una difesa contro la diffusione degli errori, desideriamo ora attirare l’attenzione su due fonti generali di errori che ci appaiono quale veicolo delle eresie che abbiamo elencato. Parliamo per primo di una falsa comprensione della Divina Rivelazione che generalmente riceve il nome di Modernismo e poi degli insegnamenti di Martin Lutero
- Il problema del Modernismo
La comprensione cattolica della Divina Rivelazione è frequentemente negata da teologi contemporanei e questa negazione ha portato a una dilagante confusione tra i Cattolici circa la natura della Divina Rivelazione e della fede. Allo scopo di evitare ogni incomprensione che potrebbe sorgere da questa confusione e per poter giustificare ciò che sosteniamo circa la presente propagazione di eresie nella Chiesa, descriveremo la comprensione cattolica della Divina Rivelazione e della fede, di cui abbiamo fatto uso in questo documento.
Questa descrizione è necessaria anche per rispondere ai passaggi di Amoris laetitia dove viene asserito che si dovrebbero seguire gli insegnamenti di Cristo e del magistero della Chiesa. Questi passaggi includono i seguenti: «Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi […]» (AL 3). «Fedeli all’insegnamento di Cristo guardiamo alla realtà della famiglia oggi in tutta la sua complessità […]» (AL 32). «In questo senso l’Enciclica Humanae vitae (cfr 10-14) e l’Esortazione apostolica Familiaris consortio (cfr 14; 28-35) devono essere riscoperte […]» (AL 222). «Le parole del Maestro (cfr Mt 22,30) e quelle di san Paolo (cfr 1 Cor 7,29-31) sul matrimonio sono inserite – non casualmente – nella dimensione ultima e definitiva della nostra esistenza, che abbiamo bisogno di recuperare» (AL 325). Questi passaggi potrebbero essere considerati come un’assicurazione del fatto che nulla in Amoris laetitiacontribuisce a propagare errori contrari all’insegnamento cattolico. Una descrizione della vera natura dell’adesione all’insegnamento cattolico sarà utile a chiarire la nostra posizione: Amoris laetitia veramente contribuisce a propagare tali errori.
Le verità seguenti, insegnate dalla Sacra Scrittura, dalla Sacra Tradizione, dal consenso universale dei Padri e dal magistero della Chiesa, offrono una somma dell’insegnamento cattolico sulla fede, la Divina Rivelazione, l’insegnamento del magistero infallibile e l’eresia:
- I vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, il cui carattere storico è asserito senza esitazioni dalla Chiesa, fedelmente trasmettono ciò che Gesù Cristo, mentre viveva in mezzo agli uomini, realmente fece e insegnò per la loro salvezza eterna, fino al giorno in cui ascese in cielo.
- Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo. Di conseguenza, tutti i suoi insegnamenti sono insegnamenti di Dio stesso.
- Tutte le proposizioni che sono contenute nella fede cattolica sono verità comunicate da Dio.
- Nel credere a queste verità con un assenso, cioè con un atto della virtù teologale della fede, crediamo alla testimonianza di colui che parla. L’atto di fede divina è una forma particolare dell’attività intellettuale generale nel credere a una proposizione in quanto asserita da colui che parla e perché colui che parla è ritenuto onesto e informato riguardo all’asserzione che fa. In un atto di fede divina, si crede a Dio che parla ed Egli è creduto perché è Dio e perciò informato e sincero.
- Credere alla testimonianza divina differisce dal credere alla testimonianza degli esseri umani che non sono divini, poiché Dio è onnisciente e perfettamente buono. Di conseguenza, Egli non può né mentire né ingannare. È perciò impossibile che la testimonianza divina sia errata. Poiché le verità della fede cattolica ci sono comunicate da Dio, l’assenso della fede dato ad esse è certissimo. Un credente cattolico non ha fondamento razionale per dubitare di una di queste verità o per non credervi.
- La ragione umana da sé può stabilire la verità della fede cattolica basata sull’evidenza pubblica dell’origine divina della Chiesa Cattolica, ma un tale ragionamento non può produrre un atto di fede. La virtù teologale della fede e l’atto di fede possono essere prodotti solo dalla grazia divina. Una persona che ha questa virtù, ma che liberamente e consapevolmente sceglie di non credere a una verità della fede cattolica, pecca mortalmente e perde la vita eterna.
- La verità di una proposizione consiste nel dire cos’è ciò che è; in termini scolastici si tratta di un’adaequatio rei et intellectus. Ogni verità è tale, non importa da chi o quando o in quali circostanze è considerata. Nessuna verità può contraddire un’altra verità.
- La fede cattolica non esaurisce tutte le verità su Dio poiché solo l’intelletto divino può comprendere interamente l’essere divino. Nonostante ciò, ogni verità della fede cattolica è interamente e completamente vera; le caratteristiche della realtà che tale verità descrive sono esattamente tali quali queste verità le presentano. Non c’è differenza tra il contenuto degli insegnamenti della fede e le cose così come sono.
- Il discorso divino che comunica le verità della fede cattolica è espresso in lingue umane. Il testo ispirato delle Sacre Scritture, ebraico e greco, è espresso da Dio in tutte le sue parti. Non è un mero resoconto umano o un’interpretazione della Divina Rivelazione e nessuna parte del suo significato è riconducibile solamente a cause umane. Nel credere all’insegnamento delle Sacre Scritture crediamo direttamente a Dio. Non crediamo a ciò che dice Dio basandoci sul credere nella testimonianza di qualcun altro: una persona non-divina o persone in genere.
- Quando la Chiesa cattolica infallibilmente insegna che una proposizione è una parte divinamente rivelata della fede cattolica ed è da essere creduta con un assenso di fede, i cattolici che dànno il loro assenso a questo insegnamento credono a ciò che Dio ha comunicato e lo credono in ragione del fatto che Egli ha detto ciò.
- Le lingue con cui la Divina Rivelazione è espressa e le culture e la storia che hanno dato forma a queste lingue non limitano, distorcono o aggiungono qualcosa alla Divina Rivelazione espressa in esse. Nessuna parte o aspetto delle Sacre Scritture o dell’insegnamento infallibile della Chiesa concernente il contenuto della Divina Rivelazione è prodotto solo dal linguaggio e dalle condizioni storiche in cui sono espresse e non dall’azione di Dio che comunica le verità. Perciò, nessuna parte del contenuto dell’insegnamento della Chiesa può essere rivisto o rigettato sulla base del fatto che esso è prodotto da circostanze storiche piuttosto che dalla Divina Rivelazione.
- L’insegnamento magisteriale della Chiesa dopo la morte dell’ultimo apostolo deve essere capito e creduto come un tutt’uno. Non è diviso tra un magistero del passato e un magistero contemporaneo o vivente che potrebbe ignorare un insegnamento magisteriale precedente o rivederlo a proprio comodo.
- Il Papa, il quale ha la suprema autorità nella Chiesa, non è esente egli stesso dall’autorità della Chiesa, secondo la legge divina ed ecclesiastica. Egli è vincolato nell’accettare e nel sostenere l’insegnamento definitivo dei suoi predecessori nell’ufficio papale.
- Una proposizione eretica è una proposizione che contraddice una verità divinamente rivelata contenuta nella fede cattolica.
- Il peccato di eresia è commesso da una persona che possiede la virtù teologale della fede, ma che liberamente e consapevolmente sceglie di non credere a una verità della fede cattolica o di dubitarne. Tale persona pecca mortalmente e perde la vita eterna. Il giudizio della Chiesa circa il peccato personale di eresia è esercitato solo dal sacerdote nel sacramento della penitenza.
- Il crimine di eresia, secondo il diritto canonico, è commesso quando un cattolico: a) pubblicamente dubita di una o più verità della fede cattolica o le nega, o pubblicamente rifiuta di dare l’assenso ad una o più verità della fede cattolica, ma non dubita di tutte queste verità o le nega o nega l’esistenza della rivelazione cristiana; b) è pertinace nella sua negazione. “Pertinace” significa che la persona in questione continua a dubitare pubblicamente di una o più verità della fede cattolica o a negarle, dopo essere stato richiamato dalla competente autorità ecclesiastica al fatto che il suo dubbio o la sua negazione è un rigetto di una verità della fede, che deve rinunciare al suo dubbio o alla sua negazione e che la verità in questione deve essere affermata pubblicamente come divinamente rivelata dalla medesima persona.
(Le suddette descrizioni relative al peccato personale di eresia e al crimine di eresia secondo il diritto canonico vengono fornite solamente al fine di escluderle dall’oggetto della nostra correzione. Siamo solo preoccupati di evidenziare le proposizioni eretiche propagate mediante parole, atti e omissioni di Vostra Santità. Non abbiamo la competenza per affrontare la questione canonica dell’eresia e neppure l’intenzione).
- L’influenza di Martin Lutero
In secondo luogo, siamo obbligati in coscienza a fare riferimento ad una simpatia senza precedenti di Vostra Santità per Martin Lutero e all’affinità tra le idee di Lutero sulla legge, la giustificazione e il matrimonio e quelle insegnate o favorite da Vostra Santità in Amoris laetitia e altrove. Ciò è necessario affinché la nostra denuncia delle sette proposizioni eretiche elencate in questo documento possa essere completa; desideriamo mostrare, seppure a modo di sommario, che questi non sono errori isolati, quanto piuttosto parte di un sistema eretico. I cattolici devono essere messi in guardia non solo contro questi sette errori, ma anche contro questo sistema eretico come tale, non per ultimo in ragione della lode di Vostra Santità all’uomo che l’ha originato.
Così, in una conferenza stampa del 26 giugno 2016, Vostra Santità ha dichiarato:
«Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore. Forse alcuni metodi non erano giusti, ma in quel tempo, se leggiamo la storia del Pastor, per esempio – un tedesco luterano che poi si è convertito quando ha visto la realtà di quel tempo, e si è fatto cattolico – vediamo che la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione nella Chiesa, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente, e ha fatto un passo avanti giustificando il perché faceva questo. E oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato».
In un’omelia tenuta nella Cattedrale luterana di Lund, Svezia, il 31 ottobre 2016, Vostra Santità ha dichiarato:
«Cattolici e luterani abbiamo cominciato a camminare insieme sulla via della riconciliazione. Ora, nel contesto della commemorazione comune della Riforma del 1517, abbiamo una nuova opportunità di accogliere un percorso comune, che ha preso forma negli ultimi cinquant’anni nel dialogo ecumenico tra la Federazione Luterana Mondiale e la Chiesa Cattolica. Non possiamo rassegnarci alla divisione e alla distanza che la separazione ha prodotto tra noi. Abbiamo la possibilità di riparare ad un momento cruciale della nostra storia, superando controversie e malintesi che spesso ci hanno impedito di comprenderci gli uni gli altri.
Gesù ci dice che il Padre è il padrone della vigna (cfr v. 1), che la cura e la pota perché dia più frutto (cfr v. 2). Il Padre si preoccupa costantemente del nostro rapporto con Gesù, per vedere se siamo veramente uniti a lui (cfr v. 4). Ci guarda, e il suo sguardo di amore ci incoraggia a purificare il nostro passato e a lavorare nel presente per realizzare quel futuro di unità a cui tanto anela.
Anche noi dobbiamo guardare con amore e onestà al nostro passato e riconoscere l’errore e chiedere perdono: Dio solo è il giudice. Si deve riconoscere con la stessa onestà e amore che la nostra divisione si allontanava dalla intuizione originaria del popolo di Dio, che aspira naturalmente a rimanere unito, ed è stata storicamente perpetuata da uomini di potere di questo mondo più che per la volontà del popolo fedele, che sempre e in ogni luogo ha bisogno di essere guidato con sicurezza e tenerezza dal suo Buon Pastore. Tuttavia, c’era una sincera volontà da entrambe le parti di professare e difendere la vera fede, ma siamo anche consapevoli che ci siamo chiusi in noi stessi per paura o pregiudizio verso la fede che gli altri professano con un accento e un linguaggio diversi.
[…]
«L’esperienza spirituale di Martin Lutero ci interpella e ci ricorda che non possiamo fare nulla senza Dio. “Come posso avere un Dio misericordioso?”. Questa è la domanda che costantemente tormentava Lutero. In effetti, la questione del giusto rapporto con Dio è la questione decisiva della vita. Come è noto, Lutero ha scoperto questo Dio misericordioso nella Buona Novella di Gesù Cristo incarnato, morto e risorto. Con il concetto di “solo per grazia divina”, ci viene ricordato che Dio ha sempre l’iniziativa e che precede qualsiasi risposta umana, nel momento stesso in cui cerca di suscitare tale risposta. La dottrina della giustificazione, quindi, esprime l’essenza dell’esistenza umana di fronte a Dio».
Oltre ad affermare che Martin Lutero non si è sbagliato circa la giustificazione e in stretta consonanza con la sua visione, Vostra Santità ha dichiarato più di una volta che i nostri peccati sono il luogo dove incontriamo Cristo (nella Sua omelia del 4 settembre e del 18 settembre 2014), giustificando il suo punto di vista con San Paolo, il quale in realtà si vanta delle sue “debolezze” (“astheneìais”, cf. 2Cor 12,5.9) e non dei suoi peccati, così che la potenza di Cristo dimori in lui. In un discorso ai membri di Comunione e Liberazione del 7 marzo 2015, Vostra Santità ha detto:
«Il luogo privilegiato dell’incontro è la carezza della misericordia di Gesù Cristo verso il mio peccato. E per questo, alcune volte, voi mi avete sentito dire che il posto, il luogo privilegiato dell’incontro con Gesù Cristo è il mio peccato».
Inoltre, in aggiunta ad altre proposizioni di Amoris laetitia, elencate in una lettera mandata a tutti i Cardinali e Patriarchi della Chiese orientali e qualificate come eretiche, erronee o ambigue, leggiamo anche questa:
«Tuttavia, non è bene confondere piani differenti: non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica “un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio”» (AL 122).
Mentre è vero che il segno sacramentale del matrimonio implica un processo dinamico verso la santità, è anche vero che mediante il segno sacramentale viene perfettamente riprodotta per mezzo della grazia l’unione di Cristo con la Chiesa nella coppia di sposi. Non si tratta di imporre «un tremendo peso» su due persone limitate, quanto piuttosto di riconoscere l’opera del sacramento e della grazia (res et sacramentum).
In modo sorprendente notiamo qui, come in diverse altre parti di questa Esortazione Apostolica, una vicinanza al discredito del matrimonio da parte di Lutero. Per il Rivoluzionario tedesco, la concezione cattolica di sacramento ex opere operato, ritenuta essere “meccanica”, è inaccettabile. Quantunque egli mantenga la distinzione di signum et res, dopo il 1520, con La cattività babilonese della Chiesa, non la applica più al matrimonio. Lutero nega che il matrimonio sia sacramentale sulla base del fatto che in nessun luogo nella Bibbia leggiamo che l’uomo che sposa una donna riceva la grazia di Dio e neppure leggiamo che il matrimonio è stato istituito da Dio quale segno di qualcosa. Lutero ritenne che il matrimonio fosse un mero simbolo, aggiungendo che quantunque esso possa rappresentare l’unione di Cristo con la Chiesa, tali figure e allegorie non sono sacramenti nel senso in cui usiamo il termine (cf. Luther’s Works [LW] 36:92). Per questa ragione, il matrimonio – il cui fine fondamentale è concepire i figli e educarli nella via di Dio (cf. LW 44:11-12) – secondo Lutero appartiene all’ordine della creazione e non a quello della salvezza (cf. LW 45:18); è dato solo allo scopo di estinguere il fuoco della concupiscenza e quale bastione contro il peccato (cf. LW 3, Gn 16:4).
Di più, principiando dalla sua personale visione della natura umana corrotta dal peccato, Lutero è cosciente che l’uomo non sempre è prono ad osservare la legge di Dio. Perciò egli è convinto che c’è un duplice modo mediante il quale Dio governa il genere umano, al quale corrisponde una visione morale duplice del matrimonio e del divorzio. Così il divorzio è generalmente ammesso da Lutero nel caso di adulterio, ma solo per le persone non spirituali.
Il suo ragionamento poggia sul fatto che vi sono due forme di governo divino in questo mondo: una spirituale e l’altra temporale. Mediante il governo spirituale, lo Spirito Santo guida i cristiani e i giusti con il Vangelo di Cristo; con il governo temporale, Dio trattiene i non cristiani e i malvagi al fine di mantenere la pace esterna (cf. LW 45:91). Due sono anche le leggi che regolano la vita morale: una è spirituale, per coloro che vivono sotto l’influsso dello Spirito Santo, l’altra temporale o mondana, per coloro che non riescono ad osservare la legge spirituale (cf. LW 45:88-93). Questa doppia visione morale è applicata da Lutero all’adulterio in riferimento a Mt 5:32. Pertanto, i cristiani non devono divorziare in caso di adulterio (legge spirituale); ma il divorzio esiste ed è stato permesso da Mosè a causa del peccato (legge mondana). Il permesso di divorziare è visto così come un limite posto da Dio alle persone carnali per trattenere il loro cattivo comportamento e per preservarli dal commettere di peggio in ragione della loro malizia (cf. LW 45:31).
Come non possiamo vedere qui una somiglianza molto stretta con quanto è stato detto da Vostra Santità in Amoris laetitia? Da un lato il matrimonio è apparentemente salvaguardato come sacramento, mentre dall’altro lato il divorzio e il matrimonio civile che è seguito sono considerati “misericordiosamente” come status quo, da essere integrati – quantunque solo “pastoralmente” – nella vita della Chiesa, contraddicendo così apertamente la parola di Nostro Signore. Lutero fu guidato ad accettare una seconda unione in ragione della sua identificazione della concupiscenza con il peccato, considerando il matrimonio come rimedio alla concupiscenza. In verità, la concupiscenza non è in sé peccato, così come una seconda unione, quando uno dei coniugi è ancora in vita, non è uno status, ma una privazione della verità.
Tuttavia, l’autocontraddizione di Lutero, generata dalla sua doppia visione del matrimonio – visto in se stesso come un qualcosa che appartiene propriamente alla Legge e non al Vangelo – è apparentemente superata con la precedenza della fede: una “fiducia cordiale” che permette di aderire soggettivamente a Dio. Egli reputa che la fede giustifichi l’uomo nella misura in cui la giustizia punitiva si ritira nella misericordia ed è cambiata permanentemente in amore che perdona. Questo è reso possibile in virtù di un “gioioso scambio” (fröhlicher Wechseln), mediante cui il peccatore può dire a Cristo: «Tu sei la mia giustizia così come io sono il tuo peccato» (LW 48:12; cf. anche 31:351; 25:188). Per mezzo di questo “gioioso scambio”, Cristo diventa l’unico peccatore e noi siamo giustificati mediante l’accettazione della Parola nella fede.
Nel Suo pellegrinaggio a Fatima per l’inizio di questo provvidenziale centenario, Vostra Santità ha fatto chiaramente allusione alla visione luterana della fede e della giustificazione, dichiarando, il 12 maggio 2017, quanto segue:
«Grande ingiustizia si commette contro Dio e la sua grazia, quando si afferma in primo luogo che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre – come manifesta il Vangelo – che sono perdonati dalla sua misericordia! Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio e, comunque, il giudizio di Dio sarà sempre fatto alla luce della sua misericordia. Ovviamente la misericordia di Dio non nega la giustizia, perché Gesù ha preso su di Sé le conseguenze del nostro peccato insieme al dovuto castigo. Egli non negò il peccato, ma ha pagato per noi sulla Croce. E così, nella fede che ci unisce alla Croce di Cristo, siamo liberi dai nostri peccati; mettiamo da parte ogni forma di paura e timore, perché non si addice a chi è amato (cfr 1 Gv 4,18)».
Il Vangelo non insegna che tutti i peccati saranno di fatto perdonati, né che Cristo soltanto ha sperimentato il “giudizio” o la giustizia di Dio, lasciando solo la misericordia al resto dell’umanità. Mentre c’è una “sofferenza vicaria” di Nostro Signore al fine di espiare i peccati, non c’è una “punizione vicaria”, poiché Cristo fu fatto «peccato per noi» (cf. 2 Cor 5,21) e non peccatore. A causa dell’amore divino e non perché oggetto dell’ira di Dio, Cristo ha offerto il supremo sacrificio di salvezza per riconciliarci con Dio, prendendo su di sé solamente le conseguenze dei nostri peccati (cf. Gal 3:13). Pertanto, non è sufficiente avere fede che i nostri peccati sono stati rimossi da una supposta punizione vicaria perché siamo giustificati; la nostra giustificazione consiste nella conformità al nostro Salvatore che si realizza mediante la fede che opera per mezzo della carità (cf. Gal 5,6).
Santo Padre, ci permetta infine di esprimere anche la nostra meraviglia e dolore per due eventi accaduti nel cuore della Chiesa, i quali similmente manifestano il favore di cui gode l’eresiarca tedesco sotto il Suo pontificato. Il 15 gennaio 2016 è stata concessa la Santa Comunione a un gruppo di luterani finlandesi nel corso della celebrazione di una Santa Messa nella basilica di San Pietro. Il 13 ottobre 2016, Vostra Santità ha presieduto un incontro di cattolici e luterani in Vaticano, nella Sala Nervi, in cui era stata eretta una statua a Martin Lutero.