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Il primo diritto da tutelare è la vita

Di Antonio Brandi

Domani 28 settembre è la cosiddetta “Giornata mondiale per l’accesso all’aborto sicuro e legale”. Nel 2015 in Italia circa 90mila bambini hanno perso la vita a causa dell’aborto chirurgico e questo senza contare i 20mila aborti clandestini e le centinaia di migliaia di confezioni di pillole abortive vendute ogni anno. L’attuale cultura della morte è indifferente al primo diritto da tutelare, ovvero quello di nascere, crescere e vivere l’esistenza che ci è stata donata.

Non c’è nulla da celebrare, il diritto che si reclama è una falsa conquista. Si inneggia alla libertà, ma l’aborto è una tragedia che si materializza nel negare a decine di migliaia di bambini la possibilità di vivere. Non prendere le distanze da questa posizione vuol dire decidere che il diritto alla morte sia più importante di quello alla vita. Perché non si parla mai dei rischi alla salute delle donne che abortiscono? Ultime cifre dell’Organizzazione mondiale della sanità riportano almeno 3.500 morti di donne a causa dell’aborto “legale” nel mondo.

La scelta di abortire, oltretutto, lascia un vuoto senza soluzione nella donna che lo pratica. E se anche la legge dice che l’aborto sia un diritto, noi ricordiamo proprio in questa giornata che il primo diritto è la vita e che solo da questo discendono gli altri.

L’aborto è il peggiore degli omicidi perpetrato su un essere inerme che non si può difendere.

 


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