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Amazon, Facebook, Google e non solo. Come e perché l’Europa punta sulla web tax Ue

Pier Carlo Padoan, legge di bilancio

Parte ufficialmente l’offensiva dell’Unione europea contro i colossi del web. Ecco tutti i dettagli e le posizioni degli Stati con l’Italia in prima fila, in vista dell’Ecofin della prossima settimana a Tallin.

IL DOCUMENTO

Booking.com, Google, Amazon, Facebook e Airbnb si stanno arricchendo ai danni degli Stati Ue, a cui non pagano la giusta proporzione di tasse. Per questo la Ue sta studiando una sorta di web tax europea, che superi l’attuale principio della ‘residenza fiscale’ delle aziende, adattandolo alla caratteristica dell’economia digitale, che produce redditi “virtuali” in molti Stati, pagando le tasse in uno soltanto. E’ quanto si legge nel documento che l’Ecofin discuterà la prossima settimana a Tallin, di cui l’Ansa ha preso visione.

L’AZIONE DELL’ITALIA

Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha sottoscritto una dichiarazione politica congiunta con gli omologhi colleghi di Germania, Francia e Spagna a sostegno di un’iniziativa per la tassazione delle imprese dell’economia digitale. La dichiarazione, spiega il Mef, è stata inviata a Toomas Toniste, ministro delle Finanze dell’Estonia – Stato che ricopre la presidenza di turno dell’Unione europea – e per conoscenza al Commissario europeo Pierre Moscovici. I quattro ministri delle finanze dei paesi più grandi dell’Eurozona intendono presentare l’iniziativa per la tassazione della web economy nel corso della prossima riunione informale del consiglio dei ministri delle finanze dell’Ue (Ecofin), in programma a Tallinn il prossimo 15 e 16 settembre, e in particolare nella II sessione di lavoro, dedicata alle sfide della tassazione d’impresa nell’epoca dell’economia digitale. L’iniziativa, sottolinea il Mef, “ha lo scopo di sollecitare una imposizione delle imprese che svolgono attività economica in Europa senza corrispondere un livello di tassazione adeguata, mettendo a repentaglio i principi di equità fiscale e la sostenibilità del modello economico e sociale del continente”.

LA DICHIARAZIONE COMUNE

Nella dichiarazione congiunta firmata da Padoan, dal ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire, dal tedesco, Wolfgang Schauble, e dallo spagnolo Luis De Guindos, si sottolinea come “essere in grado di tassare adeguatamente le società che operano nell’economia digitale” sia “un’importante sfida per l’Unione europea”. “Non dovremo piu’ accettare che queste compagnie facciano affari in Europa pagando importi minimi di tasse. L’efficenza economica è in gioco, cosi come l’equità fiscale e la sovranità. Sosteniamo il lavoro in corso su tali questioni a livello G20/Ocse e guardiamo al rapporto sullo stato di avanzamento della primavera 2018”, aggiungono i ministri definendo “utili” le proposte della Commissione europea per una base imponibile consolidata comune. “Dobbiamo continuare a lavorare attivamente su di esse – osservano – tuttavia devono essere completate. Vorremmo andare avanti rapidamente a livello comunitario. Perciò chiediamo alla Commissione europea di esplorare le opzioni compatibili con la legge Ue e proporre ogni effettiva soluzione basata sul concetto di istituire un”equiparazione fiscale’ sul fatturato generato in Europa dalle compagnie digitali”. Su tali importi, spiegano i ministri, dovrebbe essere calcolata la tassazione. L’Italia ha introdotto una forma di web tax transitoria con la manovrina entrata in vigore a giugno. Si tratta di un intervento ponte in attesa che si arrivi a trovare una soluzione a livello sovranazionale. La soluzione ‘italiana’ prevede per i giganti del web con oltre un miliardo di fatturato e un giro d’affari di almeno 50 milioni di euro, la possibilità di stringere accordi preventivi con l’Agenzia delle Entrate.


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