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Ilva, Alcoa, Aferpi, Ast. Tutte le sfide della siderurgia

“Acciaio infinito” è il tema dell’Assemblea annuale di Federacciai che si svolgerà dalle ore 14.30 di lunedì 18 settembre nell’auditorium “Il Sole 24 Ore” in via Monte Rosa 91, a Milano. Ad aprire i lavori sarà il presidente Antonio Gozzi, (nella foto). Tra gli altri, interverranno Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, Carlo Calenda, ministro per lo Sviluppo Economico, Marco Fortis, economista e vicepresidente della Fondazione Edison, Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo.

SALVAGUARDARE L’ACCIAIO NAZIONALE

Dobbiamo salvaguardare e rilanciare la siderurgia nel nostro Paese. Sull’acciaio poggia la strategia per impostare una sana politica industriale. La siderurgia è quel settore della cosiddetta “old economy” che per ragioni diverse continua ad essere protagonista nel nostro sistema manufatturiero, un asset fondamentale, assolutamente  da difendere, che in alcuni casi viene messo in discussione per il suo delicato “equilibrio” ambientale con i territori e con le comunità locali in cui insiste. Oppure viene messo a rischio per i suoi ingenti e continui investimenti, necessari per mantenerlo competitivo rispetto alla concorrenza sleale dei produttori dei Paesi delle economie “emergenti”. O, come in altri casi, che viene rivalutato ed ambito al primo accenno di ripresa economica, come è accaduto in quest’ultimo periodo per il gruppo Ilva (e si spera anche che accada per le realtà di Piombino e di Portovesme).

L’Italia continua ad essere il secondo produttore di acciaio in Europa, dopo la Germania, avendo consuntivato una produzione di oltre 23 milioni di tonnellate nel 2016 ed un incremento 1,7% nel primo semestre del 2017, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (fonte Federacciai); per quanto concerne l’alluminio, nel 2016 l’impiego totale del metallo in Italia è stato di 2,4 milioni di tonnellate, registrando un nuovo incremento rispetto all’anno prece­dente, pari al 7,7% (fonte Assomet, ndr). In particolare  è rilevante il valore di produzione di getti di alluminio colati a pressione, gran parte dei quali sono destinati ai mercati esteri come parti di prodotti complessi (auto, macchine, impianti di riscaldamento), che contribuiscono significativamente alla competitività del made in Italy e che ci fanno posizionare, anche in questo caso, come secondo Paese produttore in Europa dopo la Germania.

Paradossalmente, in Italia, dopo la chiusura di Alcoa-Portovesme, non ci sono più siti di produzione di alluminio primario.

Una parte importante della siderurgia italiana,però, a partire dall’Ilva di Taranto, (passando per Acciai Speciali Terni, toccando l’ex “smelter” di Portovesme di Alcoa, attraversando la ex Lucchini di Piombino e di Trieste, solo per citarne alcune) soffre, da tempo, di una condizione di incertezza, di difficoltà o perfino di fermo produttivo originate da motivazioni diverse: motivi ambientali, perdita di competitività o svantaggi infrastrutturali mai risolti. C’è però una caratteristica che vede accomunate tutte queste realtà industriali : il valore dell’unicità del loro prodotto o la specificità del ciclo produttivo relativamente al nostro sistema industriale.

L’Ilva rappresenta l’unico sito siderurgico a “ciclo integrale” (dal minerale all’acciaio) in Italia, il più grande in Europa, in grado di poter produrre specifiche qualità di acciaio che non è possibile ottenere con i forni elettrici. Lo stabilimento ex Alcoa di Portovesme è l’unico smelter in Italia (fermo dal 2012) per la produzione di alluminio “primario”. Acciai Speciali Terni è leader in Italia di laminati piani in acciaio inossidabile e tra i primi quattro produttori in Europa.

Il sito della ex Lucchini di Piombino oggi Aferpi (acquisito nel 2015 dal gruppo algerino Cevital) è l’unico centro siderurgico in Italia dotato di un laminatoio per la produzione di rotaie fino a 108 metri di lunghezza per la rete ferroviaria dell’alta velocità. Quello dello stabilimento Acciaiaria Arvedi di Trieste (ex Lucchini) è l’unico altoforno del gruppo che consente di approvvigionare la ghisa per i forni elettrici del sito siderurgico di Cremona.

Quelle citate, non solo rappresentano delle vertenze “industriali” ma, per le loro dimensioni rispetto al forte impatto economico ed occupazionale nei territori di riferimento , assumono un carattere di natura economico e sociale; in alcuni casi le province interessate si identificano per queste presenze industriali.

Il mese di settembre, quindi, rappresenterà una fase di verifica molto importante per il futuro di questi stabilimenti e dei lavoratori diretti ed indiretti ad essi collegati; sono stati già pianificati gli incontri di verifica presso il ministero dello Sviluppo Economico a cui presenzierà lo stesso ministro Carlo Calenda.

LA TRATTATIVA CON AM INVESTCO

Si partirà il prossimo 15 settembre, data in cui si darà il via al negoziato con il management di ArcelorMittal ( la multinazionale dell’acciaio che ha acquisito il gruppo Ilva) per approfondire i diversi punti del piano industriale, presentato il 20 luglio scorso, in particolare quello sull’occupazione (oltre 14mila addetti diretti e circa 5000 indiretti).Nell’occasione la Uilm proverà a dimostrare ai rappresentanti della multinazionale “l’incoerenza” fra i volumi produttivi attesi dal piano di rilancio del gruppo ed i livelli occupazionali (in deficit) da loro previsti.

LA VERTENZA AFERPI

Per quanto concerne Piombino, è stata già inviata la richiesta di incontro al dicastero dello Sviluppo Economico per procedere alla prima verifica dell’addendum all’accordo del 30 giugno 2015. Noi riteniamo che, vista (ad oggi) la mancata comunicazione da parte della direzione aziendale di Aferpi di una data di riavvio dei treni di laminazione e sull’avvio degli investimenti del nuovo forno elettrico, sia necessario una verifica da parte del governo di un nuovo soggetto industriale in grado di poter realizzare il progetto di rilancio dell’area piombinese.

LA PROSPETTIVA PER L’EX ALCOA DI PORTOVESME

Per l’ex Alcoa di Portovesme, lo stesso ministro Carlo Calenda si è impegnato, nel corso dell’ultimo incontro del 27 luglio, a riconvocare le organizzazioni sindacali entro la fine del mese di settembre per aggiornarle sulla cessione dello smelter del Sulcis alla multinazionale SyderAlloys; verificheremo se finalmente la vertenza , aperta dal 2012,  sia arrivata in dirittura di arrivo con il passaggio dello stabilimento da Alcoa ad Invitalia e poi a SiderAlloy  per poi procedere con il riavvio dell’impianto.

VERIFICA PER L’AST DI TERNI

Anche per AST Terni sarà necessario un momento di verifica sulle sue prospettive future perché, nonostante la fine della ristrutturazione ed il ritorno alla profittabilità nel 2016 con largo anticipo rispetto al piano industriale, le notizie di stampa riferiscono  di un eventuale trattativa per una joint venture di Thyssenkrupp con Tata Steel; questa circostanza ha fatto ripiombare i lavoratori ternani nella stessa condizione di incertezza già vissuta nel 2012 con il passaggio di AST ad Outokumpu ed il successivo rientro in Thyssenkrupp a seguito della sentenza dell’Antitrust europeo. 

GLI INVESTIMENTI PER L’ARVEDI DI TRIESTE

Ed infine, è stato calendarizzato per il 28 settembre l’incontro per lo stabilimento Acciaieria Arvedi di Trieste (ex Ferriera di Servola) per verificare la situazione aziendale in relazione agli investimenti sull’area a caldo (altoforno e cockerie) e su quella a freddo (nuovo decapaggio e treno di laminazione) messi in discussione dalla proprietà per i ritardi nelle autorizzazioni per procedere alla loro realizzazione e soprattutto per le continue strumentalizzazioni dell’impatto ambientale del sito da parte di alcuni comitati dei cittadini del quartiere di Servola e della politica locale.

Insomma, il mese di settembre vedrà costituirsi, anche se non formalmente, un tavolo della siderurgia focalizzato sulle diverse crisi industriali del settore.

L’INFINITO DELL’ACCIAIO

La Uilm ritiene che, mai come in questo momento, con le previsioni di crescita della nostra economia, in gran parte dovuta alla vitalità del nostro sistema manifatturiero (secondo in Europa dopo la Germania), il nostro Paese necessiti di un solido settore siderurgico. Così si può rendere strutturale la ripresa economica, rafforzando le realtà già competitive, ma soprattutto recuperando quelle in difficoltà. L’industria dell’acciaio può fornire un importante contributo alla crescita del Pil ma particolarmente alla creazione di “buona e qualificata” occupazione. Questo è il senso di infinito che si può dare all’acciaio.


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