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Come l’Italia deve incunearsi fra Germania e Francia

Se il voto tedesco rende Merkel, e perciò l’Europa, più debole e incerta, il forte appello di Macron a riscoprire una visione invece unitaria delle istituzioni nel continente, la rilancia. Ma allo stesso tempo certifica l’entrata in crisi dell’asse franco-tedesco: niente sarà più come prima, dopo le elezioni in Germania.

La svolta nazional-populista registrata nell’elettorato tedesco non avrà soltanto come conseguenza di far diventare meno scontata la nascita di un governo, del quale, a oggi, si sa solamente che toccherà a Frau Angela guidarlo per la quarta volta. Ma di nuovo con la Cdu/Csu-Spd, la paradossale “grande coalizione” degli sconfitti? O scopriremo la difficile novità della cosiddetta “coalizione Giamaica”, che imbarcherebbe i distinti e distanti, cioè Verdi e Liberali, con la Cdu?

Mentre la Germania s’interroga su come ritrovare la sua proverbiale stabilità, forse per una volta invidiando il fantasioso machiavellismo della politica italiana e delle sue formule, i francesi corrono ai ripari in anticipo. A Parigi si pronostica l’inevitabile annacquamento dell’europeismo fin qui mostrato da una Cancelliera che, da domani, dovrà inseguire gli elettori tedeschi in libera uscita verso la protesta anti-immigrati, euroscettica e pangermanica interpretata dall’estremismo alternativo dell’Afd.

E così Macron va subito in contropiede, prospettando l’Europa ambiziosa di un ministro unico delle finanze, di una difesa in comune, di un’immigrazione regolata insieme, anziché subìta dai singoli Stati. Idee che sono da tempo patrimonio italiano, come lo stesso Macron riconosce alla vigilia dell’incontro di oggi con Gentiloni.

E allora, se Parigi e Berlino prenderanno direzioni diverse, se Frau Merkel dovrà inasprire il suo rigorismo economico per accattivarsi i liberali e convertirsi alla durezza sull’immigrazione per accontentare i tedeschi preoccupati e impauriti che le hanno voltato le spalle, ecco che Roma ha una grande opportunità. Seguendo quella terza via euro-economica così ben incarnata da Mario Draghi a Francoforte – rigore e crescita non si escludono, ma si tengono per mano -, il governo italiano può infilarsi tra i prossimi separati in casa Merkel e Macron. Può condizionare l’uno e l’altra, può far valere il suo punto di vista senza essere il terzo incomodo. Gentiloni colga la nuova occasione di rendere più italiana quest’Europa che è già meno franco-tedesca.

(Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)

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