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M5S. Di Maio, San Gennaro e il potere

Leggo tante facili ironie sulla candidatura di Di Maio per la premiership con il M5S. Eppure, non c’è da ridere.

Il M5S, dopo una legislatura travagliata, piena di contraddizioni e di fallimenti, sale nei sondaggi oltre il 28% diventando il primo partito. Un guadagno, se il trend sarà confermato, di oltre 3% rispetto al 2013. Un consolidamento politico e organizzativo, grazie a un radicamento nel territorio e con l’amministrazione di importanti città italiane, da Roma a Torino. Al di là dei risultati concreti, che poco influiscono sul giudizio a livello generale (il leitmotiv è : meglio degli altri, loro). Ma non solo.

Come mai ci troviamo ora davanti alla concreta possibilità di una vittoria del M5S e di un Di Maio Premier? Sarebbe lunga la risposta. Mi limito a dire che tra le cause, oltre alla stanchezza e disaffezione verso i partiti tradizionali, c’è il fallimento politico di una classe dirigente giovane, o presunta tale. Così come il fallimento del più grande partito di centro sinistra d’Europa che ha ceduto su numerosi fronti al populismo e al grillismo spicciolo.

Dal 2013 al 2016 dovevamo rivoluzionare il Paese, ci siamo trovati in condizioni opposte: un sistema elettorale da prima repubblica, un referendum costituzionale che ha affossato ogni smania di grandezza e onnipotenza di un certo gruppo dirigente del Paese, e una catastrofe post-bocciatura-referendum che non c’è, anzi, si assiste a qualche miglioramento. Tutto questo, e molto altro, ha spianato la strada a Di Maio e al M5S.

Se la sinistra cede alla (non)cultura dei populisti e delle destre, il risultato è semplice: non sei credibile, non sei un’alternativa, gli originali sono sempre meglio delle copie.

La foto che ho pubblicato, oggetto anch’essa di grosse ironie, dice molto di più di quanto non si possa credere: un uomo politico si piega al potere della chiesa. Quel bacio rinnova un legame tradizionale tra politica e chiesa. Di Maio si presenta come interlocutore credibile e affidabile (Vice-Presidente della Camera, linguaggio pulito, mai troppo eccessivo, forti ambiguità su temi come unioni civili e ius soli).

Di Maio intercetterà il voto dei cattolici, quelli più fondamentalisti e quelli più moderati. Mentre dall’altra parte si passa il tempo a farsi due risate.


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