Tra il 2 e il 6 ottobre: sono questi i giorni attesi per il ritorno in Borsa delle azioni del “nuovo” Monte dei Paschi di Siena, controllato dal Tesoro dopo la ricapitalizzazione precauzionale con una quota superiore al 53 per cento.
IL PREZZO IMPLICITO E…
Tutto bene, se non fosse che il prezzo delle azioni è crollato ancora prima dell’approdo a Piazza Affari. A sancirlo è stato il mercato dei derivati e in particolare l’asta dei credit default swap (cds, sono dei derivati che offrono una sorta di assicurazione) sulle obbligazioni subordinate di Mps, che si è tenuta il 21 settembre e che ha determinato in 49,5 centesimi il tasso di recupero. Ciò implica per la banca più antica del mondo una capitalizzazione pari a 4,9 miliardi, vale a dire un prezzo di 4,30 euro per ogni azione. Un valore vicino al quale erano già giunte le recenti stime di molti analisti finanziari, che avevano allarmato gli ex obbligazionisti subordinati della banca senese guidata da Marco Morelli (in foto).
…QUELLO PAGATO
Il fatto è che il prezzo individuato dall’asta dei cds è molto inferiore anzitutto agli 8,65 euro per azione riconosciuti ai bondholder subordinati del Monte nell’ambito dell’operazione di burden sharing (condivisione degli oneri che in questo caso ha comportato la conversione obbligatoria dei titoli) che ha fatto da premessa alla ricapitalizzazione precauzionale approvata dalla Bce e dall’Ue. Si tratta, inoltre, di un prezzo inferiore a quello a cui lo stesso Tesoro ha sottoscritto le azioni dell’aumento di capitale riservato, pari a 6,49 euro per titolo, già vantaggioso rispetto a quello di conversione dei bond subordinati.
LA PERDITA POTENZIALE
Se dunque effettivamente il prezzo del ritorno in Borsa sarà pari ai 4,3 euro per titolo Mps dettato dal mercato dei derivati, ciò significherà una perdita secca di metà del valore delle azioni per chi ha subito la conversione delle obbligazioni subordinate e una perdita comunque rotonda anche per il Tesoro. Poiché il ministero dell’Economia nell’aumento di capitale ha investito 3,85 miliardi, il prezzo più basso implicherebbe una perdita potenziale in area 1,3 miliardi. Non solo. Se si tiene conto che in ballo ci sono ancora i rimborsi a carico dello Stato agli obbligazionisti subordinati “frodati” (quel che in gergo si definisce “misselling”), per un valore fino a 1,5 miliardi, che potrebbero portare il Tesoro sopra il 70% di Mps, la perdita pubblica sull’operazione arriverebbe addirittura a superare quota 2 miliardi.