Nell’accoglienza ai migranti serve “la prudenza dei governanti: devono essere molto aperti a riceverli, ma anche fare il calcolo di come poterli sistemare”. “Chiudere le porte non è umano” e alla lunga si paga. Come si può “anche pagare politicamente una imprudenza nei calcoli, nel ricevere più di quelli che si possono integrare”. Sono le parole di Jorge Mario Bergoglio che hanno scalato titoli e scatenato analisi, pretendendo l’ennesima conversione papale. Però sono parole del novembre scorso. Tratte da una risposta a una giornalista nel viaggio di ritorno dalla Svezia. Gli stessi accenti utilizzati da Francesco rientrando a Roma dalla Colombia lunedì. Dove l’attenzione ai rapporti tra Santa Sede, Chiesa italiana e governo Gentiloni probabilmente più che a quanto già fatto e benedetto – il codice Minniti di regolamentazione dei salvataggi in mare da parte delle Ong, e l’apertura allo Ius soli – per la diplomazia ecclesiastica è impegno da declinare oggi, per incidere nell’imminente piano di integrazione dei migranti promesso dal ministero dell’Interno.
IL GRAZIE ALL’ITALIA E LA LINEA SUGLI SBARCHI
Di un canale aperto tra Vaticano e governo italiano sulla questione migrazione si è scritto parecchio. Di incontri tra la segreteria di Stato e il ministro Minniti sul codice di regolamentazione delle Ong, prima di tutto. E di un incontro tra lo stesso Bergoglio e Gentiloni. Rispondendo a una domanda sul punto, Francesco ha confermato, ma chiarendo di non avere parlato col premier della politica di restrizione delle partenze dalla Libia e di sbarchi: “È stato un incontro personale e non su questo argomento. È stato prima di questo problema, che è venuto fuori quasi un mese dopo” ha scandito il Papa rispondendo a Fausto Gasparroni dell’Ansa. Bergoglio, e non è la prima volta, ha ringraziato pubblicamente Italia e Grecia perché “hanno aperto il cuore ai migranti”. Quindi ha confermato – citandosi – una linea di responsabilità: “Non basta aprire il cuore… Ma un governo deve gestire questo problema con la virtù propria del governante, cioè la prudenza. Cosa significa? Primo: quanti posti ho? Secondo: non solo riceverli, ma anche integrarli”. Esattamente la stessa risposta data un anno fa di rientro da Lund. E neppure quelle erano affermazioni inedite.
ACCOGLIENZA, INTEGRAZIONE E PRUDENZA. I PRECEDENTI DI FRANCESCO
Di accoglienza e prudenza, Francesco aveva detto al Parlamento europeo nel 2014: “L’Europa sarà in grado di far fronte alle problematiche connesse all’immigrazione se saprà proporre con chiarezza la propria identità culturale e mettere in atto legislazioni adeguate che sappiano allo stesso tempo tutelare i diritti dei cittadini europei e garantire l’accoglienza dei migranti; se saprà adottare politiche corrette, coraggiose e concrete che aiutino i loro Paesi di origine nello sviluppo socio-politico e nel superamento dei conflitti interni”. E di ritorno da Lesbo (aprile 2016) aveva tradotto prudenza con responsabilità: “Io capisco i governi, anche i popoli, che hanno una certa paura. Questo lo capisco e dobbiamo avere una grande responsabilità nell’accoglienza. Uno degli aspetti di tale responsabilità è questo: come ci possiamo integrare questa gente e noi. Io ho sempre detto che fare muri non è una soluzione: ne abbiamo visto cadere uno, nel secolo scorso. Non risolve niente. Dobbiamo fare ponti. Ma i ponti si fanno intelligentemente, si fanno con il dialogo, con l’integrazione. E per questo io capisco un certo timore”. Di diritto degli Stati a gestire i flussi migratori ne aveva scritto nel settembre 2016 nel messaggio per la Giornata mondiale del migrante di quest’anno. Ben prima della linea Minniti.
“PENSIERO INCOMPLETO” MA CHIARO
È che il Papa figlio della Compagnia di Gesù che teorizza per i gesuiti un profilo dal “pensiero incompleto” e che per il suo pontificato mette come principale l’obiettivo di “avviare processi più che occupare spazi”, spesso viene tirato per la mozzetta dagli ultrà delle opposte tifoserie che ne interpretano e ricuciono parole e opere. Rischiando gli uni di risultare più bergogliani di Bergoglio, gli altri di dipingerlo nel santino dell’accogliente ad ogni costo. Così mentre benedice la linea di legalità del governo italiano, appena quindici giorni fa nel messaggio per la Giornata del migrante che si celebrerà nel 2018, Francesco aveva ribadito l’urgenza di “anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale”. Parole pubblicate dopo che il 10 agosto il presidente Cei, Gualtiero Bassetti, aveva tuonato sull’urgenza di difendere sempre il più debole, ma mettendo in guardia dal rischio che “neanche per una pura idealità, che si trasforma drammaticamente in ingenuità, si fornisca il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana”. Segnando una certa discontinuità tra alcuni ambienti ecclesiali italiani stizziti verso il codice Minniti sulle Ong. Così come a luglio il segretario di stato Pietro Parolin corresse il tiro del segretario Cei, Nunzio Galantino, valorizzando, riferendosi alle migrazioni, l’espressione dell’aiutiamoli a casa loro fatta propria da Matteo Renzi. Espressione che in un primo momento Galantino sembrava proprio non gradire.
GIUDIZI NETTI E DIPLOMAZIA AL LAVORO
Nel magistero delle interviste volanti di Francesco non mancano giudizi netti e difficilmente infraintendili. Suo bersaglio preferito è il presidente Usa Donald Trump, al quale anche l’altro giorno ha riservato una stoccata sulla politica verso i giovani dreamers. Ma anche sulle faccende italiane è stato tutt’altro che ambiguo. Non solo ha ringraziato lo sforzo del governo nel gestire le migrazioni. Ha anche elogiato “esempi bellissimi di integrazione” che si realizzano nel nostro Paese e, riferendosi alle condizioni dei campi in Libia, ha sottolineato: “Mi dà l’impressione che (il governo italiano, ndr) stia facendo di tutto per lavori umanitari, per risolvere anche il problema che non può assumere”.
COSA SVELA L’AGREEMENT VATICANO-ITALIA
La buona aria che sta restringendo le due sponde del Tevere, tra incontri di esponenti del governo Gentiloni con la Terza Loggia e lo stesso Francesco, verso dove soffia nel breve periodo? Stando al tema, probabilmente più che a questioni ormai archiviate e a giudizi come la linea sugli sbarchi e lo Ius soli, dal Vaticano si guarda avanti. Al piano per integrare i migranti al vaglio del Viminale. “Bisogna governare i flussi senza mai perdere l’umanità”, ha riassunto Minniti a inizio mese. Dichiarazione che dal Vaticano non possono non condividere. Francesco, e non da lunedì, lo va ripetendo. Per lui accogliere con prudenza, nel caso limitando gli accessi, ha un solo discrimine: quello della capacità di un Paese di integrare i migranti. Le parole dettate di ritorno dalla Colombia svelano probabilmente un impegno a coinvolgere ancora di più il Viminale e il governo del cattolico Gentiloni in questo senso.