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Ecco come le pensioni scaldano la campagna elettorale in Germania

Germania

“La politica non ci rappresenta”, questo pensa la maggior parte dei giovani tedeschi sotto i 18 anni. Almeno questo è quanto si evince da un’indagine realizzata dalla rivista per giovani “Bravo” insieme all’istituto di sondaggi YouGov. Una sfiducia che spiega anche il disinteresse dei neomaggiorenni per le elezioni. Così, nelle ultime politiche del 2013 la partecipazione al voto dei giovani tra i 21 e 25 anni è stata del 60,3 per cento, cioè più bassa di quella degli elettori più grandi. E sono soprattutto i giovani sotto i 21, cioè coloro che votano per la prima volta, a disertare le urne.

Il perché è la convinzione che la politica sia fatta da e per gente avanti con l’età. Secondo il sito Statista, nel 2015 gli over 65 anni in Germania erano il 21,1 per cento (percentuale in costante crescita) della popolazione, a fronte di una media tra i 28 paesi dell’Ue, del 18,9 per cento. Ed è una fetta di società, che diversamente dai giovani, a votare ci va molto più assiduamente. Serve dunque a poco (probabilmente) il fatto, che Angela Merkel si sia prestata la settimana scorsa a una intervista con quattro Youtuber molto conosciuti tra i giovani.

E come dare loro torto, ragiona il “Handelsblatt”, se si considerano per esempio le promesse elettorali dei socialdemocratici riguardo alle pensioni. Qualora queste venissero attuate, prosegue il quotidiano economico, non solo i costi sarebbero esorbitanti – 1.2 bilioni di euro – ma finirebbero per pesare in primo luogo sulle giovani generazione e su quelle che devono ancora nascere. Attuale il sistema pensionistico tedesco prevede che attraverso l’innalzamento progressivo dell’età pensionabile, entro il 2029 si smetterà di lavorare a 69 anni. L’attuale importo corrisposto a un pensionato è pari al 48 per cento dello stipendio, dopo 45 anni di contributi versati. Questa percentuale dovrebbe abbassarsi progressivamente, per arrivare nel 2030 al 43 per cento.

I socialdemocratici si sono sempre opposti a questa riforma, voluta peraltro nel primo governo di grande coalizione (2005-2009) proprio dal socialdemocratico Franz Müntefering, allora ministro del Lavoro. Tant’è che l’attuale titolare del dicastero, la socialdemocratica Andrea Nahles, già in novembre ha presentato una bozza di riforma, che prevede uno stop alle riduzioni al di sotto del 46 per cento dello stipendio.

Visto l’aumento della fascia di popolazione anziana il tema pensioni è da decenni una componente fissa delle campagne elettorali, non solo in Germania (dove, sempre secondo Statista costituirà il 34 per cento nel 2060), ma in tutti i paesi occidentali. Ed è da tempo che la politica tedesca dibatte, sul crescente rischio di povertà che corre e correrà soprattutto in futuro, questa fascia di popolazione. Secondo uno studio realizzato da DIW e ZE, due istituti di studi economici, e recentemente ripreso dallo Spiegel, nel 2036 un anziano su cinque sarà a rischio povertà. Già oggi la percentuale a rischio tra i neo pensionati è passata dal 16,2 al 20,2 per cento.

Ma mentre l’Unione (CDU e CSU) in questa campagna elettorale non promette nulla di nuovo, cioè la normativa vigente dovrebbe restare invariata come previsto fino al 2030, l’SPD, la Sinistra e i Verdi prevedono nei loro programmi elettorali lo stop alla diminuzione della percentuale sullo stipendio. Nell’attuale programma elettorale l’SPD promette addirittura di fermarsi all’attuale 48 per cento. Una promessa, scrive il Handelsblatt, che ovviamente non si potrà realizzare a costo zero. Il quotidiano cita in proposito uno studio appena realizzato dall’istituto Prognos. Secondo l’analisi, la riforma auspicata dai socialdemocratici comporterebbe fino al 2045 un costo maggiore di 1,245 bilioni di euro. Di questi, 1,1 bilioni di euro ricadrebbero sulle generazioni oggi non ancora nate. Cifre da capogiro che potrebbero però essere anche smentite. Come spiega l’esperto in materia Eckhart Bomsdorf al giornale Handelsblatt, previsioni in questo campo lasciano per certi versi il tempo che trovano. Basterebbe che nel corso dei prossimi 20 anni alcuni fattori e demografici cambiassero, per avere un quadro completamente diverso.

Per i politici gli orizzonti paiono però più ristretti. Sarà anche (come dicono i giovani) per la loro età. L’età media dei politici di CDU e SPD è di 60 anni, di CSU e Linke (Sinistra) 59, dei liberali dell’FDP 54 e dei Verdi 50 (dati Statista). Dallo studio di Prognos si evince inoltre, che della riforma auspicata dai socialdemocratici approfitterebbero innanzitutto gli attuali over 55enni, mentre a pagare sarebbero i non ancora nati. I primi risparmierebbe contributi per complessivi 25-30mila euro, chi è nato nel 2015 finirebbe per versare invece 15 mila euro in più nelle casse pensionistiche.

Solo che così facendo, osserva il Handelsblatt, verrebbe meno la promessa dei socialdemocratica di volersi impegnarsi a favore di una politica che dia pari opportunità a tutte le generazioni.


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