Manca una settimana alle elezioni federali tedesche del 24 settembre e due cose sembrano già certe: la vittoria della CDU di Angela Merkel (stimata fra il 37% ed il 40% nei sondaggi) e la sconfitta della SPD di Martin Schulz (20-23%). Aperta rimane la lotta per il terzo (ed il quarto) posto che deciderà la coalizione di governo attorno alla Cancelleria “eterna” per i prossimi quattro anni.
In pole position come futuri partner di minoranza del quarto governo Merkel, sarebbero i liberali dell’FDP, dati attorno al 9%, ma i loro voti, a scanso di sorprese dell’ultima ora, non basterebbero per formare un governo stabile. Per questo, prende sempre più piede, invece, l’opzione “Jamaica” ovvero di un governo che, accanto ai Cristiano Democratici della CDU e ai Liberali, includa la presenza dei Verdi (8-9%).
Verdi e Cristiano Democratici. Quella che ancora 12 anni fa sembrava un’alleanza impossibile, potrebbe diventare la formula dei prossimi quattro anni: il coronamento di una profonda metamorfosi del quadro politico a sinistra (e a destra) di Angela Merkel.
I Verdi e la Merkel. Nati nel 1980 come forza ecologista, liberale, ma di sinistra, i Verdi (ed i loro consociati della Germania Orientale, il Bündnis 90) sono nati come partito della sinistra intellettuale, degli accademici e della nuova borghesia cittadina.
Strettamente legati alla SPD, tanto da essere considerati per anni il “junior” partner di riferimento dei socialdemocratici sia a livello regionale che federale, i Verdi sono riusciti a radicarsi in vaste fette della società tedesca, soprattutto nella grandi città. Innovatori, sono stati il primo partito ad affrontare il tema della green-economy, dell’abbandono del nucleare e dell’integrazione, non a caso hanno visto per primi la candidatura di politici di origine turca, la minoranza più vasta in Germania.
La svolta nei rapporti fra il centro/centro-destra dei Cristiano Democratici ed i Verdi è legata ad una figura politica in particolare, Angela Merkel ed al totale rinnovamento del suo partito. Nel corso di questi 12 anni, infatti la CDU, considerata un partito conservatore e moderato, ha abbracciato le istanze ecologiste (la Germania è prima in Europa per uso delle energie rinnovabili) e sociali proprie dei Verdi.
Il segreto è stato quello di sapere cogliere il cambiamento della società anche se questo non corrispondesse alla propria visione personale del mondo. Si pensi alla legge per il matrimonio omosessuale, su cui Angela Merkel ha lasciato la libertà di voto ai propri parlamentari, pur votando contro: una prova di responsabilità sociale e di fiducia nelle istituzioni democratiche che fa capire perché la Cancelliera si avvia al quarto mandato.
Dal punto di vista economico, inoltre, i due partiti non differiscono di molto. La CDU mantiene un approccio liberale e moderato alla politica economica, ma anche qui la Cancelliera è stata capace di incanalare le nuove istanze del mondo del lavoro, prima fra tutte l’introduzione del salario minimo garantito.
L’ultimo passo per l’avvicinamento fra Verdi e Cristino-Democratici è stata la doppia di Winfried Kretschmann alla guida del ricco land sud-occidentale del Baden Württemberg (2011 e 2016). A Stoccarda, capitale del Land, i Verdi si sono confrontati per la prima volta nel governo effettivo di un land federale, per di più il più economicamente avanzato della Germania. Qui, dove l’elettorato è composta in gran numero di liberi professionisti, professioni creative ed imprenditoria locale, si è compiuta l’ultima rottura con il passato “socialista” del partito: i Verdi non sono più la stampella ecologista ed alternativa della SPD, ma si sono elevati al rango di partito “vero” capace di esistere anche all’esterno dei confini tradizionali della politica, come sottolineato dallo stesso Kretschmann.
“Non conosce nessuno migliore per il ruolo [di Cancelliere] che Angela Merkel”
Winfried Kretschmann
La fine della SPD. A rafforzare i legami fra Verdi e CDU, c’è stato anche il tracollo, nei numeri e nelle idee, della SPD. Negli ultimi 12 anni, i Socialdemocratici sono diventate le vere vittime della Grande Coalizione, avvenuta due volte, la prima dal 2005 al 2009, la seconda dal 2013 al 2017. In entrambi i casi le dinamiche sono state simili. Da una parte la capacità della CDU di accaparrarsi il merito degli interventi “sociali”, primo fra tutti il reddito minimo a 8,50 € l’ora. Dall’altra il completo schiacciamento verso il centro della SPD, non più scelta di governo “alternativa” al centro-destra, ma ottimo partner di minoranza propria della CDU. Non a caso, il 43% dei tedeschi non sarebbe contrario a proseguire sulla strada della Grande Coalizione.
Proprio da questo, invece, vorrebbe fuggire la dirigenza socialdemocratica anche se significasse condannarsi all’opposizione. Grazie agli 8 anni di governo con la CDU ed alle svolte “riformiste” di quest’ultima, la SPD ha perso gran parte del proprio elettorato più moderato, creando uno scollamento fra una base laburista ed una dirigenza centrista (sia l’attuale candidato cancelliere Martin Schulz che il vice-Cancelliere Sigmar Gabriel sono esponenti della corrente più moderata del partito).
Da partito innovativo, quello delle riforme degli anni 90, la SPD è diventato un partito della sinistra conservatrice, incapace di legarsi al nuovo elettorato trasversale e punteggiato di lavoratori atipici o liberi professionisti, rimanendo ancorato ad uno zoccolo elettorale, composto da operai e lavoratori tradizionali, non è più maggioritario nel paese.
Da qui nasce la ormai scontata futura debacle della SPD. Nonostante, infatti, le ruggenti speranze seguite alla candidatura di Schulz (ricordiamo che a Marzo il partito superò, per poco, il 30%), i socialdemocratici sembrano destinati a far segnare il proprio peggior risultato di sempre. Mai nella storia repubblicana, la SPD è scesa sotto il 23%, secondo gli ultimi sondaggi, sarebbe quasi un successo se riuscisse ad avvicinarsene.
Pubblicato in origine su: il Caffè e l’Opinione