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Come riformare la scuola classista e discriminatoria. Parla suor Anna Monia Alfieri

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Ricomincia la scuola. Il 12 settembre si apriranno le porte degli istituti scolastici per i circa 8 milioni di studenti italiani (8.826.893 nello scorso anno). Apriranno tutte le scuole pubbliche, statali (7.717.308 di studenti) e paritarie (1.109.585). Quest’ultime costrette tuttavia a subire ancora storiche discriminazioni: i genitori dei loro non pochi alunni dovranno mettere mano al portafogli per pagare un contributo, ciò che non faranno i loro colleghi delle statali: non importa se ambedue hanno pagato le medesime tasse. Le paritarie si troveranno private anche di numerosi insegnanti, “passati allo Stato” come si dice. Molti l’hanno fatto con dispiacere, ma non hanno scelta: se dicono di no alla chiamata, scompariranno per sempre dagli elenchi. Non esiste una sorta di graduatoria parallela che permetta agli insegnanti di passare liberamente dalla scuola paritaria alla statale e viceversa. Gli alunni portatori d’handicap hanno giustamente diritto a insegnanti di sostegno, ma le spese devono ricadere sulla scuola. Scuola paritaria che non ha ancora ricevuto dallo Stato i contributi (peraltro miseri) del gennaio-agosto 2017: forse gli Uffici Scolastici Regionali più virtuosi li erogheranno a fine settembre e ci si domanda come si fa a sostenere le spese.

Insomma, sono sempre gli stessi problemi. Tante le chiacchiere, poche le soluzioni. Anche “La Buona Scuola” ha fatto flop, era partita bene ma è finita male, diventando una sanatoria per i precari, producendo cattedre vuote o in sovrannumero a seconda dei casi.

“Il sistema italiano è classista, regionalista e discriminatorio”, dichiara suor Anna Monia Alfieri, (nella foto), voce autorevole e da anni in prima fila a rivendicare i diritti delle paritarie. “Classista perché impedisce ai più poveri di iscrivere i figli in scuole non statali, regionalista perché produce risultati molto diversi a seconda delle zone del Paese, e discriminatoria per i docenti che in fondo non sono liberi di insegnare dove vogliono, e se chiamati dallo Stato sono di fatto costretti ad accettare perché lavorando in una paritaria si guadagna di meno”.

Come uscire da questa situazione d’ingiustizia per cui l’Italia brilla all’interno dell’Unione Europea, vantando il sistema scolastico più costoso ed inefficiente? Andiamo al cuore del problema. Per risolverlo dobbiamo tenere presenti due aspetti fondamentali: la centralità dell’alunno, che ha a che fare con la dignità della persona umana, e la sostenibilità economica, dice suor Anna: “Smettiamola con interventi da ammortizzatori sociali – continua suor Monia – e poniamo innanzitutto al centro lo studente!” Il che significa permettere alle famiglie di far la scelta educativa che preferiscono per i loro figli. Significa inoltre dare agli studenti buoni docenti, per cui serve libertà di assunzione e mobilità. Ci deve essere autonomia, libera concorrenza sotto lo sguardo garante e non gestore dello Stato.

“L’Italia – stigmatizza suor Alfieri – è al 47° posto nella classifica mondiale della libertà di scelta educativa, ed è una eccezione negativa in Europa, dove meritocrazia, libera concorrenza tra privati e Stato, valutazione dei docenti e autonomia sono caratteristiche dell’offerta scolastica di quasi tutti i Paesi”. Oggi non tutte le famiglie italiane possono scegliere una scuola paritaria perché comporta un notevole aggravio di costi. La centralità dello studente e la libertà di scelta della famiglia si rapporta essenzialmente al problema della sostenibilità economica. È inaccettabile che ancora oggi, nell’anno scolastico 2017-2018 un milione di famiglie debba pagare due volte la scuola dei propri figli, prima con le tasse e poi con la retta!

Lo Stato ha stanziato, nell’anno scolastico 2015/16 49 miliardi e 418 milioni di euro per la scuola statale e 499 milioni per quella paritaria (dati Miur). Ogni studente delle statali riceve di conseguenza 6.403,528 di euro (solo di spese correnti dallo Stato, senza calcolare i contributi di comuni, province e regioni che innalzerebbero anche di molto la cifra, fino a circa 8mila euro); ogni studente delle scuole parificate riceve, da parte sua, la misera cifra di 532,06 euro. Evidente la discriminazione!

Anche il problema economico va dunque risolto e lo si può fare sempre ponendo al centro lo studente, con una proposta che farebbe addirittura risparmiare lo Stato. Come? Con l’adozione del “costo standard di sostenibilità per allievo”.

Lo spiega un video preparato grazie all’impegno di suor Anna e diffuso di recente.

È la sintesi della proposta avanzata dal volume Il diritto di apprendere pubblicato due anni fa a firma della stessa suor Monia Alfieri, del professor Marco Grumo dell’Università Cattolica di Milano e della dottoressa Maria Chiara Parola.

Fatti i debiti conti sulla base di classi di 25 alunni, ne deriva che il costo standard di sostenibilità per ogni alunno, di ogni scuola, statale e non statale, sarebbe di  5.441 euro, per un esborso totale a carico dello Stato di 47,1 miliardi. Ovvero 2,8 miliardi in meno di oggi.

Questo immaginando che non vi sia alcuna forma di compartecipazione, neanche da parte delle famiglie più abbienti. È chiaro che se un contributo fosse previsto, perlomeno per i più ricchi, la spesa totale dello Stato diminuirebbe ulteriormente. Per esempio, se immaginassimo che il 30% più ricco delle famiglie con figli in età scolare pagasse il 30% del costo previsto per ogni studente, ovvero circa 1.632 euro annui (136 al mese), avremmo una compartecipazione totale di circa 4,2 miliardi di euro, che farebbe aumentare a sette i miliardi totali risparmiati.

Insomma, individuato il costo standard annuale per un alunno, lo Stato dia il corrispettivo a ciascun studente perché la sua famiglia lo spenda nelle scuole, anche paritarie, che ritiene di scegliere. Con questi contributi tutti gli istituti dovranno autosostenersi e lo Stato risparmierebbe dai 2,8 ai 7 miliardi annui!

Il finanziamento anche alle paritarie richiederebbe ovviamente l’applicazione a tutti i loro insegnanti della retribuzione secondo il Ccnl.

Insomma il sistema del costo standard di sostenibilità risolverebbe gran parte dei problemi attuali: permetterebbe di soddisfare i diritti fondamentali degli alunni e delle loro famiglie, quello di apprendere senza alcuna discriminazione e di scegliere la scuola in cui essere educati; favorirebbe la concorrenza fra le scuole, rendendo più efficiente il sistema educativo italiano; gli insegnanti delle paritarie non sarebbero più discriminati nelle retribuzioni; lo Stato infine risparmierebbe notevolmente sulla spesa scolastica.

Il costo standard è l’unico modo per uscire dall’empasse attuale. Tertium non datur! Prossimamente si terranno in Italia le elezioni politiche. E suor Monia chiosa: “Il video presentato spiega il costo standard di sostenibilità. Ora, a fronte di una proposta seria, nessun politico che si candida potrà far finta che non esista”. E allora vedremo chi si prenderà le proprie responsabilità.

 


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