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Sindaci in bancarotta? Ecco cosa si dice tra i piccoli Comuni

Di Chiara Piraccini e Niccolò Mazzarino

Ci sono i sindaci delle grandi città definiti “in bancarotta” da la Stampa, e ci sono i sindaci di minuscoli Comuni che con una manciata di risorse tengono in piedi le loro comunità nel silenzio generale. E pensare che – magari non tutti lo sanno – il 70% dei quasi 8.000 comuni italiani ha meno di 5.000 abitanti. Ce ne sono addirittura alcuni che non arrivano nemmeno a 150 di abitanti, come accade a Cerignale, borgo di montagna nell’alta Val Trebbia dell’Appennino Ligure, ma in provincia di Piacenza. Dal 2009 il primo cittadino (area centrosinistra) è Massimo Castelli (nella foto), perito agrario con un incarico dirigenziale nella Comunità Montana Valli del Nure e dell’Arda. Da quasi tre anni è anche coordinatore dei piccoli comuni dell’Anci in quota Pd.

COSA ASPETTARSI DAL RUSH FINALE DI LEGISLATURA

Autunno, tempo di discussioni romane sulla legge di stabilità. L’ultima di questa travagliata legislatura. Dai piccoli comuni si alzano richieste al governo Gentiloni “all’insegna della semplificazione, per dare respiro alle nostre amministrazioni”, dice Castelli in questa conversazione con Formiche.net. “Norme di comunicazione, burocrazie e vincoli non fanno che aumentare – incalza il sindaco -, costringendo gli uffici ad una serie di lavori inutili. Ѐ giusto che ogni amministrazione si ponga degli obiettivi di bilancio, ma le scelte e le modalità che consentono il conseguimento di un risparmio dovrebbero deciderle le singole amministrazioni”. Un esempio? “Imporre un taglio lineare del 50% alle spese di consulenza esterna significa favorire ancora una volta chi esagera con le spese e quindi rientra nel nuovo limite senza troppi problemi. Ma chi non ha speso niente o quasi, cosa dovrebbe fare?”. Insomma, ai piccoli comuni “va riconosciuto il loro ruolo di responsabilità, non è possibile porli costantemente sotto tutela: la discrezionalità delle nostre politiche deve essere mantenuta”.

IL PROGETTO “CONTROESODO”

Castelli non è soltanto primo cittadino di un piccolo comune. E’ anche amministratore di un comune di montagna, il che complica ulteriormente le cose, almeno sotto il profilo amministrativo. Per questo nel maggio scorso con l’Anci ha lanciato il progetto “Controesodo” per contrastare lo spopolamento. “I piccoli comuni sono i territori del terremoto, delle colline e della marginalità, ma costituiscono anche l’Italia dei Borghi, quella conosciuta in tutto il mondo – spiega -. Oggi rischiamo di avere una desertificazione di molti territori e non bastano bonus rivolti a tutti per evitarla: serve una distinzione che colga le situazioni di reale svantaggio. Servono misure complessive che puntino ad evitare l’abbandono, nuove politiche per il lavoro, una fiscalità agevolata, un reimpiego delle terre, l’eliminazione del divario digitale che ci isola e, magari per le prossime legislature, la possibilità di un investimento e il lancio di veri e propri ‘bandi periferie’ che diano un futuro a queste comunità”. Anche qui un esempio aiuta a farsi un’idea. “Mentre nelle grandi città si registra il fenomeno dell’emergenza casa, nei piccoli comuni ci sono oltre 2 milioni di case sfitte. E’ possibile dare una risposta integrata a questo problema?”.

E IL PD CHE FA?

La domanda Castelli la indirizza senza troppi giri di parole al Pd, suo partito di riferimento. Anzi, gliel’ha già rivolta più volte, evidentemente senza successo. “In tutta onestà – ammette – sono anni e anni che si palesa una trasversale disattenzione verso questi temi. I partiti sono più attirati da ciò che succede dove il numero di elettori è più elevato”. Dato però che la campagna elettorale per le politiche è ormai alle porte, tanto vale reiterare le richieste. “Sono certo che il Pd si ricorderà delle nostre istanze, perché in fin dei conti un partito di sinistra ha nel suo dna principi di uguaglianza e di vicinanza a chi è più in difficoltà. Nei nostri borghi ci sono opportunità di sviluppo, dall’economia verde all’agroalimentare fino al turismo. Credo che i piccoli comuni rappresentino la nuova frontiera del west italiano da scoprire, e il Pd è l’unico partito che può fare emergere questo modello di sviluppo alternativo”.
Peraltro, all’interno del Pd Massimo Castelli mantiene ottimi rapporti. Come quello con Matteo Ricci, suo collega sindaco di Pesaro nonché vicepresidente Anci e responsabile Enti locali dei dem. Insieme hanno presentato una proposta per le gestioni associate dei comuni con l’idea di superare il modello avviato dall’ex ministro leghista Roberto Calderoli, che imponeva l’obbligo solo ai comuni sotto i 5000 abitanti. “Ma così alcuni territori rimangono spaccati in due – contesta Castelli -. La nostra proposta consiste invece nel dare al comune la libertà di scegliere un proprio bacino omogeneo, sulla base delle caratteristiche del territorio specifico, e di definire insieme ad altri comuni quali servizi condividere. In questo modo sarebbe possibile mantenere le singole identità e, al contempo, creare delle reti più coese ed efficienti”.

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