Per la prima volta dalla firma dei Patti lateranensi il nunzio della Santa Sede in Italia sarà un non italiano. Papa Francesco ha scelto uno svizzero, Emil Paul Tscherrig, 70 anni, originario di Unterems, nel Canton Vallese, attuale nunzio in Argentina. È la fine dell’eccezionalità italiana, come sottolinea lo storico Andrea Riccardi sul Corriere della Sera: in 88 anni di storia di rapporti diplomatici tra le due sponde del Tevere, a differenza di quanto accade normalmente nel mondo, l’ambasciatore vaticano è sempre stato un figlio del Belpaese.
RICAMBIO IN AMBASCIATA A ROMA CON L’ARGENTINA SULLO SFONDO
La nomina di Tscherrig semina anche un interessante indizio di come il Papa si muoverà in futuro nel ricambio delle gerarchie ecclesiastiche, del resto già ampiamente operato nel Paese di cui è primate. Perché Tscherrig è più in sintonia con Bergoglio di quanto lo fosse il predecessore, Adriano Bernardini. Francesco conosce bene entrambi: sia l’arcivescovo uscente che l’entrante sono arrivati a Roma dopo la nunziatura in Argentina. Con Bernardini i rapporti a Buenos Aires però sono sempre stati tesi. Non con Tscherrig, in Argentina per volere di Benedetto XVI da inizio 2012.
DIPLOMATICHE SINTONIE FINO AL VENEZUELA
Tscherrig e Bergoglio hanno avuto modo di frequentarsi poco più di un anno, prima dell’elezione al Soglio. Ma deve essere bastato a Francesco per entrare in sintonia, tanto da avergli affidato lo scorso anno il delicato incarico di suo inviato in Venezuela, col compito di dialogare tra le parti in causa. Pazienza se poi l’incarico è durato appena pochi giorni, e Tscherrig è stato sostituito da un altro arcivescovo, Claudio Maria Celli. Di ritorno dalla Svezia, l’1 novembre, rispondendo ai giornalisti il Papa dava ancora il nunzio in missione a Caracas. Costringendo la Sala Stampa vaticana a precisare il ricambio già avvenuto (qui).
I DIFFICILI RAPPORTI TRA NUNZIO USCENTE E BERGOGLIO
I più attenti osservatori di vicende vaticane davano la permanenza di Bernardini a Villa Giorgina, sede dell’ambasciata della Santa Sede in Italia, in bilico già dai primi mesi dopo l’elezione di Bergoglio. Proprio per i precedenti e gli screzi argentini. Non è andata così. Papa Francesco ha conservato il suo ambasciatore a Roma fino a scadenza. Ma a leggere le nomine episcopali operate in Italia, il suo ruolo di vaglio dei candidati all’episcopato sembra essere andato sempre più in sfumando: Bernardini non sembra aver toccato palla. Francesco ha lasciato che svolgesse le consultazioni di rito che competono ai nunzi, poi ha fatto di suo. Basterebbero i profili dei vescovi di Ferrara, Bologna e soprattutto Palermo. Di fatto il Papa non ha impiegato molto a sostituirlo: l’arcivescovo ha compiuto 75 anni a inizio agosto, e subito è stato congedato. Uno sgarro? Una rivincita rispetto ai conflitti vissuti a Buenos Aires? Lettura affrettata. È vero che l’età canonica per la pensione dei vescovi è quella dei 75, ma i nunzi si muovono di sede in sede e godono di trattamenti pensionistici privilegiati: non sono mancati ambasciatori ritirati già al compimento dei 70. Bergoglio avrebbe potuto agevolmente provvedere lo stesso per Bernardini, eppure ha atteso.
DALLE ALPI A ROMA: CHI CURERÀ I RAPPORTI TRA LE DUE SPONDE DEL TEVERE
Settant’anni, figlio di contadini delle Alpi svizzere, dopo la laurea in Diritto canonico e la prestigiosa Accademia ecclesiastica, Tscherring è entrato nel corpo diplomatico della Santa Sede nel 1978. Arcivescovo dal 1996, è stato nunzio apostolico in Burundi (1996), nelle Antille (2000), in Corea e Mongolia (2004), in Svezia, Danimarca, Finlandia, Islanda e Norvegia (2008) e, dal 2012, in Argentina. Ora arriva a Roma e San Marino. È dalla Repubblica del Titano che è trapelata la notizia della sua nomina, non ancora ufficializzata dalla Santa Sede. Il 28 agosto il Congresso di Stato sanmarinese ha espresso il gradimento alla nomina. E dato che il nunzio a San Marino è anche nunzio in Italia, significa che la scelta è stata presa anche per Roma. Per l’ufficialità non manca che il protocollare gradimento anche da parte del governo italiano.
VA IN PENSIONE UN ANTIDIPLOMATICO
Franco e diretto, sono agli atti omelie di fuoco del nunzio Bernardini in Argentina, con lavate di capo a quei vescovi che remano contro i Papi difensori della verità, mentre alcuni pastori sono “convinti che l’appartenenza alla Chiesa non comporta il riconoscimento e l’adesione a una dottrina oggettiva”. Era il 2011. L’attacco a Ratzinger, dentro e fuori la Chiesa, era quotidiano.
ANTICHI DISSAPORI SULLE NOMINE EPISCOPALI
Tra Bergoglio e il diplomatico in talare non è mai corso buon sangue. Elisabetta Piqué, accreditata come la più accurata biografa di Francesco, nel suo libro Vita e Rivoluzione tratteggia il ruolo dell’allora nunzio in Argentina fin dalle prime righe del capitolo dedicato agli avversari di Bergoglio tra le fila del clero. Bernardini arriva a Buenos Aires nel 2003, considerato vicino all’allora segretario di Stato, Angelo Sodano. Bergoglio è arcivescovo della metropoli e primate di Argentina. Con l’ambasciatore la rottura si consuma soprattutto sul metodo delle elezioni episcopali. L’arcivescovo di Baires e l’episcopato argentino suggeriscono candidati che da Roma e dalla nunziatura sistematicamente rivedono e correggono, preferendo altri profili, più conservatori. La vaticanista del La Nacion fa tre esempi di esponenti di spicco della fronda che accusano Bergoglio di non difendere la retta dottrina, di compiere gesti pastorali troppo audaci, di essere cedevole al governo. Cita José Luis Mollaghan, arcivescovo metropolita di Rosario, e quello di Resistencia, Fabriciano Sigampa. Poi c’è Héctor Aguer, arcivescovo di La Plata dal 2000, tre anni prima dell’arrivo di Bernardini. Tutti e tre sono conservatori. Da quando Bergoglio è Papa, solo Aguer rimane in sella, ma sta per compiere l’età per la pensione. Sigamba ha terminato il suo incarico per raggiunti limiti di età nel 2013. Più evidente rimozione quella di Mollaghan, richiamato a Roma nel 2014 a ricoprire un incarico curiale di non prima grandezza.
GLI SGARRI AL TEOLOGO DI FIDUCIA DEL PAPA
Ma c’è un altro episodio che segna lo scontro tra Curia romana, sua rappresentanza in Argentina e il cardinale di Buenos Aires. È su Víctor Manuel Fernández, teologo di fiducia di Bergoglio, che lo vuole rettore della Universidad Católica Argentina. Nominato nel 2009, deve aspettare due anni per prestare giuramento. Roma lo ostacola; non lo considera abbastanza ortodosso. E questo per dossier che arrivano in Vaticano dall’altra parte del mondo. È lo stesso Fernández a raccontarlo in un articolo indiscreto, uscito quando Francesco è già Papa. La guerra è finita, chi ha combattuto dall’altra parte è avvertito. Francesco aveva già risposto squillante, creando arcivescovo l’amico teologo appena due mesi dopo l’elezione, a titolare di una sede episcopale estinta. Titolo onorifico, dunque, dal momento che il monsignore rimane rettore dell’università ma, come ha scritto il vaticanista Sandro Magister, è da inserirsi nell’inner circle bergogliano: spesso a Roma, sarebbe tra i principali ghostwriter del Papa regnante per la stesura dei suoi documenti magisteriali.
COSA DEVE FARE UN NUNZIO SECONDO FRANCESCO
Tra i compiti principali di un nunzio apostolico c’è quello di provvedere alla provvista di Chiesa. Fuori dal gergo: di condurre le consultazioni per individuare i candidati da proporre alla Congregazione per i vescovi – oggi presieduta dal cardinale Marc Oullet – quindi al sigillo papale. Quanto cambierà nella scelta dei vescovi italiani sotto la nunziatura Tscherrig? Probabilmente poco. Semmai è una stabilizzazione di una rivoluzione cominciata da tempo. Nella Congregazione dei vescovi lavora già l’argentino Fabián Pedacchio Leaniz, segretario particolare del Papa. E Francesco dal 2013 ha rivisto molto la geografia episcopale italiana, nel segno della discontinuità. Il cambiamento dei vertici della Conferenza episcopale è completato: subito con il segretario Nunzio Galantino e da pochi mesi con la presidenza di Gualtiero Bassetti, entrambi in grande sintonia con il programma Francesco. Papa che sul profilo dei vescovi ha le idee chiare. Ne ha tracciato più volte l’identikit. Un intervento riassuntivo è del giugno 2013, fatto proprio rivolgendosi ai nunzi apostolici. Ai quali raccomandava di cercare candidati vescovi “vicini alla gente”, “miti, pazienti e misericordiosi”; amanti della povertà interiore ed esteriore, lontani da una “psicologia da principi” quanto dall’ambizione.