Russia, Cina e Iran: tre Paesi che la diplomazia della Santa Sede osserva con attenzione. Se in Russia, dopo la visita del Cardinale Parolin, cominciano a vedersi segni di speranza per la restituzione degli edifici sequestrati dall’Unione Sovietica ai cattolici, la Cina continua a rappresentare per la Santa Sede un luogo dove nulla accade secondo una logica precisa, e dove a momenti di apertura si succedono momenti di improvvisa chiusura. Infine, l’Iran, dove è stato in visita l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, con il quale i rapporti sono buoni, sebbene le comunità locali vivano momenti difficili.
RUSSIA
Due settimane dopo la visita del Cardinale Pietro Parolin a Mosca, un tribunale russo ha ordinato la restituzione alla Chiesa cattolica di un edificio che era stato sequestrato alla Chiesa dal governo sovietico. Non è ancora una decisione definitiva, perché la restituzione può essere ancora bloccata. Ma di certo è un raggio di luce in un percorso che è durato quasi 30 anni.
La conferma della restituzione è arrivata da monsignor Igor Kovalevsky, segretario generale della Conferenza Episcopale Russa, che ha spiegato come il caso sia stato “formalmente vinto”, ma che si deve ancora attendere “una piena risoluzione del problema.
L’edificio contestato è quello della chiesa di San Pietro e Paolo e degli edifici circostanti nella capitale del distretto di Lubyanka. L’arcidiocesi della Chiesa Madre di Dio, che è chiamata a restituire l’edificio, ha sottolineato di ignorare il “fatto documentato” che il complesso, completato nel 1946, avesse una funzione religiosa, e che fosse stato costruito con “fondi raccolti dalla Chiesa cattolica e i suoi parrocchiani”.
CINA
Mentre i colloqui Vaticano-Cina per un accordo sulla nomina dei vescovi sembrano in una fase di stallo, arriva come una doccia gelata notizia che dall’1 febbraio entrerà in vigore il nuovo regolamento sulle attività religiose in Cina. Un testo che sembra inasprire le misure contro le religioni che potrebbero minacciare la pace nazionale. D’altronde, Xi Jinping, che pure ha fatto grandi aperture con la Chiesa di Roma, ha recentemente parlato di una “sinizzazione” delle religioni.
Così, la situazione per sacerdoti e missionari si fa sempre più complicata, con penali altissime in caso di una sospetta attività contro lo Stato. “È un cammino ancora lungo”, ha detto il Cardinale Pietro Parolin recentemente. Resta da vedere quali saranno i prossimi sviluppi.
IRAN
L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, parteciperà questa settimana alla 72esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Ma, prima di partire, è stato in visita ufficiale in Iran dal 5 al 9 settembre. Si è trattato del rinverdire i rapporti – che sono già buoni – con l’Iran e anche di tendere una mano all’Islam sciita, dopo il grande momento di dialogo con l’Islam sunnita culminato nel viaggio in Egitto e nel ripreso dialogo con l’Università di al Azhar.
L’arcivescovo Gallagher ha parlato del viaggio in Iran con Radio Vaticana, sottolineando che ci sono stati “colloqui molto aperti” anche sulla situazione che vivono i cristiani in Iran, e più in generale del Medio Oriente.
Uno dei temi dei colloqui è stata la situazione dei rifugiati causati dall’avanzata dell’autoproclamato Stato Islamico, molti dei quali non torneranno nel loro Paese. Ma – ha deto anche l’arcivescovo Gallagher – i cristiani “sono un po’ come il cemento che tiene insieme la società del Medio Oriente”.
Il “ministro degli Esteri” vaticano ha anche parlato apertamente delle difficoltà dei cristiani in Iran con il ministro degli Affari Esteri e il ministro della Cultura, e ha avuto per risposta espressioni “molto lusinghiere sul ruolo e sull’operato dei cristiani”, nonostante le “regole del gioco” siano “molto impegnative per le comunità cristiane”.
Una visita del Papa a Teheran è comunque difficile, anche se ci sono rapporti positivi, perché “le buone relazioni con la Santa Sede dovrebbero essere supportate dalle buone relazioni con le comunità cristiane locali”.