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Tutte le strategie di Unicredit e Intesa Sanpaolo sui crediti deteriorati

Jean-Pierre Mustier

L’obiettivo è identico per tutte le banche italiane: ridurre l’ammontare di crediti deteriorati che si sono accumulati nei bilanci soprattutto a causa della crisi economica. Ma le modalità possono essere differenti. Sono un esempio in tal senso le due maggiori banche italiane, Unicredit e Intesa Sanpaolo guidate rispettivamente da Jean Pierre Mustier (nella foto) e Carlo Messina, che hanno avuto finora strategie molto diverse nello smaltimento dei non-performing loans.

DOSSIER NPL

In questo ambito il fattore chiave è il tempo. Una riduzione rapida degli npl migliora subito la qualità dell’attivo, ma è più costosa per gli azionisti (come è stato nel caso di Unicredit). Le banche che invece possono permettersi uno smaltimento più graduale, ricorrendo più alla gestione interna che alle vendite sul mercato, hanno minori benefici immediati nello stato patrimoniale, ma più soddisfazioni a livello di conto economico e di utili (così è avvenuto per Intesa). Nella scelta tra le possibili strade ha un peso rilevante la situazione di partenza e la velocità richiesta (dal mercato o dai supervisori) per pulire i bilanci.

ANALOGIE E DIFFERENZE

Moody’s ha osservato che oggi, per entrambe le banche, i crediti problematici lordi sono attorno a due terzi del capitale. Unicredit partiva da un più alto livello di crediti deteriorati e ha perciò fatto ricorso a manovre straordinarie. La banca ha registrato perdite per 11,8 miliardi nel 2016, in seguito a rettifiche ingenti che hanno permesso di aumentare i tassi di copertura e di liberarsi di un quarto degli npl, anche grazie all’operazione Fino. Unicredit ha ora meno crediti deteriorati e più accantonamenti di Intesa, ma ha dovuto chiedere agli azionisti 13 miliardi con il più alto aumento di capitale della storia di Piazza Affari.

I NUMERI

Intesa invece potrà dare ai soci quest’anno un dividendo di 3,4 miliardi, mantenendo la promessa di 10 miliardi di cedole nel piano 2014-2017. Ca’ de Sass ha raggiunto l’obiettivo anche perché non ha fatto rettifiche monstre cedendo sofferenze ai fondi. Al contrario ha impiegato 1500 persone con l’obiettivo di recuperare il massimo possibile dagli npl. Anche per questo motivo, nonostante tassi di copertura più bassi (soprattutto sugli incagli), la banca ritiene gli accantonamenti adeguati e non prevede significative rettifiche aggiuntive.

I RAPPORTI

L’altra faccia della medaglia è che la pulizia dei bilanci è più lenta. Unicredit vuole portare i crediti deteriorati lordi dall’attuale 11% dei prestiti totali all’8,4% nel 2019; Intesa dall’attuale 12,9% al 10,5% nel 2019. Per Moody’s «la diversificazione geografica di UniCredit in Germania, Austria ed Europa centro-orientale offre più riparo dal contesto operativo italiano più debole; Intesa Sanpaolo è concentrata in Italia, ma ha nel complesso un profilo di credito migliore grazie a migliori rendimenti nel Paese, diversificazione nel wealth management e una migliore gestione dei costi».

GLI SCENARI

Fino a pochi anni fa gli npl erano considerati un fastidio di poco conto, riservato agli uffici legali. Ora con la gestione dei crediti deteriorati si fa buona parte del bilancio. L’esperienza italiana mostra che non esistono ricette giuste a priori, ma soluzioni che sono valutate in base ai singoli portafogli e alla situazione economica e patrimoniale. L’unica certezza è che anche nei prossimi anni l’attenzione sul tema sarà alta, considerando anche che le banche italiane hanno ancora più crediti problematici della media europea, pur mostrando tassi di copertura più elevati.

(Articolo tratto da Mf/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)


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