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5G, Web Tax, cyber security. Cosa si è discusso al Consiglio europeo digitale

Appena dopo il Consiglio europeo a Lussemburgo del 19 e 20 ottobre, in cui l’Europa digitale finiva un po’ in ombra dietro la Brexit, i ministri delle telecomunicazioni si sono già ritrovati ieri, 24 ottobre, sempre in Lussemburgo. Il Consiglio, nella configurazione TTE, cioè trasporti, telecomunicazioni, energia, doveva preparare i temi per dicembre: dalla rete 5G alla cybersecurity. In contemporanea, a Parigi, si sono incontrati il Presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro irlandese, Leo Varadkar, sul tema della webtax. Insomma, una giornata dedicata al digitale (e al denaro).

COSA È GIÀ ACQUISITO E COSA RESTA DA FARE

Il Consiglio europeo del 19 ottobre ha detto che bisogna accelerare. Alle spalle ci sono la dichiarazione di Tallin del 29 settembre, che ha fissato i principi politici, e due risultati parziali: l’abolizione del roaming del 15 giugno scorso, dopo anni di lavoro, e la portabilità dei contenuti (come Netflix, Sky Now, TimVision, Infinity…) quando si va in un altro Paese europeo, a partire dal primo trimestre 2018. Non è proprio un mercato senza barriere, ma è qualcosa. Anche perché è l’Europa a dare le carte per la frequenza a 700 Mhz, dove sarà collocato il 5G della telefonia mobile: il Consiglio ha avvallato il calendario di attuazione, più veloce delle attese italiane, con le prime scadenze nei prossimi due trimestri. Poi in materia di cybersecurity si è parlato della proposta della Commissione che vuole far crescere l’Agenzia europea europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione, ENISA. L’Agenzia ha sede a Creta occupa poco più di cinquanta persone – ma qualcuno già si è spostato a Atene. A luglio 2016 è stata adottata la direttiva “NIS” sulla sicurezza informatica, che ha creato una rete di team nazionali di risposta rapida in caso d’incidente o attacco alle reti. Dalla funzione di semplice segretariato, ENISA dovrebbe passare a un ruolo di coordinamento e di impulso, rafforzando l’ambito della sicurezza e della difesa comune, quindi ben oltre il semplice business dello sviluppo. La riunione, anche senza decisioni, è stata quindi rilevante, come hanno detto la ministra che l’ha presieduta, l’estone Urve Palo e i tre Commissari competenti: l’estone Andrus Ansip  per il mercato unico digitale, il britannico Julian King per le politiche di sicurezza e la bulgara Mariya Gabriel per l’economia e la società digitali.

A PARIGI CON L’IRLANDA

Se lunedì 23 ottobre, il presidente francese Macron l’aveva spuntata sul tema dei lavoratori distaccati al Consiglio occupazione (come ha scritto Formiche.net), ieri all’incontro con il primo ministro irlandese Leo Varadkar è andata meno bene. Al Consiglio europeo del 19 ottobre la discussione sulla webtax aveva visto proprio un loro aperto confronto: ritrovarsi subito a parlarne sottolinea la facilità del dialogo all’interno dell’Unione e lo stile di due dirigenti di una più giovane generazione. Pur nel comune riconoscimento della necessità di una tassazione dei giganti del web, ognuno è restato sulle sue posizioni, confermando le divergenze e che il “confronto è aperto”. Per Varadkar, bisogna aspettare che l’OCSE stabilisca i principi comuni, per poi seguirli come Unione europea. Macron vede in questo approccio soltanto un modo per prendere tempo, visto che i colossi del web hanno per lo più sede in Irlanda, in ragione delle basse aliquote fiscali per le aziende. L’argomento di Macron è che se l’Irlanda rischia di perdere vantaggi nel breve termine, è anche vero che le aziende come Google e Amazon non lasceranno mai il mercato europeo, ricco e con 500 milioni di abitanti, che aspira all’innovazione e allo sviluppo. Così, la partita va avanti.

Nel mezzo, e per non perdere tempo, Macron e Varadkar hanno parlato del cavo elettrico sottomarino tra i due Paesi (Celtic Interconnector), della volontà di non ricreare una frontiera con l’Irlanda del nord a causa della Brexit, del peacekeeping in Mali, e del rafforzamento comune del commercio con i Paesi del Mercosur. Dulcis in fundo – per gli appassionati di stili diplomatici –  l’Irlanda – che parla inglese e celtico – diventa dopo l’incontro di Parigi anche osservatore nell’Organisation internationale de la Francophonie.

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