Andrej Babis ha vinto le elezioni generali in Repubblica Ceca, ma non è famoso come politico. È celebre per essere il secondo uomo più ricco del Paese (il primo è Petr Kellner) con un patrimonio di circa 4 miliardi di dollari. Nato a Bratislava nel 1954, i suoi principali investimenti sono nell’industria chimica, alimentare e della comunicazione.
L’IMPERO DELL’AGROCHIMICA
Di origine slovacca, Babis è proprietario della holding agrochimica Afrofert, che raggruppa circa 250 imprese del settore. Dal 2013 è proprietario del gruppo editoriale Mafra, che pubblica i giornali più letti della Repubblica Ceca. Nel corso degli anni ha dovuto affrontare molte accuse di frode fiscale, pressioni sui media e le voci che sia stato membro segreto della polizia nell’epoca comunista.
FORMULE ELETTORALI
Per gli elettori della Repubblica Ceca questi scandali non sono pesati al momento di votare. Secondo l’Ufficio di statistica ceca, il partito antisistema Ano di Babis ha vinto le elezioni con il 32 per cento dei voti, seguito dalla formazione antieuropeista Spd con l’11,5 per cento. Al terzo posto è arrivato il partito conservatore Ods con il 10 per cento, mentre il Partito Pirata ha avuto il 9,5 per cento e il Partito Comunista il 9 per cento.
Il partito Ano è uno dei più giovani d’Europa. Fondato nel 2011 dallo stesso Babis, la formazione si presenta come un partito “anti-politico” che ha come bandiera la lotta contro la corruzione, gli immigrati, l’euro e il resto dei partiti.
Nonostante il successo elettorale, Ano è lontano dai 200 seggi necessari per implementare le riforme costituzionali che vuole. Da quanto si legge sulla Bbc, “con altri otto partiti in Parlamento – dal centrosinistra all’estrema destra – ci sono molte opzioni sconcertanti per formare una coalizione”.
UN PROGRAMMA ANTISISTEMA
Populista, euroscettico e polemico, la vita politica di Babis è cominciata nel 2011, con la creazione di “Azione dei cittadini scontenti”, una fondazione basata sui principi antisistema. La formazione politica si è presentata alle elezioni parlamentari nel 2013 ed è arrivato al secondo posto, riuscendo a fare parte della coalizione di governo. Dal 2014 Babis è stato ministro delle Finanze e vice primo ministro incaricato all’Economia. Il suo programma: una piattaforma anti-corruzione che si piantava con fermezza di fronte alla classe dirigente e l’Unione europea.
TRA SCANDALI ED INDAGINI
A febbraio del 2017 è stata approvata la normativa sui conflitti d’interessi, la cosiddetta Lex Babis, ma l’imprenditore aveva rimediato trasferendo tutte le sue proprietà ad un fondo fiduciario. Invece le accuse formali per avere finanziato con fondi europei la costruzione del centro di conferenze “Nido Cicogna” hanno messo fine alla sua carriera come ministro. Persa l’immunità parlamentare, ha dovuto affrontare un’inchiesta con l’unità anti-frode dell’Ue e con la polizia ceca.
SULLA RUSSIA E L’UNIONE EUROPEA
Babis si oppone all’adozione dell’euro e alle quote dei rifugiati proposte dall’Ue, ha manifestato ostilità nei confronti degli immigrati musulmani. Vuole amministrare la Repubblica Ceca come un’impresa, sostenendo che le sue iniziative, quando era ministro delle Finanze, aiutarono a ridurre le tasse e mettere i conti dello Stato in ordine.
Sulla Russia, non si sa cosa pensi Babis. Per il giornalista Ondrej Kundra del settimana ceco Respekt, “non è un uomo del Cremlino, […] ma nemmeno è a favore dell’Unione europea. Si trova, diciamo, più o meno al centro”.
UN POLITICO COME POCHI
L’ex parlamentare europeo di Ano, Pavel Telicka – che era molto vicino a Babis fino a quando si sono scontrati su alcuni temi di politica estera – ha detto alla Bbc che “ci sono pochi politici cechi come Babis, che lavorano duro, risoluti e ottimi amministratori. […] Nella Repubblica Ceca non ci sono politici che parlano tutte le lingue che lui parla. Non ci sono molte persone che hanno in rubrica i numeri diretti di Schauble o Macron come lui. […] Rimane l’interrogativo su quale direzione prenderà il governo con lui come primo ministro. Per me, dopo l’esperienza degli ultimi mesi e i disaccordi, resta un grande dubbio”.