Sono in tutto sei i partiti che si presentano alle elezioni parlamentari austriache questa domenica. Ordinandoli in base ai sondaggi, al primo posto, con il 33 per cento, si trova il partito popolare Övp, guidato dal giovane Sebastian Kurz, attualmente anche ministro degli Esteri. Al secondo, con il 27 per cento, il partito nazionalista Fpö guidato da Heinz-Christian Strache, mentre solo al terzo posto, con il 23 per cento, si trova quello socialdemocratico, Spö, guidato dall’attuale cancelliere Christian Kern. Seguono il partito di stampo liberista Neos (6 per cento), i Verdi (5 per cento) e la neonata lista progressista Peter Pilz, che porta il nome del suo fondatore ed ex figura storica dei Verdi. Anche questa lista dovrebbe farcela a entrare nel nuovo parlamento.
Ma è chiaro che tutti gli occhi sono puntati sui tre grandi, perché sarà uno di loro a determinare il corso della prossima legislatura. E se gli elettori confermeranno i sondaggi il primo a provare a formare un governo sarà Kurz. E lui con chi intenderà governare? Tutti puntano sull’Fpö, per quanto, stando ai punti salienti dei programmi elettorali, sarebbero possibili anche altre coalizioni. Per esempio tra socialdemocratici e Fpö. E in effetti, mesi fa, quando i socialdemocratici godevano di molto più consenso, il cancelliere Kern non solo non aveva escluso una coalizione con questo partito nazionalista, ma si erano già fatte prove di dialogo tra lui e Strache. Incontri televisivi che intendevano mostrare che in fondo l’Spö era meno permissiva e l’Fpö meno xenofoba di quel che normalmente si dice.
E che i nazionalisti dell’Fpö non sia solo un ipotetico partner per i popolari, ma che avrebbero potuto esserlo anche per i socialdemocratici lo si evince dai punti salienti dei rispettivi programmi elettorali. Per esempio per quel che riguarda i migranti (la parola stranieri non la usa nemmeno più Strache), la politica di accoglienza, il diritto d’asilo.
Lo slogan dell’Övp è aiutiamoli a casa loro. Oltre agli aiuti e allo sviluppo in loco, il programma dei popolari prevede anche “l’insediamento”, il “resettlement”. Di fatto una legge sull’immigrazione che stabilirà quante persone possono entrare e con quale tipo di qualifica professionale. Chi tra i migranti verrà invece salvato in mare, sarà portato in “rescue-center” (centri di salvataggio) fuori dall’Ue, e lo stesso vale per coloro che sono entrati in modo illegale nel paese.
L’Fpö punta invece alla difesa delle radici: “Salvaguardiamo la popolazione autoctona e cultura austriaca”, recitano i cartelloni elettorali. Dunque no a nuovi arrivi. Per chi ha fatti richiesta d’asilo asilo non ci dovranno più essere aiuti economici ma solo materiali. Diverso almeno nel tono il programma Spö, anche se nei fatti il partito si è vieppiù spostato su posizioni di chiusura, introducendo e difendendo il numero massimo di migranti che possono entrare in Austria in un anno. Per il resto si punta a una via che ricorda in parte quella italiana: collaborazione più stretta con i Paesi dell’Africa subsahariana; creazione di un sistema unitario europeo di riconoscimento del diritto; equa ridistribuzione degli oneri tra gli stati membri e un piano Marshall per stabilizzare il Nord Africa.
Poi c’è il fronte tasse. I socialdemocratici non solo promettono sgravi fiscali, soprattutto riguardo ai contributi sociali che versano i datori di lavoro, ma anche una tassa sui patrimoni più ricchi così come su eredità il cui valore supera il milione di euro. D’altro canto in Austria si contano 148 mila milionari e 36 miliardari.
Di avviso opposto è l’Övp. Secondo i popolari i profitti delle società di capitale vanno tassati solo se non vengono reinvestiti ma distribuiti in forma di dividendi. Kurz è anche contrario a un assegno minimo di sussistenza pari a 1500 euro mensili, mentre l’Fpö sarebbe disposta a sostenere questa proposta socialdemocratica, a patto che ne possano usufruire solo gli autoctoni.
I nazionalisti sono invece contrari a tassare le eredità, un atto che reputano una beffa per chi ha lavorato sodo per mettere insieme il suo patrimonio, per giunta già tassato. Per quel che riguarda invece l’assegno di sussistenza questo andrebbe riconosciuto solo agli austriaci. Non sono solo gli stranieri extracomunitari potrebbero essere sottoposti a trattamento diverso, anche i cittadini Ue, potrebbero in futuro poter avvalersi dell’assistenza sociale solo dopo aver vissuto cinque anni in Austria.
Il grande assente in questa campagna elettorale è stata invece l’Unione Europea. E’ vero che Kurz si è sempre dichiarato un europeo convinto, anche se per lui l’Ue dovrebbe delimitare il proprio raggio di azione a questioni economiche, commerciali e di sicurezza delle frontiere esterne. Il punto di domanda è se, con anche il nazionalisti nel governo, l’Austria non diventerebbe una sorta di testa di ponte del riottoso gruppo di Visegrad, cioè Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia.