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Perché Beppe Severgnini non mi ha convinto su 7 del Corriere della Sera

Beppe Severgnini su 7, il settimanale del Corriere della Sera, ci offre il suo punto di vista sul futuro dell’informazione e sulla crisi dell’editoria italiana paragonata alla vivacità di quella Usa (non manca ovviamente di parlare della sua collaborazione per qualche testata d’Oltreoceano, una auto citazione non guasta mai).

Ok tutto condivisibile: numeri corretti, ma paragone impossibile da fare e poco utile vista la diffusione della lingua inglese rispetto a quella italiana.

Peccato che manchino alcune considerazione di base:

1) l’arretratezza tecnologica e digitale dell’Italia rispetto agli Usa.

2) l’età media della popolazione: l’Italia è il Paese più vecchio d’Europa e se non ricordo male il 2° al mondo dopo il Giappone. Quindi è logico che il pubblico più importante e principale, quello over 45-50 anni, seppure in calo costante, continui a puntare sulla carta stampata. Ps: questo è il target alto-spendente nonostante le tante elucubrazioni sui giovani che son trend setter.

3) i giovani, lo sanno anche i muri, pure in Italia si informano online, sui social e attraverso gli OTT: non per nulla Google, Facebook & Co. stanno demolendo il mercato della pubblicità, ovviamente senza pagare le tasse nei singoli paesi di riferimento

Ps: certo che se gli tutti editori (alcuni invero come Cairo e ora anche il gruppo Gedi lo stanno facendo), come avviene negli Usa, investissero di più sarebbe più semplice.

Ecco, se l’analisi di Severgnini fosse stata completa…

(estratto di un post pubblicato sul profilo Facebook di Andrea Montanari)

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