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Bitcoin e criptovalute, sta per scoppiare una bolla?

Di Rob Curran

Se si chiede in giro un parere sulla bolla dei bitcoin probabilmente ci si sentirà rispondere: interessante, ma non mi toccherà direttamente. Dopotutto non stanno investendo in bitcoin, quindi se scoppierà una bolla andrà tutto bene. Invece dovrebbero cominciare a preoccuparsi.

Negli ultimi anni il mercato delle criptovalute, utilizzati per trasferire denaro tra i computer di singoli individui a fronte di commissioni minime, è cresciuto ed è sempre più connesso anche ai mercati finanziari, tendenza che continuerà. Il bitcoin è ora scambiato anche tra investitori istituzionali attorno ai quali ruotano i mercati di azioni e bond. Stando a quanto riportato dal Wall Street Journal, Goldman Sachs sta valutando l’avvio del trading sul bitcoin. Peraltro, le criptovalute sono utilizzate anche da diverse società per raccogliere fondi.

Mentre la bolla si gonfia, secondo gli analisti, un eventuale crash ha più probabilità di influenzare il sentiment sul mercato azionario, soprattutto nei settori hi-tech e finanziario. “Qualsiasi scoppio di bolla fa dei danni collaterali”, spiega Joe Kinahan, chief market strategist di TD Ameritrade. Tech e finanziarie “chi ha investito significativamente nell’infrastruttura, il blockchain, sarà tra i primi a subirne gli effetti”, avverte Kinahan. Quel che preoccupa molti osservatori è che in meno di sei mesi il prezzo del bitcoin è passato da circa 1.000 dollari a 5.000. Ora è tornato a 4,400 dollari. Ma a inizio 2016 trattava a meno di 400 dollari, portando il guadagno sui 18 mesi al 1.000%. Tuttavia, deve ancora avere impiego diffuso all’infuori della speculazione, e i moniti su una possibile implosione del ceo di JP Morgan Chase, James Dimon, e altri pezzi grossi sembrano qualcosa in più che semplici lamentele di un bastian contrario.

Secondo il sito Cointelegraph, a circa 150 miliardi di dollari, la capitalizzazione di mercato di bitcoin e altre criptovalute è aumentata di circa otto volte quest’anno. A questo ritmo di crescita, quella che ora è una parte ridotta degli asset investibili a livello globale potrebbe diventare significativa, afferma Lorenzo Di Mattia, manager dell’hedge fund Sibilla Global Fund e studioso di storia della speculazione. Entro il 2018, Di Mattia prevede che la bolla sarà arrivata al punto da innescare un’onda d’urto nel mercato azionario se dovesse scoppiare.

Secondo un altro analista il bitcoin è in una fase si sviluppo analoga a internet nel 1994, l’inizio della bolla speculativa. “È una nuova tecnologia che la gente cerca ancora di capire”, ammette Matthew Gertler, analista e consulente senior di Digital Asset Research, che fornisce ricerche agli istituzionali sulle criptovalute. A onor del vero, la maggioranza del settore finanziario concorda sul fatto che bitcoin e blockchain, la sua infrastruttura di base, siano grandi invenzioni; anche se Dimon di J.P. Morgan si fa beffe del bitcoin e definendolo una “frode”, la sua banca sta lavorando alla propria versione di blockchain. L’invenzione del bitcoin risale a un progetto del 2008 firmato da Satoshi Nakamoto e circolato liberamente sulla rete. Quando un proprietario di bitcoin trasferisce un gettone a un altro soggetto, pubblica la transazione sulla blockchain, un semplice libro contabile su internet, firmandolo con una stringa univoca di numeri e lettere.

I miner verificano la transazione, lavoro per il quale sono pagati in bitcoin nuovi di zecca. Per gli utenti, le commissioni sono basse e le transazioni sono, in teoria, a prova di truffa. Comunque, il bitcoin non ha ancora dato prova di poter sostituire il dollaro e le altre monete. “Per essere un successo dovrà conquistare ampie fette in diversi mercati: rimesse, pagamenti, carte prepagate”, spiega Gertler. Intanto la speculazione, guidata dalle speranze di una più ampia adozione, ne ha ridotto l’utilità come mezzo di scambio. “Diciamo che accetti di comprare un’auto in bitcoin e il prezzo di sabato è 32 mila dollari e, a causa dell’oscillazione, il lunedì è di 41 mila dollari”, dice Kinahan di TD Ameritrade . Un crollo delle principali criptovalute avrebbe quasi certamente compromesso le azioni di Nvidia, chip maker che ha ottenuto il più grande rialzo percentuale dello S&P 500 nel 2016, e la rivale Advanced Micro Devices. Entrambe hanno visto nei dati trimestrali che i miner sono una fonte chiave di domanda di chip grafici, le cui vendite a questi operatori hanno pesato per il 6,7% sui 2,2 miliardi di dollari fatturati nel secondo trimestre da Nvidia. “Chiunque dipenda per più del 5% del business dalla crittografia rischia di veder crollare le quotazioni in borsa molto rapidamente” se scoppia la bolla, afferma Kinahan.

Tra le altre società a rischio ci sono le fintech. I titoli inclusi nell’Etf Global X FinTech (Finx), sono cresciuti del 43% nel 2017. “Gran parte dell’innovazione nella tecnologia finanziaria è legata alla blockchain”, spiega Gil Luria, di DA Davidson. “Quindi se i valori dei crypto asset calano e ciò viene associato alla blockchain, può innescarsi un effetto trascinamento”.

Un’altra paura riguarda le criptovalute come canale di finanziamento delle start-up. Aziende, come Kik Interactive, una chat per adolescenti, sfruttano sistemi simili al bitcoin per raccogliere in fretta milioni di dollari dagli investitori, aggirando le norme sulle ipo ed evitando le richieste dei venture capitalist. “In doversi casi le società non avevano ancora un prodotto quando hanno collocato le cryptomonete” sottolinea Gertler. Di recente le azioni del retailer online overstock.com hanno volato sull’annuncio che la società studia una piattaforma di trading per le Ico. “Eventuali cali dei prezzi delle criptovalute potrebbero danneggiarla”, dice Luria. Le frodi in ambito Ico, intanto, hanno indotto le autorità cinesi a chiudere le locali piattaforme di scambio di bitcoin, affossandone il prezzo del 20%.

Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Traduzione di Giorgia Crespi



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