Primi giorni di Borsa in positivo per il Monte dei Paschi di Siena. Rientrate a Piazza Affari il 25 ottobre con una valutazione prudenziale di 4,28 euro l’una, al termine delle negoziazioni di venerdì 27 ottobre, le azioni della banca guidata da Marco Morelli (in foto) valevano 4,736 euro, per una capitalizzazione complessiva di quasi 5,4 miliardi di euro. Nel frattempo, domenica 29 ottobre, l’istituto di Rocca Salimbeni ha comunicato che, in mancanza del necessario decreto del ministero dell’Economia, l’offerta pubblica di scambio e transazione alla base del ristoro pubblico per gli ex obbligazionisti subordinati frodati (che ora si trovano in mano le azioni Mps) non potrà prendere il via lunedì 30 ottobre.
LE RAGIONI DEL RIALZO
È vero che soprattutto nella prima seduta c’è stata qualche turbolenza, ma il forte ribasso che tanti temevano non si è verificato. Anzi. Come mai? Il Sole 24 ore cita anzitutto, nella prima seduta di rientro in Borsa, “alcuni problemi tecnici legati alla mancata modifica tempestiva del codice Isin delle azioni derivanti dai subordinati, che hanno frenato eventuali vendite”. Dopodiché, sempre il Sole 24 ore ipotizza che, in seguito all’andamento del primo giorno di ritorno a Piazza Affari, alcuni venditori, soprattutto tra quelli più piccoli, i cosiddetti retail, potrebbero essersi convinti a non vendere più. “Non è da escludere peraltro – aggiunge il quotidiano- che alcuni investitori, al netto delle valutazioni tecniche sui fondamentali, stiano scegliendo di rimanere fermi con il titolo in portafoglio. Un po’ per attendismo, un po’ anche nel convincimento (giusto o sbagliato che sia) che l’uscita obbligata dello Stato dal capitale possa generare valore, in uno scenario di operazioni di consolidamento”.
LA PERDITA DEL TESORO
In ogni caso, il prezzo di Borsa di Mps di venerdì sera implica che la partecipazione del Tesoro, pari al 52,2%, vale poco più di 2,8 miliardi: più dei circa 2,4 miliardi deducibili dal prezzo iniziale di rientro a Piazza Affari ma in ogni caso meno dei 3,85 miliardi (o 6,49 euro per titolo) spesi dal ministero dell’Economia per l’aumento di capitale riservato che ha consentito la ricapitalizzazione precauzionale. La perdita potenziale del Tesoro, dunque, si riduce al momento in area 1 miliardo. Va poi considerato che potrebbe crescere alla luce dei rimborsi statali da un totale di 1,5 miliardi agli ex obbligazionisti frodati (che hanno subito la conversione forzosa dei loro titoli in azioni al prezzo di 8,65 euro l’uno con l’applicazione del burden sharing, ossia della condivisione degli oneri). Con i ristori, il ministro guidato da Pier Carlo Padoan potrebbe salire fino al 71% del capitale dell’istituto di credito di Rocca Salimbeni, come riportato dal prospetto preparato nei giorni scorsi per il rientro in Borsa delle azioni.
I RAPPORTI TRA SOCI
Se il Tesoro al momento ha in portafoglio poco più del 52% di Mps, con la possibilità di salire fino al 71%, ci sono altri azionisti rilevanti. A cominciare dalle Assicurazioni Generali, che ora possiedono il 4,3% della banca senese in seguito alla conversione delle obbligazioni subordinate di Mps che avevano in portafoglio. Le assicurazioni francesi di Axa, invece, storiche socie del Monte, con la ricapitalizzazione precauzionale che ha fatto salire lo Stato al controllo e che ha fatto scattare il burden sharing, si sono fortemente diluite dal 3,17 allo 0,038% del capitale della banca senese. A questo punto, si pone qualche questione. Lo evidenzia su Repubblica Vittoria Puledda, che scrive: “La compagnia francese ha due joint venture di lunga data con il Monte, vita e danni, appena rinnovate per altri 10 anni (fino al 2027). Ma, rende noto il prospetto (relativo al ritorno in Borsa di Mps, ndr), gli accordi prevedono la possibilità di put e call incrociate (diritto a vendere e a comprare) in determinate circostanze, compreso il cambio di azionariato”. I francesi potrebbero dunque decidere di fare un passo indietro? Mps nel prospetto ricorda che se Axa dovesse esercitare l’opzione di vendita, per una qualsiasi ragione prevista dai patti parasociali, potrebbero esserci “possibili effetti negativi sulle attività e sulla situazione economica, patrimoniale e/o finanziaria” della banca.