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Che cosa (non) si è deciso sulla Brexit al Consiglio europeo

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Al Consiglio europeo di Bruxelles del 20 ottobre 2017 si è deciso di andare avanti sulla Brexit, con un ottimismo di facciata e sperando di fare progressi, visto che finora quasi non ce ne sono. Pare che sia stato suggerito di scrivere nelle conclusioni del Consiglio europeo a Ventisette “qualche parola gentile” a favore del primo ministro britannico, Theresa May. In conferenza stampa la premier si è dichiarata “positiva e ottimista”, mentre il presidente francese Emmanuel Macron ha fatto notare che chi aveva promosso la Brexit non ne aveva spiegate le conseguenze. Il testo finale dell’incontro ricalca questa situazione: si va avanti, ma il lavoro da fare è molto, e intorno a tre punti, secondo i Ventisette.

DIRITTI DEI CITTADINI

Per Theresa May, l’accordo sulla protezione dei cittadini è a portata di mano, ma anche qui bisogna inventarsi qualcosa. Per i Ventisette, non bastano le volontà, come quelle espresse nel discorso di Firenze del 22 settembre scorso. Occorrono basi giuridiche e garanzie, che devono permettere ai cittadini europei di esercitare i loro diritti derivanti dalla normativa europea, senza che si costruiscano appesantimenti amministrativi (come si è già visto) e mantenendo l’attuale ruolo della Corte di Giustizia europea. Sono punti di contrasto ancora da risolvere, specie quello sulla Corte.

Va peraltro notato che questo principio di tutela dei diritti dei cittadini e di non discriminazione nazionale si applicherebbe con reciprocità. Esso riguarda anche i cittadini irlandesi che vivono o risiedono nell’Irlanda del Nord. Sono fatti di interesse per un gran numero di persone, per l’assistenza sanitaria, la previdenza, l’educazione e la famiglia, l’accesso ai più svariati servizi. Allo stato attuale, le legislazioni hanno un alto grado di convergenza, ma le differenze potrebbero aumentare con il tempo, e così gli effetti sui cittadini, anche in Irlanda, appunto.

IRLANDA

I punti fermi e condivisi rimangono l’assenza di una futura frontiera, perlomeno “rigida”, con l’Irlanda del Nord – come ha detto Theresa May e come si legge nelle conclusioni – il mantenimento dello Spazio comune di viaggio (Common Travel Area) e la salvaguardia dell’Accordo di pace del Venerdì Santo del 1998, che mise fine al conflitto nell’Ulster. Questi sono i buoni propositi: mentre rimane il problema dei controlli, che da qualche parte andranno fatti. Se a settembre il Regno Unito aveva ipotizzato, come soluzione flessibile, una disapplicazione del diritto europeo in Irlanda, oggi i Ventisette rilanciano la palla nel campo britannico, invitando Londra a formulare una proposta appunto “immaginativa” per la situazione specifica irlandese. In altre parole, si apre all’ipotesi di una condizione di specialità per l’Irlanda del Nord, che ha due caratteristiche: è collocata fisicamente in un’isola e in un territorio condiviso e dall’altra appartiene al Regno Unito. In altre parole – si capisce – per avere una frontiera leggera o nessuna frontiera, la specialità va creata in Irlanda del Nord, e non altrove.

LE QUESTIONI FINANZIARIE

Nelle direttive negoziali del 22 maggio, l’Unione europea aveva indicato che il regolamento dei rapporti finanziari avrebbe tenuto in conto tutti i fattori di partecipazione del Regno Unito all’Unione europea (Agenzie, fondi, programmi), a cui si aggiungono i costi di trasloco delle Agenzie collocate sul suo territorio, l’Agenzia europea per i medicinali e l’Autorità bancaria europea. Era corsa voce di una disponibilità britannica a pagare un forfait di 20 miliardi di euro, che nei corridoi del Vertice sono diventati 40, ma si è capito che non sarà questo il metodo. Il calcolo sarà fatto voce per voce, e Theresa May ha quindi ammesso che se ne parlerà nel testo dell’accordo finale.

LE PARTITE APERTE

Il commercio non figura nettamente nelle conclusioni, ma tutti ci stanno pensando, e qualcosa è anche stato detto. All’interno dei Ventisette, si farà un esercizio per formulare una proposta comune, mentre alcuni Paesi stanno già analizzando i propri bisogni e volontà, dalla stessa Germania (che ha un documento riservato di quattro pagine raccontato su Formiche.net) alla Svezia, che il 18 ottobre ha dato mandato alla propria agenzia per il Commercio estero (Kommerskollegium) di svolgere un’analisi appropriata.

I capitoli da sviluppare sono poi ancora numerosi: dalla cooperazione in materia amministrativa e giudiziaria fino alle proprietà di Euratom collocate nel Regno Unito. Tutti temi che si possono risolvere, e che alla fine non sembra abbiano così tanto infiammato animi e destini. La Brexit non è più la grande catastrofe del giugno 2016, ma un soltanto un grosso problema da trattare, e da affidare a un sistema decisionale piuttosto rodato.

D’altra parte, come notava il Wall Street Journal, alla riunione annuale del Fondo Monetario Internazionale, dal 13 al 15 ottobre a Washington, la Brexit era una vicenda quasi secondaria, e non una delle priorità, malgrado l’opinione soggettiva dei delegati britannici.



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