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Perché D’Alema e Pisapia non stanno più Insieme

D'Alema

L’augurio -si fa per dire- di “buon viaggio” lanciato nel Brindisino, terra pugliese a lungo dominata da Massimo D’Alema, è stato formalmente rivolto all’ex capogruppo del Pd alla Camera Roberto Speranza: 38 anni, di Potenza. Intesa naturalmente come città, perché di potenza intesa come forza il giovanotto ne ha obiettivamente poca, per quanto grandi siano le sue ambizioni politiche, specie da quando D’Alema ha deciso di adottarlo politicamente, sperando che non faccia la fine di tanti altri che poi lo hanno abbandonato, o ne sono stati abbandonati sprezzantemente per avere osato dissentire da lui, o cercare di camminare sulle proprie gambe. Com’è accaduto al ministro dell’Interno Marco Minniti, di cui l’ex presidente del Consiglio ha detto di recente, accollandogli curiosamente la responsabilità o titolarità dei campi libici in cui sono ammassati come beste i migranti in attesa di imbarchi clandestini verso l’Italia: “efficiente a contenere partenze e arrivi, ma a che prezzo?”. Al prezzo, evidentemente, della disumanità.

Il destinatario dell’augurio di Pisapia di “buon viaggio” è stato dunque il giovane potentino Speranza, che in una intervista al Corriere della Sera lo aveva appena scaricato dal convoglio che gli scissionisti del Pd hanno deciso di mettere sui binari il 19 novembre, o giù di lì, per fare poi una vigorosa campagna elettorale contro l’odiato Matteo Renzi, colpevole di tutte le più grandi nefandezze subite dall’Italia negli ultimi quattro anni, quanti ne sono trascorsi all’incirca dal trasferimento dell’allora sindaco di Firenze nei palazzi romani del potere.

Ma Speranza è un giovane esangue anche a guardarlo, con quel pallore che gli rimane in faccia, forse per via della barba, anche dopo avere preso il sole ventiquattro ore: il sole inteso naturalmente come la stella di fuoco, e non come il giornale della Confindustria di una delle tante barzellette che circolano sui due carabinieri italiani che vanno all’edicola anziché sulla spiaggia, come ordinato dal loro comandante a fare i controlli su una spiaggia ininterrottamente per l’intera giornata.

Più che un giovanotto di grandi promesse, Speranza è ormai diventato un ossimoro a furia di condividere e ripetere le cose che D’Alema pensa. E che Pisapia ha tradotto nella costruzione di “un quarto polo” elettorale e politico, non bastando quelli di centrodestra sognato di notte da Silvio Berlusconi e sfasciato di giorno da Matteo Salvini, di cinque stelle del movimento grillino affidato temporaneamente a Luigi Di Maio, e del Pd dell’odiato Renzi. È un quarto polo che Pisapia valuta attorno al 3 per cento dei voti, il cui unico o principale obiettivo è di concorrere alla sconfitta, appunto, di Renzi. Senza l’aiuto e il concorso del quale, invece, secondo l’ex sindaco di Milano sarebbe letteralmente impossibile costruire prima e ancor più dopo le elezioni una coalizione di centrosinistra.

Ma questa realistica valutazione di Pisapia, per quanto curiosamente accompagnata per tutta l’estate dalla promessa o proposta dello stesso Pisapia di un centrosinistra comunque “diverso” e persino “alternativo” a quello tentato, voluto o immaginato da Renzi, viene liquidata da D’Alema e compagni come la prova di una mezza tresca fra gli ex sindaci di Milano e di Firenze. Manca solo che alla prossima occasione D’Alema dica, o faccia dire da Speranza, che Dio li fa e poi li accoppia.

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