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Vi spiego le vere tendenze in corso nell’economia mondiale

Giuseppe Pennisi

Dieci anni fa iniziò l’ultima crisi finanziaria, quella iniziata con i prestiti ipotecari ad acquirenti che non avevano le caratteristiche di poter mai essere debitori solventi. Ho ritrovato nel mio archivio una polemica che nell’ottobre 2007, su un quotidiano romano per il quale scrivevamo ambedue, con un giornalista economico il quale sosteneva che i subprime loans erano una grande invenzione perché consentivano di comprar casa anche a chi non aveva una lira. Circa un anno e mezzo dopo il film We All Fall Down: the American Mortgage Crisis di Gary Gasgartu (Primo premi al festival internazionale del documentario di Montreal) mostrava in 66 minuti come le insolvenze sui mutui edilizi avevano portato (in meno di un anno e mezzo) al crollo di giganti della finanza internazionale come Lehman Brothers. E non si era che all’inizio.

Cosa è cambiato da allora? Le autorità regolatorie hanno forzato le banche a ricapitalizzare. Dal 2006 al 2016, a livello mondiale, il rendimento medio degli investimenti in capitale bancario sono diminuiti del 30% circa (meno negli Usa e di più in Gran Bretagna e nell’area dell’euro). C’è anche stato uno spostamento geografico della ricchezza finanziaria dagli Usa e dall’Europa all’Estremo Oriente: oggi la Cina ha quattro delle cinque maggiori banche (in termini di capitale e di attività) al mondo mentre nel 2006 ne aveva una su venti.

Ci sono stati cambiamenti ancora più profondi: i vari “salvataggi bancari” hanno portato ad una forte crescita del debito pubblico, specialmente negli Stati Uniti e nell’eurozona. Hanno colpito anche la famiglie, che si erano abituate ad integrare stipendi e salari con cedole da titoli. Oggi il mondo occidentale è indebitato come non lo è mai stato nella storia. Sommando al debito pubblico, il debito delle famiglie e delle imprese non finanziarie, il debito è pari al 434% del Pil degli Stati Uniti, al 429 del Pil dell’eurozona ed al 485% del Pil della Gran Bretagna. L’alto indebitamento è forse la determinante principale della bassa crescita, che, secondo le ultime previsioni del Fondo monetario internazionale minaccia un ulteriore rallentamento nei prossimi anni ed una stagnazione nel più lungo periodo.

Soprattutto il fascino degli altri rendimenti (ed alti stipendi) che attiravano i maggiori cervelli al settore finanziario è molto diminuito. Nel settore, il reddito medio è diminuito del 34% in termini reali e gli utili netti sono crollati del 46%. I rendimenti sull’azionario di istituti finanziari sono crollati, in dieci anni, ben due terzi. Ciò si rispecchia, evidentemente, nell’importanza dei differenti reparti e nelle remunerazioni. Oggi, le “teste d’uovo” (the best and the brightest degli anni 60’-90’) non aspirano più ad un lavoro ben remunerato in finanza – precisa un rapporto della società di consulenza New Financial –ma si dirigono verso l’industria, specialmente quella innovativa.

La finanza non è più il conducente del ciclo economico. Lo è l’innovazione tecnologica ed organizzativa. Nonostante le apparenze, i dieci anni dall’inizio della crisi hanno cambiato il mondo.


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