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L’Economist eccitato da Emmanuel Macron

È un convinto endorsement a Emmanuel Macron quello apparso sulla copertina dell’Economist di questa settimana. Il giornale individua nel presidente francese il nuovo leader d’Europa, a fronte di una Angela Merkel indebolita dallo scontro elettorale. I riflettori si spostano dalla Germania alla Francia dunque, complice il discorso alla Sorbona in cui il presidente ha di fatto dettato l’agenda dell’Unione. La testata diretta da Zanny Minton Beddoes si interroga su quale sarà adesso il nuovo ordine d’Europa.

LA DÉBÂCLE DELLA CANCELLIERA E LA NUOVA GUIDA FRANCESE

All’inizio dell’anno la Gran Bretagna baccagliava sulla data di avvio ufficiale dei negoziati per Brexit, l’Italia dopo la boa del referendum costituzionale ricominciava con un nuovo governo e una stagnante Francia era attanagliata dalla paura che Marine Le Pen potesse diventare il Donald Trump francese. Nel frattempo, la cancelliera Merkel navigava in acque sicure verso l’ineluttabile quarta vittoria elettorale. Chi comandava allora l’Europa era abbastanza chiaro. Oggi non si può dire lo stesso: “Merkel ha vinto le elezioni il 24 settembre, ma con un numero di voti e di seggi talmente ridotto che la sua figura ne è uscita indebolita. Circa 6 milioni di elettori hanno sostenuto un partito di destra xenofobo, molti dei quali in protesta contro le politiche di Merkel per i rifugiati e AfD, una forza dirompente e polarizzante, è ora il terzo partito del Bundestag”. Di contro, a ovest del Reno, con un parlamento dominato dal suo nuovo e fedele partito, il presidente francese Emmanuel Macron sta avendo un ambizioso exploit: “Se possa o no riportare la Francia al centro della scena dell’Ue, dopo un decennio nel coro, non dipende solo dai suoi progetti per l’Europa, ma anche dal suo successo in patria, nel mutare un paese visto per molto tempo come non riformabile” sintetizza l’editoriale.

IL DISCORSO ALLA SORBONA, MANIFESTO DI UNA RINASCITA DELL’EUROPA?

Il discorso di Macron alla Sorbona, la scorsa settimana, ha rappresentato una sorta di investitura della Francia come capofila del vecchio continente. È stato utile per il presidente per fissare con chiarezza nuovi obiettivi per l’Unione e per infondere una rinnovata fiducia nel progetto europeo. Un discorso di quasi due ore, pieno di proposte, fra cui un budget militare comune, un’Agenzia per l’innovazione, nonché la volontà di rafforzare la zona euro. L’Economist lo commenta così: “Da un certo punto di vista, l’offerta di Macron nel ruolo di innovatore intellettuale in Europa si inserisce in una lunga tradizione francese. Inoltre, certi elementi del suo discorso – una nuova carbon-tax sulle frontiere dell’Ue, la proposta di tassare le imprese straniere del digitale nei paesi in cui monetizzano piuttosto che in quelli dove sono registrati e una crociata contro il dumping sociale con aliquote fiscali armonizzate – erano in linea con i tentativi francesi di vecchia data di impedire agli Stati membri di competere in maniera sleale l’uno contro l’altro”.

“DIETRO L’APPARENZA ARROGANTE, UN LEADER CORAGGIOSO”

Il presidente 39enne, secondo l’Economist, non è stato capito. Dietro quell’atteggiamento arrogante, infatti, si cela un leader coraggioso, disciplinato e lungimirante: “Coraggioso, perché le riforme del lavoro, come sanno la Germania e la Spagna, richiedono tempo per tradursi nella creazione di posti di lavoro e di solito offrono ricompense politiche ai successori di coloro che fanno il lavoro ingrato di farle passare. Disciplinato, perché ha spiegato chiaramente prima della sua elezione cosa intendesse fare ed è stato coerente con la parola data. I sindacati sono stati ampiamente consultati e due dei tre maggiori hanno accettato la riforma”. Infine, lungimirante: “Macron non tratta la politica come un menu à la carte. Ha compreso come la tecnologia digitale stia dislocando il mondo del lavoro. La sua filosofia governativa è quella di adattare il vecchio sistema di regole e protezioni francesi di conseguenza”.

L’INSUCCESSO NELLE RIFORME POTREBBE COMPROMETTERE LA LEADERSHIP DI MACRON

Ma ecco qualche perplessità. Le idee di Macron sull’Europa dovranno essere prima validate dal successo delle riforme in Francia ed è necessario, nel frattempo, che il paese resti unito e stabile: “Infatti, se la Francia rimane una minaccia per la stabilità economica dell’Ue, piuttosto che un punto di forza, il suo presidente non potrà mai essere nulla più di un semplice giocatore accanto al cancelliere tedesco”, si legge sul settimanale britannico. In effetti, si ha l’impressione che la politica interna di Macron abbia avuto un inizio stentato: ha occupato i titoli dei media per il conto salato del suo trucco, per il crollo della popolarità e per il suo approccio “giupiteriano” al potere. “Le riforme in Francia sembrano seguire un modello standard: prima le proteste; poi il governo rinuncia; infine arriva l’immobilismo. Eppure Macron potrebbe rompere il circolo vizioso. Qualcosa di straordinario, anche se poco notato, è accaduto quest’estate”, continua l’Economist, “mentre la maggior parte dei francesi era in spiaggia, Macron ha negoziato e concordato con i sindacati una riforma del lavoro di grande portata, diventata legge il 22 settembre, con il minimo di sforzo”. Né i sindacati militanti della Francia, né la sinistra più estrema, hanno finora portato nelle strade il sostegno di massa sul quale avevano sperato, sostiene il settimanale, pronosticando che “proteste e battaglie più dure devono ancora arrivare, sulle pensioni, le tasse, la spesa pubblica e l’istruzione”. Le probabilità di qualsiasi leader incaricato di fare le riforme non sono mai alte, “ma se quest’anno ha mostrato qualche cosa”, conclude l’Economist, “è che è un errore scommettere contro il formidabile Macron”.


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