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Europa, l’indice sull’uguaglianza di genere 2017 misura progressi a passo di lumaca

impresa, governo, femminicidio

I risultati presentati il 10 ottobre da Eige, Istituto europeo per l’uguaglianza di genere nell’Unione a Bruxelles sono molto preoccupanti. L’indice si articola in sei domini principali lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere e salute e due domini satellite, violenza contro le donne e disuguaglianze intersezionali. Esso mette in risalto i campi in cui sono necessari miglioramenti e dovrebbe assistere i decisori politici nell’elaborare misure per la parità di genere più efficaci. L’aggiornamento fornisce il quadro della situazione attuale in Europa, si registrano passi in avanti, ma il progresso complessivo è molto lento. Il punteggio attuale dell’UE è salito di appena quattro punti rispetto a dieci anni fa, attestandosi a 66,2 punti su 100. In cima alla classifica troviamo la Svezia con 82,6 punti, mentre la Grecia è scivolata all’ultimo posto con 50 punti. L’Italia, ha compiuto un passo in avanti, attestandosi al 14° posto nella graduatoria dei 28 Paesi.

Siamo ancora molto lontani dall’essere una società che ha realizzato la parità di genere; in tutti i paesi dell’Unione europea, ci sono margini di miglioramento. In alcuni ambiti il divario si è addirittura ampliato rispetto a dieci anni fa. L’ indice sull’uguaglianza di genere indica chiaramente se e quanto le politiche governative rispondono efficacemente ai bisogni specifici delle donne e degli uomini. I nuovi risultati dell’indice sull’uguaglianza di genere ci dicono che la diseguaglianza è presente in tutti gli ambiti di vita; ciò significa che l’Europa ha il dovere di agire. La commissione Ue pare sia intenzionata a proporre ulteriori misure per promuovere il ruolo delle donne e assicurare pari retribuzione a parità di mansione. Puntare all’uguaglianza non vuol dire cercare di rendere le donne più simili agli uomini, ma creare un ambiente in cui entrambi i sessi abbiano pari opportunità di scelta e piena partecipazione alla vita sociale, lavorativa e familiare.

La spinta maggiore verso la parità di genere nell’ultimo decennio riguarda l’accesso alle posizioni apicali e di governo, soprattutto nel settore privato. È quindi dimostrato che la pressione politica e dell’opinione pubblica può essere efficace, poiché ha contribuito a una maggiore presenza femminile nei consigli di amministrazione delle società private. Tuttavia, sebbene l’uguaglianza di genere nell’accesso ai ruoli decisionali sia migliorata di quasi 10 punti nell’ultimo decennio, attestandosi a 48,5, questo parametro continua a registrare il punteggio più basso. Ciò è in gran parte la diretta conseguenza della diseguale rappresentanza di uomini e donne nella vita politica e rivela una carenza di democrazia nel governo dell’Unione. Quest’anno l’indice sull’uguaglianza di genere presenta una più articolata panoramica della distribuzione del potere. Infatti, oltre a includere i dati relativi ai ruoli decisionali nel settore della politica e dell’economia, l’indagine rivela chi occupa i posti di comando nei media, nella ricerca e nello sport. Sebbene le donne siano in netta maggioranza nei corsi di giornalismo (dove costituiscono i due terzi dei laureati), solo in poche raggiungono posizioni di vertice nel settore dei mezzi di comunicazione.

Il potere decisionale nel mondo dei media resta in gran parte in mano agli uomini; basti pensare che le donne rappresentano solo il 22 % dei presidenti dei consigli direttivi delle emittenti pubbliche nell’UE. Nel settore del finanziamento della ricerca, meno di un terzo (27 %) dei direttori degli organismi di finanziamento sono di sesso femminile. La situazione è ancora peggiore nel settore sportivo: le donne detengono appena il 14 % delle posizioni di vertice nelle federazioni sportive di tutt’Europa. In 12 paesi si è registrato addirittura un arretramento in termini di uso del tempo da parte di uomini e donne soprattutto in ambito famigliare. Appena un uomo su tre cucina e svolge lavori domestici quotidianamente, a differenza della grande maggioranza delle donne (79 %). Inoltre, gli uomini hanno più tempo per attività sportive, culturali e ricreative.

Le donne migranti hanno un carico di lavoro di cura dei familiari particolarmente alto rispetto alle donne nate nell’UE (rispettivamente, il 46 % e il 38 %).Per la prima volta questa edizione dell’indice mostra anche i divari tra diversi gruppi di donne e uomini. L’età, il livello di istruzione, il paese di nascita, la disabilità e il tipo di famiglia possono rendere la vita di alcuni completamente diversa rispetto al resto della popolazione. Per esempio, i migranti hanno un rischio di povertà doppio rispetto alle donne e agli uomini nati nell’UE. I giovani di sesso maschile valorizzano meno le opportunità di istruzione rispetto alle ragazze, mentre le madri sole hanno maggiori difficoltà nell’accedere ai servizi sanitari e odontoiatrici rispetto alle coppie con bambini. In specifico affrontando solo i risultati inerenti il lavoro che nella graduatorie delle emergenze è al terzo posto in quanto in questi ultimi dieci anni cioè dal 2005 al 2015 ha segnato solo un incremento di 1,5 punti nel punteggio, evidenziamo che il divario di genere nell’occupazione segna ancora 16 punti e riflette una partecipazione inferiore complessiva nel mercato del lavoro in tutta europa e una maggiore partecipazione al part time di donne rispetto agli uomini. Ancora si registra una partecipazione femminile con scarso livello di istruzione, sono la metà degli uomini poco qualificati e comunque la manodopera femminile con bassi livelli di qualifiche è a rischio elevato di disoccupazione di lunga durata e ha un’occupazione precaria. Molto limitata la partecipazione al mercato del lavoro delle donne con bambini, indipendentemente dal fatto che vivano con un partner o siano donne sole.

Il divario di genere ne rapporto segnale ben 11 punti di differenza tra le famiglie monoparentali e 28 punti tra le coppie con bambini e in entrambi i casi il maggior svantaggio è riferito alle donne. La bassa partecipazione al mercato del lavoro è un ostacolo all’obiettivo Europa 2020 che prevede il raggiungimento del 75% di impiego femminile e resta fondamentale un impegno primario nel rafforzare le politiche sociali integrando i principi della parità di genere in tutti i provvedimenti per una occupazione sicura e adattabile, con equi salari e tempi di vita e di lavoro equilibrati. Solo il il 23% delle donne e il 27% degli uomini può richiedere un pò di tempo durante le ore lavorative a prendersi cura di questioni familiari o personali, considerando che le donne siano caregivers primarie, la sfida nel conseguire l’equilibrio tra vita professionale e vita riguarda principalmente la loro partecipazione nell’occupazione e nella loro condizioni di impiego.

La Commissione europea sta approntando nuovi standard per i genitori,per la paternità e la cura che dovrebbero essere recepiti da tutti gli Stati membri dell’UE : misure attraverso il diritto legislativo e non legislativo, l’iniziativa che porta il nome New Start mira ad abilitare genitori e altre persone con responsabilità caregivers per meglio bilanciare la loro occupazione e la vita personale e migliorare la condivisione del lavoro di cura tra donne e uomini. Disposizioni di equilibrio tra vita e lavoro disponibili per tutti e in tutti i settori e nelle professioni potrebbero quindi facilitare la riduzione dei divari e divisioni nell’occupazione. I settori STEM quindi informatici e digitalizzati, l’istruzione, la salute e le attività sociali rimangono campi dove la segregazione è molto evidente e con quasi nessun cambiamento negli ultimi 10 anni. Occorre affrontare la segregazione di genere nel mercato del lavoro e contemporaneamente nell’istruzione. L’apprendimento permanente e la formazione relativa ai lavori, come indirizzato in l’Agenda per le nuove competenze per l’Europa, sono un’occasione per affrontare la sovra-e sotto-rappresentazione delle donne e uomini in certi settori e occupazioni.


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