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Perché il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio festeggia con la coppia Woodcock-Sciarelli

Marco Travaglio e Henry John Woodcock

Festa, giustificatissima, nella redazione del Fatto Quotidiano, dove hanno accolto con comprensibile sollievo la notizia dell’archiviazione chiesta dalla Procura della Repubblica di Roma, e che assai difficilmente sarà respinta dal giudice competente, dopo sei mesi di indagini sul pubblico ministero di Napoli Henry John Woodcock e sulla fidanzata Federica Sciarelli per violazione del segreto d’ufficio sull’affare Consip. Che si sospettava fosse stata compiuta a vantaggio proprio del giornale diretto da Marco Travaglio, e più in particolare del suo vice Marco Lillo.

Per Woodcok c’è anche la notizia, buona pure per il giornale di Travaglio che lo ha sempre difeso, mai dubbioso della sua abituale sovraesposizione mediatica, dell’archiviazione chiesta per il sospetto di falso, sempre a proposito delle indagini sulla Consip, per via dei suoi rapporti col capitano dei Carabinieri che aveva scambiato per agenti dei servizi segreti, e i loro presunti mandanti di governo, i curiosi attirati dalle ricerche di materiale probatorio nei cassonetti dell’immondizia vicini agli uffici romani dell’imputato Alfredo Romeo.

La festa del Fatto Quotidiano è doppia perché il percorso dell’archiviazione – la cui richiesta, prima ancora di essere accolta dal giudice competente, è stata peraltro trasmessa al Consiglio Superiore della Magistratura, dove pende un procedimento su Woodcook – era stato anticipato dal giornale di Travaglio e rintuzzato da una infastidita precisazione o smentita della Procura di Roma. Che quanto meno si poteva risparmiare questo passaggio. Esso risale peraltro a troppo poco tempo fa per poter pensare che davvero gli inquirenti non si fossero ancora fatti un’idea sulla vicenda o – peggio ancora – ne stessero maturando una di segno opposto.

Anche sui tempi del loro lavoro e dei loro rapporti con l’informazione gli uffici inquirenti, di Roma e di qualsiasi altro posto naturalmente, dovrebbero stare più attenti per non invelenire una informazione già troppo intossicata di suo.

Si deve in ogni caso registrare alla fine un altro caso irrisolto di fughe di notizie, responsabili da troppo tempo, e troppo scandalosamente, della pratica dei processi mediatici prima dei processi veri: quelli nelle aule dei tribunali. Le cui sentenze poi non faranno neppure notizia, o la faranno molto distanti dalle prime pagine riservate ai processi taroccati sui giornali, e sempre conclusi con condanne tanto sommarie quanto definitive agli occhi e alla mente dei lettori.


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