Se Mosca risveglia uno spirito da confronto bipolare, mettendo a rischio la sicurezza europea, l’Occidente, proprio come allora, dovrebbe risvegliare la migliore diplomazia di cui dispone. Ne è convinto Matthew Rojansky, direttore del Kennan Institute presso il Woodrow Wilson Center – autorevole think tank di Washington – intervenuto questa mattina alla seconda edizione del Forum Transatlantico sulla Russia, organizzato dal Centro studi americani (Csa) di Roma in collaborazione con l’ambasciata Usa in Italia.
UN VECCHIO PROBLEMA…
“Non è la prima volta che il contrasto tra Russia e Stati Uniti influisce negativamente sulla sicurezza europea. È stato un problema che ha contraddistinto tutto il corso della Guerra Fredda”, ha ricordato Rojansky. Siamo dunque ripiombati nel confronto bipolare? “Possiamo discuterne a lungo su questo, quello che però è certo è che, ancora una volta, Russia, America ed Europa si trovano a confronto, e che ancora una volta la sicurezza europea è in bilico”. Secondo il direttore del Kennan Institute, infatti, quella che stiamo vivendo è “la peggiore crisi di sicurezza in Europa dal culmine della Guerra fredda, e cioè da prima che la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa producesse la Dichiarazione di Helsinki”, considerata l’apice della grande distensione tra i due blocchi, poi tramutatasi nell’Osce .
…IN UNA VESTE NUOVA
Tra gli aspetti più evidenti di questo ritrovato clima da Guerra fredda, “l’annessione della Crimea da parte della Russia, e il continuo supporto ai separatisti violenti nella regione del Donbass”, che restano “minacce reali alla stabilità e sicurezza degli stati europei”. C’è poi la guerra in Siria, in cui “l’invasione russa ha rafforzato il regime di Assad, producendo una crisi di rifugiati che si spostano per cercare una nuova casa nell’Unione europea, come in Italia oltre che gli Stati confinanti a est e nord”, ha detto Rojansky. La vera novità dell’azione russa è forse l’adozione di strumenti del cosiddetto soft power che storicamente è appartenuto al competitor americano, e cioè il tentativo di aumentare la propria capacità di influenza nei settori di informazione, economia e politica. Ciò “rischia di minare l’identità liberale della stessa Ue”. Ma qual è l’obiettivo di Mosca? “Se guardiamo la recente storia russa, dal discorso di Putin a Monaco nel 2007 fino alla proposta di Medvedev per un Trattato di Sicurezza Europeo, dalla guerra russo–georgiana fino all’invasione della Crimea e del Donbass, per arrivare all’interferenza nelle elezioni democratiche, emerge un rifiuto dinamico del grande accordo di Helsinki e del concetto di sicurezza europea come lo conosciamo”.
COME RISPONDERE A MOSCA
E allora che fare? “Credo che la risposta più opportuna derivi da una domanda: cosa si è fatto in passato? Se questa non è la prima volta che uno scontro russo-americano minaccia la sicurezza europea, cosa si è fatto l’ultima volta?”. Proprio come per la Dichiarazione di Helsinki, si tratta di “intraprendere una lunga e ampia serie di negoziazioni per stabilire un contesto di coesistenza che, pur ammettendo la persistenza della competizione e del disaccordo, riduca le possibilità che una crisi si intensifichi fino a diventare incontrollabile”. Un simile processo sembrerebbe più utile rispetto a “slogan mediatici, tweet o, molto peggio, un campo di battaglia”. Oltre deterrenza e sanzioni, tornare allo spirito di Helsinki, che trovò poi ulteriore concretizzazione nello spirito di Pratica di Mare (quello che diede vita al Consiglio Nato-Russia), è l’unico modo per evitare un logoramento che metterebbe a rischio la stabilità internazionale: “Sta a tutti noi – ha concluso Rojansky –, in Occidente e in Russia, essere consapevoli dell’importanza di praticare la diplomazia al meglio, assumendo quale motivazione la paura razionale prima che l’equilibrio del terrore susciti altri sentimenti e ci conduca sulla via di guerra, in cui nessuno schieramento potrebbe prevalere”.