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Perché contesto le idee di Schauble su Europa e conti pubblici

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In questi anni, il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schauble, ha rappresentato nel suo governo la posizione più rigida sui problemi europei. Non che egli fosse considerato un antieuropeista. Al contrario, Schauble si è sempre dichiarato favorevole a una maggiore integrazione europea, ma ha sempre sostenuto che l’Unione europea debba conformarsi a un modello di severità e di disciplina rappresentato del governo tedesco.

Ora Schauble lascia la sua posizione attuale per divenire presidente del Bundestag, il Parlamento della Germania. Se la Germania avesse stabilito questo avvicendamento per assumere una linea meno rigida di quella impersonata da Shauble, questo addio potrebbe essere una buona notizia. Ma non è così. Anzi il segnale è preoccupante poiché sembra che il ministero delle Finanze possa essere il prezzo richiesto per entrare in coalizione con Angela Merkel dal partito liberale, che in Germania è assai più a destra dei cristiano sociali, In altre parole rischiamo, domani, di ricordare Schauble come un modello di europeismo. Questi, però, nel lasciare il governo, ha reso note le sue idee sul futuro dell’Unione monetaria. E se i liberali sono più conservatori di lui, c’è di che preoccuparsi seriamente.

Schauble fa due proposte. La prima è di rafforzare la sorveglianza sui bilanci nazionali, riducendo il ruolo della Commissione europea, considerata un organismo politico e quindi troppo debole nei confronti dei governi, per sostituirlo con un organismo tecnico, identificato nel Meccanismo europeo di stabilità. Schauble ha detto che andrebbe attribuito a questo organismo tecnico il potere di sorvegliare gli impegni dei Paesi membri che discendono dal cosiddetto Fiscal Compact del 2012 e ha aggiunto che, in prospettiva, “bisognerebbe conferirgli un ruolo più forte e più neutrale di sorveglianza completa degli impegni nazionali discendenti dal patto di stabilità”.

La seconda proposta è di rendere più facile – e quindi più probabile – il fallimento degli Stati che abbiano un debito pubblico eccessivo. Naturalmente si renderebbe più facile dichiarare la crisi del debito pubblico, ma per dare aiuti europei a quel Paese, il Meccanismo europeo di stabilità dovrebbe assumere maggiore responsabilità nella gestione dei bilanci pubblici.

Qual è il senso di queste proposte che possono non piacerci, ma che sono quelle che la Germania ha sempre avanzato, dal primo giorno in cui si è fatta la moneta unica? La Germania diffida della politica, pensa che i governi siano tutti al servizio della demagogia e che si debba sottrarre loro la possibilità di fare danni. Nel campo della politica monetaria la Germania è riuscita a imporre le sue idee fin dal Trattato di Maastricht stabilendo che la Bce fosse assoggettata a uno statuto che prevede che essa si occupi solo della lotta contro l’inflazione ma mai dei problemi del credito in relazione allo sviluppo economico. Essa ha dovuto subire malvolentieri in questi anni l’interpretazione estensiva dei compiti della Bce imposta da Mario Draghi di fronte alla gravità della crisi economica europea. Ha protestato, ma non è riuscita a cambiarne gli orientamenti. Ma nel 2109 Draghi scade e, naturalmente, nella sua sostituzione il pendolo andrà nella direzione opposta e così avremo una Bce chiusa e conservatrice come fu nei primi anni dopo la sua istituzione.

Ora si tratta di togliere ai governi l’unico altro strumento che è rimasto, almeno in parte, nelle loro mani, il bilancio dello Stato. Se l’Europa potesse sottrarre ai governi nazionali gli ultimi residui di sovranità, la costruzione europea sarebbe affidata del tutto a organismi di carattere tecnico e di orientamento ideologicamente conservatore.

Questa è l’eredità che Schauble consegna ai suoi successori, i quali saranno, semmai, ancora più ostili a qualunque idea di cooperazione in seno agli organismi europei. Ma se manca il concetto di solidarietà fra i Paesi membri, qual è il contenuto della moneta unica? E’ null’altro che un accordo per mantenere i cambi fissi fra Paesi che hanno diversi livelli di competitività: questo significa mettere in essere un meccanismo che aumenta le differenze economiche e sociali e rende più forti i forti e più deboli i deboli.

Di fronte a questi discorsi, se l’Italia avesse chiari i suoi interessi, direbbe un no tanto secco quanto garbato a tutte queste ipotesi e preciserebbe che, poiché la nostra idea di riforma dell’Unione monetaria va esattamente nella direzione opposta a quella immaginata dalla Germania – ed anche dalla Francia –, noi non abbiamo intenzione di procedere in questa direzione. Abbiamo pagato già un prezzo molto alto a una impostazione chiusa e conservatrice della moneta unica. Cerchiamo di non andare ancora più in là.


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