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Madre Teresa di Calcutta ha stritolato le teorie di Marx. Parla padre Sirico

“Quando visitai l‘Italia, negli anni ’70, avevo molte reazioni ingenue: i profumi che sentivo, le persone che incontravo, tutto mi sembrava familiare. I quattro miei nonni emigrarono, mio nonno materno quando lasciò l’Italia aveva pochissimi soldi con sé. Cosa li spinse a questa avventura? La libertà, le ambizioni, o solo la voglia di viaggiare e la curiosità? La cultura di New York era fortemente diversa da quella dell’Italia meridionale”. Comincia con questo racconto Padre Robert Sirico, sacerdote nel Michigan e cofondatore dell’Acton Institute for the Study of Religion and liberty, un think-thank “la cui missione è di promuovere una società libera e virtuosa caratterizzata dalla libertà individuale e sostenuta dai principi religiosi”, la presentazione del suo ultimo libro “A difesa del mercato: le ragioni morali della libertà economica” (Cantagalli), che ha avuto luogo mercoledì 25 ottobre alla Pontificia Università della Santa Croce, a Roma. Ma lo fa per passare ad altro, alla spiegazione cioè di cosa caratterizza un’economia prospera e benefica.

LA MORALITÀ DELL’ECONOMIA DI MERCATO

“Quando parliamo di un’economia di mercato pensiamo subito al denaro o alla ricchezza. Ma c’è qualcosa di più profondo: l’economia è il processo nel quale gli uomini operano per soddisfare i loro bisogni”, ha argomentato padre Robert. Cosa ha, questo, a che vedere con la religione e la morale? “Per me è stato un incontro con la mia vicina a farmelo scoprire, e che ha fornito le basi al mio modo di pensare. Proveniva dall’est Europa, e preparava sempre dei dolcetti. Quando me ne porse uno notai che aveva nel braccio un marchio blu, dove c’erano dei numeri: chiesi a mia madre cosa significavano. Aveva vissuto il nazismo, e quella fu la mia prima lezione di filosofia morale”. Il punto di padre Sirico è quello cioè di far capire che questioni economiche come la libertà di scambio e di contratto sono “così intimamente legati alla comprensione antropologica della persona umana” che spesso “non ce ne accorgiamo”.

L’ERRORE ANTROPOLOGICO DEL NOVECENTO

L’errore antropologico del nazismo fu infatti “lo stesso compiuto da altre forme di socialismo: il disprezzo della dignità umana e della libertà e dell’unicità umana della persona, compreso quello di fabbricare prodotti e mezzi al servizio della famiglia umana”, ha detto il religioso. “In termini economici quest’ultimo processo di scoperta e creazione si chiama mercato. E solo se ci ricordiamo di questo capiamo la potenzialità morale dell’economia libera”. Ciò non significa difendere il mercato “senza scrupoli, sarebbe blasfemo”. Basta pensare al fatto che le nostre interconnessioni sulla rete “rischiano di aumentare i pericoli per la dignità umana”. Infatti “il mercato in sé è solamente uno strumento per soddisfare il bene dell’essere umano, ma può anche essere usato per obiettivi che li danneggiano: la sua qualifica dipende dalla nostra intenzione morale nel soddisfare la vera natura e i veri bisogni delle persone”. Mentre quella che abbiamo visto nel secolo scorso è stata “un’ideologia collettivista che ha catturato l’immaginazione morale di molte persone”.

L’IDEA MATERIALISTA DELL’HOMO OECONOMICUS

Ideologia che, come diceva Marx, spinge a una lotta costante tra coloro che hanno i mezzi e coloro che lavorano, per assicurare il benessere dei poveri: “Non è stato un economista a distruggere la nozione marxista della lotta di classe, ma madre Teresa, quando ha detto che non abbiamo alcun diritto di giudicare il ricco, perché non desideriamo una lotta di classe ma un incontro di classe”. In tutto ciò è importante sottolineare, come fa padre Robert, che “siamo molto più della caricatura dell’homo oeconomicus, che vive solo per soddisfare i propri bisogni: una visione puramente materiale della persona, frutto di un errore commesso sia da parte capitalista che socialista”. Perché “come dice il Papa, abbiamo sogni che volano più alti della realtà materiale”. E “l’individualismo materiale presupposto da molti economisti mondani è francamente un ritratto tronco dell’umano”.

IANNELLO: “È IL MERCATO L’AMICO DEI POVERI”

La Dottrina Sociale della Chiesa infatti, ha proseguito il discorso il giornalista Rai e membro dell’Istituto Bruno Leoni Nicola Iannello, “ci dice di aiutare i poveri, parlando di sviluppo umano integrale, ma non ci dice come”. E di questi, “l’efficienza del mercato ne è la principale amica. Non a caso l’economia politica nasce dall’impronta etica di un filosofo morale, Adam Smith”, ha ricordato il giornalista. Perché come “è vero che noi abbiamo bisogno di rapporti caldi, nell’economia moderna abbiamo bisogno anche di interagire con chi non conosciamo, nello scambio di lavoro e prodotti. La benevolenza non basta”. E “la scuola austriaca, nata a Vienna, non a caso in un Paese cattolico, mette al centro l’individuo, cioè l’uomo, la persona. Il mercato è fallibile come lo è l’uomo. La perfezione non è di questa terra, ma le alternative sono molto meno perfette, se vediamo alle vie percorse nel ‘900”. Ed “era il beato Rosmini a dire che la proprietà privata è la proiezione esterna dell’essere umano”.

SCANAGATTA: “IL MERCATO È EFFETTO DELLA NOSTRA LIBERTÀ”

La nota finale del discorso però, puntualizzata dall’economista Giovanni Scanagatta, ex segretario generale UCID e docente alla Sapienza, è che i cattolici possano avere idee diverse in campo economico. “Ma nella Mater et magistra di Giovanni XXIII è scritto che questi devono sempre avere rispetto tra loro, cercando i punti che uniscono”. A ciò, Benedetto XVI aggiunge che “la Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire, e non si permette di intromettersi nella politica degli Stati”, e che “l’atteggiamento verso i poveri deve essere di tipo evangelico, mentre gli strumenti possono essere di tipo diverso”, ha spiegato Scanagatta. Giovanni Paolo II poi “dà un’opinione certamente positiva del capitalismo, anche se preferisce parlare di economia di impresa”. Contando inoltre che “la Sollicitudo rei socialis era nata per condannare due teorie ben precise: il socialismo e la teologia della liberazione”. Tuttavia, ha concluso l’economista, “non condivido l’idea che ci si ricorderà di questa epoca come la più irresponsabile”, come scrive il Papa nella Laudato Sì: “non siamo mai diventati così prosperi come oggi”. Come riformare allora cultura e economia? “Il mercato è vuoto di moralità, è solo un effetto della nostra libertà. Il problema è che abbiamo violato il principio di sussidiarietà, e lo Stato è diventato grande. Ma sarebbe una nuova economia se si fondessero etica e mercato”



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