Mentre il Quirinale è sempre più convinto di procedere il più rapidamente possibile alla riconferma di Ignazio Visco, non accenna a diminuire la bufera politica innescata dalla mozione Pd che originariamente chiedeva discontinuità al vertice di Palazzo Koch. Ieri il tema principale ha riguardato chi e quando nel governo era stato informato della prossima presentazione del documento alla Camera, nella seduta pomeridiana di martedì.
La giornata, infatti, si è aperta ieri con la lettura di un’intervista di Matteo Renzi al Quotidiano Nazionale, in cui si affermava: «Il governo non era semplicemente informato, era d’accordo. La mozione parlamentare non solo era nota al governo, ma come sa chi conosce il diritto parlamentare, prevedeva che il governo desse un parere. Che c’è stato ed è stato positivo». In realtà, secondo quanto ricostruito da MF-Milano Finanza, Gentiloni ha conosciuto il testo della mozione all’ora di pranzo di martedì, a ridosso dell’inizio della seduta e ha chiamato con toni preoccupati il ministro dei rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, mentre quest’ultima usciva dalla Conferenza dei capigruppo del Senato convocata per discutere dell’iter della legge elettorale. A questo punto il ministro si è precipitata a piedi alla Camera (aveva lasciato libero l’autista di servizio) per discutere quanto più rapidamente con il capogruppo Pd, Ettore Rosato. Un confronto che non era stato ancora concluso quando sono cominciati i lavori, tanto che la mozione presentata non riportava più la parola discontinuità nel dispositivo finale, ma aveva ancora le critiche più pesanti al lavoro della Vigilanza di Via Nazionale, tanto che è dovuto intervenire in aula il sottosegretario Pierpaolo Baretta a chiedere formalmente una nuova formulazione e alla fine si è arrivati al testo finale, quello sui cui il governo ha dato parere favorevole e che è stato votato.
Ricostruzioni a parte, a rendere più bassi i toni non è servita neanche l’altra nota di Palazzo Chigi in cui si ribadiva la fiducia di Gentiloni al sottosegretario Maria Elena Boschi (un modo per chiudere la polemiche sui tempi e i modi della comunicazione). A rialzare la temperatura ci ha pensato lo stesso Renzi, che di fronte alle telecamere di Otto e Mezzo, su La7, ha tirato una bordata su Bankitalia ancora più forte e che va oltre il mandato di Visco, coinvolgendo senza citarlo anche Mario Draghi. Infatti, dopo avere spiegato che il suo interesse non è la nomina del governatore, ma la tutela dei risparmiatori e che questa dovrebbe essere la prima preoccupazione di un partito di sinistra, ha aggiunto: «Io sono sempre il solito, non è che sono nato rottamatore e sono diventato il difensore delle magagne del sistema», quindi l’eventuale riconferma di Visco non «sarà una mia sconfitta. Io non ho posto una questione di nomi. Abbiamo detto che la Vigilanza non ha fatto granché, Quirinale e governo avranno sempre il rispetto del Pd». Ma per ribadire il concetto, ha aggiunto anche l’auspicio che la commissione bicamerale faccia chiarezza su tante vicende: «Ci riserverà qualche sorpresina. Si cita Banca Etruria per nascondere le vere magagne, ad esempio una banca comprata a 6 miliardi e venduta a 9 miliardi…». Chiarissimo riferimento ad Antonveneta, comprata nel 2008 da Abn Amro e poi finita a Santander e da questa rivenduta in novembre, con una plusvalenza di circa 3 miliardi, a Mps. Acquisizione autorizzata da Banca d’Italia allora guidata da Draghi.
La commissione, per la verità non si sa neanche se arriverà a discutere di Mps , visto che è stato scelto il metodo di andare a ritroso dalla crisi più recente (le due banche venete), e infatti nelle prossime due settimane saranno auditi i magistrati di Roma e Vicenza impegnati nelle indagini, il responsabile della Vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, ma solo su questi due istituti, e i commissari liquidatori, oltre che i rappresentanti dei risparmiatori.
Per ora le polemiche intorno alla Bicamerale riguardano l’incontro tra il Presidente Pier Ferdinando Casini e i suoi due vice con Visco, che ha consegnato un elenco di 4.200 documenti che attestano il lavoro di vigilanza fatto da Via Nazionale su tutti e sette gli istituti oggetto dell’inchiesta parlamentare, ma che comprende anche le segnalazioni al riguardo spedite alla magistratura e al governo. 5 Stelle e Fratelli d’Italia hanno attaccato duramente Casini per non aver allargato l’incontro anche ai rappresentanti dei gruppi, ma lui ha replicato: «Lamentele da asilo infantile. Il governatore ci ha portato dei documenti che avevamo chiesto. A chi doveva darli, all’usciere?».
Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi