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Che cosa si dice nei mercati della telenovela trumpiana sulla Fed

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Ieri sera, a mercati europei abbondantemente chiusi, su tassi US gia più restii a scendere di quelli europei ha impattato un pezzo di Bloomberg in cui si sosteneva che Taylor aveva impressionato assai bene Trump al “colloquio di selezione. La prospettiva di avere alla Fed un Presidente carismatico e decisamente “rule based” (è il creatore della famosa Taylor rule) ha offerto ulteriore supporto ai tassi US e indirettamente al Dollaro. Personalmente, ritengo il movimento un po’ pretestuoso, per i seguenti motivi:

– Il Professore emerito di Yale ha già chiarito ad una Conferenza a Boston di non ritenere che le regole debbano essere utilizzate per legare le mani ai banchieri centrali.

– nelle ultime settimane siamo passati da Warsh (falco, deregulator), a Powell (colomba, deregulator) a Taylor (falco, non deregulator) e c’è da giurarci che la prossima settimana sarà quella della Yellen (colomba, non deregulator), che, guarda caso, sembra dover incontrare Trump nei prossimi giorni. Non so in che misura in quest’altalenarsi di speculazioni ci sia un gioco delle 3 carte portato avanti da Trump, e quanto si debba all’immaginazione dei media. Ma ritengo che quest’oscillazione di probabilità non corrisponda alla realtà dei fatti. A naso, attribuirei una maggiore probabilità alla Yellen di aggiudicarsi di nuovo la poltrona: i) presenta meno incognite, avendo occupato la posizione negli ultimi 4 anni . ii) ha dimostrato nei fatti di essere una colomba. iii) dispone del carisma accademico necessario, ma non ha troppa personalità. L’unica difficoltà sta nelle sue resistenze alla deregulation. Vedremo se il colloqui con Trump permetterà di arrivare ad una negoziazione, ma questo resta un problema. Questa sera è uscita un indiscrezione secondi cui la nomina arriverà prima della partenza di Trump per l’Asia (**TRUMP TO LIKELY ANNOUNCE FEDERAL RESERVE CHAIR PICK FROM POOL OF FIVE CANDIDATES BEFORE LEAVING FOR ASIA TRIP IN EARLY NOV – SOURCE FAMILIAR). Io continuo a dubitarne, conoscendo le tecniche di negoziazione del Presidente. Vedremo.

La comunque moderata forza del $ di stamattina non ha comunque infastidito più di tanto la parte emergente dell’Asia. Uno studio di Bloomberg ha osservato che in occasione degli ultimi 3 Plenum (2002,2007 e 2012) l’azionario cinese è salito in media del 3% nella settimana precedente, ha perso il 3% in quella del Plenum e il 3% in quella successiva. Ciò ha forse infasitidito un po’ i mercati interessati. Ma, per il momento, la prima parte dello studio è stata sconfessata.

L’apertura europea ha avuto il consueto tono indolente degli ultimi giorni. Nemmeno l’€ debole è riuscito a eccitare granché i listini, che forse hanno ancora un occhio alle banche (i tassi stanno scendendo in Europa e Moody’s ha mantenuto l’outlook negativo su quelle italiane per la questione sofferenze). E poi c’è l’incombente earning season, con le attese che si collocano su livelli robusti. La verità è che l’Eurostoxx è inchiodato da inizio ottobre in un range inferiore all’1% e, onestamente, commentarlo comincia a diventare un impresa.

Il movimento oggi è stato sui tassi, con quelli Eurozone, sia core che periferici, ancora in marcato calo, per motivi non del tutto chiari in particolare al sottoscritto. Certo, la Legge di Bilancio 2018 “leggera” può aver dato supporto allo spread btp bund, che ancora beneficia del varo, i giorni scorsi, della nuova legge elettorale. E finché in Catalonia non succede qualcosa di grave, ci può stare. Ma la forza del bund, senza particolari news sul fronte ECB, mi lascia perplesso. Sembra evidente che il mercato ha sovrastimato parecchio l’effetto tapering d’autunno, e sta correndo ai ripari.

Aria diversa in US, dove in particolare la parte breve continua a vedere i rendimenti crescere, mentre il 10 anni ha restituito gran parte del calo seguito al CPI. La divergenza dei tassi US ha continuato a offrire supporto al $ contro le principali divise, anche se i serata i guadagni si sono un po’ ridimensionati. Per fare un esempio, il divario tra i rendimenti a breve di dollaro ed € ha superato i 225 basis points, massimo segnato a marzo scorso in pieno Trump reflation trade, a sulla scadenza a 2 anni.

 

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