Molestie in ascensore, nelle sale riunioni, nei corridoi e poi ancora molestie a pranzo e molestie a cena. Profondo rispetto e tanta solidarietà per chi è stato vittima di abusi sessuali, verbali o di qualsiasi altra natura, però a leggere i giornali sembra che il Parlamento europeo sia un luogo di perdizione dove si lavora in cambio di favori sessuali. Ecco, questo non mi piace, e non piace neanche alle altre colleghe con cui ho chiacchierato in questi giorni.
Lavoro al Parlamento europeo da 20 anni, posso dire di essere una donna fortunata, io come tante altre, perché non mi sono mai trovata in situazioni imbarazzanti con gli europarlamentari; anzi al contrario a volte il pizzico di cattiveria in più e la parola sbagliata è arrivata proprio da qualche donna eurodeputata o funzionaria. Per carità, qualche volta mi è anche capitato di “subire” lo sfogo verbale del parlamentare o del collega, probabilmente frustrati, ma per fortuna mai un ricatto sessuale.
Ieri una collega mi ha ricordato un episodio che risale a 18 anni fa (quando ero ancora una giovanissima assistente parlamentare), sorridendo mi ha detto: “Manu ti ricordi quando l’eurodeputato con cui lavoravi, durante una cena, ha detto che se continuavi a caricare l’agenda di riunioni e di incontri ti avrebbe denunciato per abuso di ufficio?”. Ci siamo fatte una risata, e poi oltre a quello sono venuti fuori altri momenti simpatici dei lontani tempi in cui eravamo assistenti. Poi siamo cresciute, abbiamo fatto carriera, adesso facciamo le funzionarie, però questo non vuol dire che abbiamo accettato abusi sessuali.
Tolleranza zero e punizioni severe per chi commette abusi e violenze sessuali e io aggiungo verbali, però attenzione a non fare di tutta l’erba un fascio, perché il messaggio che rischia di passare è che chi ha fatto carriera si è piegato a compromessi.