Nel momento di scegliere, circa un anno fa, il titolo da dare alla raccolta delle omelie e dei discorsi di Bergoglio da arcivescovo di Buenos Aires, la prima opzione sul tavolo era “La mia parola nei tuoi occhi”. Questo al Papa non piaceva: meglio dare maggiore importanza allo sguardo di chi ascolta, piuttosto che alla voce di chi parla. Così il risultato è stato: “Nei tuoi occhi la mia parola”. È un aneddoto semplice ma significativo per poter spiegare l’approccio pastorale di Jorge Mario Bergoglio, lo stesso che usa per incontrare i giornalisti nelle sue numerose e variegate interviste, raccontato dal direttore de La Civiltà Cattolica padre Antonio Spadaro durante la presentazione del suo ultimo libro “Adesso fate le vostre domande. Conversazioni sulla Chiesa e sul mondo di domani”, che raccoglie le stesse interviste e conversazioni di Papa Francesco durante tutto l’arco di questi quattro anni di pontificato.
L’INCONTRO ALLA SEDE DE LA CIVILTÀ CATTOLICA
Nel corso dell’incontro svoltosi alla sede de La Civiltà Cattolica, a cui hanno partecipato anche l’ex direttore del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore Ferruccio de Bortoli e il giornalista e conduttore di Tv2000 Piero Badaloni, sono state scandagliate con dovizia di particolari le modalità comunicative che Bergoglio usa nei suoi colloqui giornalistici, frequenti, insoliti, diversi ma soprattutto fortemente significativi persino per poter analizzare il suo pontificato. E che creano un continuum, un discorso unitario che prosegue disperso tra gli incontri pubblici e i contesti più variegati a cui prende parte il Papa, quasi a delineare una cosmogonia da ricostruire solo in un secondo momento per capire chi è l’uomo Jorge Mario Bergoglio, e chi è allo stesso modo Papa Francesco. La sua risposta, in ogni caso, a domanda ben precisa, l’ha già riferita a padre Spadaro nell’intervista rilasciata alla sua rivista nel 2013, poco dopo l’elezione al Soglio petrino: “Sono un peccatore”. Intervista che è “quasi un capolavoro letterario”, ha commentato compiaciuto de Bortoli.
FRANCESCO E IL GENERE GIORNALISTICO DELL’INTERVISTA
Perché se sono interessanti i duelli, e a proposito de Bortoli cita le storiche interviste di Oriana Fallaci, scandite dall’approccio del tutto unico e peculiare della giornalista, “lo sono anche i duetti”, ha aggiunto. Ma la verità è ben più semplice: “Il Papa è sempre se stesso, comunica naturalmente, non c’è strategia comunicativa. Quando accetta le interviste lo fa proprio perché è sé stesso, cioè un pastore”, ha spiegato invece Spadaro. Nella prefazione al libro Bergoglio afferma infatti che tutto quella che fa ha un carattere pastorale, e che ciò rappresenta una forma di comunicazione del suo stesso ministero. Ed “è la prima volta che il Papa dica una cosa simile”, ha commentato Spadaro, che nonostante i suoi numerosi incontri con il pontefice pare non smettere mai di stupirsi. “Quando l’ho incontrato per La Civiltà Cattolica volevo prendere appunti ma lui mi guardava negli occhi, non me lo lasciava fare”, ha raccontato. Il fatto è “che lui accetta le interviste per ascoltare gli altri”, ma allo stesso tempo “rigetta quelle domande che hanno già una risposta data”, ed è “insensibile alla pressione mediatica, pur accettando il rischio pastorale: è così che lo definisce”.
IL LINGUAGGIO DEL PAPA E “L’INCONTRO” CON GLI INTERVISTATORI
C’è poi anche una corporeità nel linguaggio del Papa: “Nel parlare in aereo si sbilancia fisicamente”, ha aggiunto il gesuita. E coi giornali popolari “si sente a suo agio”. Basta pensare alle interviste concesse a riviste come La Càrcova News, un foglio ciclostilato che esce nella villa miseria di Buenos Aires, o a Scarp de’ tenis, una rivista distribuita a Milano che è un progetto sociale e che viene redatta da persone senza fissa dimora o con altri disagi personali. Perché lo fa? “Il Papa si lascia affascinare dall’inquietudine dell’intervistatore, che lui chiama il tocco di Pascal”, ha rivelato il gesuita. E se “l’intervista è un genere giornalistico dove si può chiedere tutto, la verità è che con Francesco non c’è un limite”, ha notato invece Ferruccio De Bortoli, quasi divertito. “Alcuni si offendono per le domande rivolte al Papa. Lui no”. L’atteggiamento di fiducia che il pontefice ripone nei giornalisti, ha proseguito l’ex direttore del Corriere, può anche apparire “eccessivo”, e non a caso ciò “lo espone a critiche”, ma è in questo stesso modo che “crea lo spazio di incontro con i giornalisti”. Le interviste che rilascia infatti “non sono mai in uno spazio chiuso, ma diventano un corpo vivente”.
BERGOGLIO E L’EMERGERE DEL SUO CARATTERE NEL DIALOGO
Un’altra caratteristica notata da De Bortoli è che Bergoglio “cerca sempre gli occhi di chi parla. Sembra quasi che si senta solo”. Ma nonostante ciò “a Francesco non importa assolutamente nulla dell’estetica del potere”. E anche se “non dà mai la sensazione di essere costretto, a volte si legge la fatica fisica di questi colloqui. In certe occasioni sembra quasi che trattenga il suo carattere”. A tratteggiare ancor più questi dettagli ci si è aggiunto anche il giornalista Piero Badaloni. “L’intervista è maieutica, fa venire fuori la personalità dell’intervistato”, ha subito specificato. Uno degli antesignani fu Leone XIII, con il quotidiano francese Le Figaro. Ma Papa Francesco ha rivoluzionato questo genere giornalistico e ne ha fatto un veicolo per comunicare la sua dottrina. “Come fa anche con le omelie di santa Marta, che interpreta in modo nuovo”, ha spiegato Badaloni.
LE OMELIE, LA POLITICA, L’ANNUNCIO DEL VANGELO. E LE CRITICHE
E se come afferma il Papa stesso “l’omelia è sempre politica perchè partecipa della polis, e non deve essere di concetti astratti”, il linguaggio che usa, ha affermato Badaloni, “è chiaramente quello che ha usato Gesù con gli apostoli, quindi è la parola di Dio, l’annuncio”. Perciò “pensa che la preparazione necessaria per dargli vita debba essere l’ascolto della vita della gente”. Quello con i giornalisti diventa così un rapporto pastorale. “E l’apertura della Chiesa ha raggiunto il massimo con Francesco. Soprattutto non c’è alcuna paura delle critiche, questo mi ha stupido”, ha proseguito il giornalista di TV2000. “Francesco spiega che oggi serve coraggio, e dice che nonostante la corruzione in vaticano, gli abusi sessuali, gli scandali, l’importante è andare sempre avanti, senza la paura di sbagliare, perché chi non sbaglia mai è sempre colui che non fa nulla. Mentre un cristiano sa che c’è sempre la misericordia di Dio dalla sua parte”.
“LA DIMENSIONE PASTORALE RADICALE” DI UN PAPA “MAI STATO NÈ CON LA DITTATURA NÈ COMUNISTA”
C’è insomma una “dimensione pastorale radicale” nelle interviste del Papa, come ha spiegato in conclusione padre Spadaro. Che sono diverse dalle omelie, queste ultime altrettanto importanti per la rivoluzione che Bergoglio ne ha fatto, usandole per lanciare messaggi a terzi e per tracciare il cammino del suo pontificato. “Un unicum”, ha puntualizzato Spadaro. E poi ci sono le metafore, come quella della sfera e del poliedro, che “più che una chiave è una stella”, come l’ha descritta Badaloni. Una visione nitida, che passa per le invettive contro il clericalismo, indice di una Chiesa “superba” e di una “mancanza di maturità del popolo di Dio”. E infine la politica, come quando ha rivelato “di non essere mai stato di destra”, ma che in realtà “si stava riferendo agli anni della dittatura argentina”, ha invece voluto annotare Spadaro. E che allo stesso tempo ha detto anche “di non essere mai stato comunista”. Anni che hanno inevitabilmente segnato la vita dell’uomo e dell’arcivescovo Bergoglio. Ciò che rifiuta è infatti l’atteggiamento ideologico, l’ideologizzazione del cristianesimo: “Questo lo manda in bestia: trasformare il cristianesimo in una ideologia religiosa”, ha concluso il gesuita.