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Che cosa si dice nel Pd lombardo dopo il referendum per l’autonomia

Il Var per il referendum della Lombardia. “Così magari avremmo un responso certo sul risultato finale, visto che il voto elettronico ha creato più di un problema nello scrutinio”. Il paragone calcistico non è casuale. Il capogruppo del Pd al Pirellone, Enrico Brambilla, aveva annunciato che il giorno della consultazione sarebbe stato sulle tribune di San Siro e non ai seggi. Promessa mantenuta. Mentre il 38,2% dei cittadini s’è recato alle urne, Brambilla ha assistito al pareggio del Milan col Genoa e all’espulsione di Leonardo Bonucci, incastrato dalla moviola in campo: “Lasciamo perdere. Non riapriamo la ferita…”. I dem, in Lombardia, hanno invitato gli elettori all’astensione. Alla fine, il Sì ha vinto col 96,03%. Secondo Brambilla, che sul tema ha scritto il libro Referendum inutile, autonomia necessaria, Roberto Maroni se l’è cavata con la sufficienza. Un risultato che, per il consigliere regionale del Partito democratico, consentirà al governatore leghista di ricandidarsi alle regionali del 2018 senza troppi affanni. Il Pd, invece, appoggerà il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che alla consultazione sull’autonomia ha guidato il fronte del Sì nel partito di Matteo Renzi. Dalle parti di Milano, a fare notizia, oltre all’esito finale, è stato il caos del voto elettronico che ha causato ritardi e confusione nei dati ufficiali. “Un sistema piuttosto costoso che, al di là della curiosità, ha generato più problemi che soluzioni”, dice Brambilla a Formiche.net. “Prima di estenderlo e di consolidarlo, qualche valutazione dovrà essere fatta”.

IL REFERENDUM VISTO DAL PD

Brambilla, 63 anni, sindaco di Vimercate dal 1997 al 2006 e consigliere regionale dal 2010, analizza il risultato della consultazione dalla parte del Pd. Oltre a Gori, a favore del Sì s’è schierato anche il sindaco dem di Milano, Giuseppe Sala, che però non ha votato a causa di un impegno istituzionale a Parigi. “Il 38% non è quel dato così esaltante che Maroni vuole presentare”, spiega Brambilla, “soprattutto se paragonato all’affluenza del Veneto”, che s’è attestata al 57,2%, ben oltre il quorum. “Senza quel dato, qui in Lombardia, probabilmente, si parlerebbe di flop. Il 38%”, prosegue il consigliere “non può essere letto come un plebiscito autonomista. Lo diventa nel momento in cui entra nel frullatore mediatico insieme col risultato dei cugini veneti”. Il governo s’è detto pronto a trattare sia con Maroni, sia col governatore del Veneto, Luca Zaia. Giornali ed elettori, a questo punto, si pongono la stessa domanda: che cosa cambierà nel rapporto tra le due Regioni e Palazzo Chigi? O meglio: cambierà qualcosa? “In Consiglio regionale”, spiega Brambilla, “inizieremo ad affrontare il tema dell’impostazione della trattativa, cosa che si sarebbe potuta e dovuta fare negli scorsi mesi, in modo da arrivare pronti, con uno schema di gioco consolidato. Adesso, invece, l’ipotesi è quella d’imbastire una trattativa in fretta e furia, sapendo che il braccio di ferro con Roma si porrà sul residuo fiscale. Un tema che, teoricamente, non è previsto tra le materie costituzionali affrontate, ma che sappiamo essere l’unica vera ragione che ha spinto chi domenica è andato a votare”.

L’AUTONOMIA DEL CENTROSINISTRA

Scrive: “Il risultato non porterà alcuna ricaduta concreta. Inutile anche chiedere perché investire (tanti) soldi ed energie per una questione di principio che gli araldi del referendum hanno ben pensato di non specificare”. Nel suo libro sul referendum, Brambilla pone più di un dubbio sull’effettiva finalità della consultazione. Con un ossimoro che sta nel titolo: referendum inutile ma autonomia necessaria. “Rivendico l’appartenenza all’autonomia solidale prevista dall’articolo 116 della Costituzione”, spiega oggi Brambilla. “In sé, l’autonomia è un fatto positivo, che per anni è stata al centro dell’iniziativa politica del centrosinistra. Il referendum, invece, ha rischiato di darne una connotazione sbagliata, soprattutto in questa estrema enfatizzazione del tema fiscale. Sono d’accordo nel rilanciare un discorso sul regionalismo, ma occorre anche fare autocritica sulle ragioni dei fallimenti degli ultimi 15 anni, che non sono ascrivibili solo all’ottusità o all’insensibilità romana. La colpa è anche di chi, nelle Regioni, non è riuscito a produrre una politica del lavoro adeguata. Il regionalismo è utile al Paese solo se non diventa separatismo”.

REGIONALI, GORI, MDP

Nel 2018, la Lombardia sarà chiamata a un altro voto: quello delle elezioni regionali. Secondo Brambilla, il risultato del referendum non sarà decisivo in ottica di riconferma di Maroni ai piani alti di Palazzo Lombardia. “L’esito, semmai, potrà influire sulla conferma di Maroni alla guida della coalizione di centrodestra. Penso che il governatore abbia tirato un sospiro di sollievo, perché, al di sotto di una certa soglia al referendum, si sarebbe potuta mettere in gioco la sua leadership. Diciamo che, da questo punto di vista, ha avuto la sufficienza. Un voto che permette sì la promozione, ma che non gli consente di presentarsi all’esame di maturità sicuro del diploma”. Brambilla conferma che l’intenzione del Pd sia quella di sostenere Gori in qualità di sfidante di Maroni alle regionali. “Sì, per noi è lui il candidato”, sottolinea il capogruppo dei dem. “In questa settimana capiremo se sarà sin da subito anche il candidato di tutta la coalizione di centrosinistra, oppure se dovremo ricorrere alle primarie. Abbiamo posto ai nostri potenziali interlocutori la fine di ottobre come deadline entro cui scegliere. Se non accadrà nulla, la direzione regionale, convocata per lunedì prossimo, investirà direttamente Gori a rappresentante del Partito democratico”. Il sindaco di Bergamo ed ex spin doctor di Renzi, a differenza di gran parte degli esponenti del Pd, al referendum ha votato Sì. E s’è messo alla guida dei sindaci dem favorevoli all’autonomia della Lombardia. “Gori”, dice Brambilla, “ha contribuito a tenere questa consultazione nell’alveo di un ragionamento costituzionalmente corretto. La sua presa di posizione è stata tesa a evitare che il Sì significasse solo una rivendicazione estrema nei confronti di Roma”. Anche se Renzi ha riaperto al dialogo, i rapporti tra il Pd e Mdp sono sempre tesi. Tra gli interlocutori di cui parla Brambilla in vista delle regionali, però, ci sono anche i bersaniani. “La coalizione sarà composta da reti civiche, lo stesso Campo progressista di Giuliano Pisapia ha già assicurato il suo sostengo a Gori. Ora stiamo aspettando che Mdp sciolga le sue riserve e ci dica se intende far parte della coalizione di centrosinistra, come noi auspichiamo”.


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