Il maggiore ostacolo nel salvataggio delle due banche venete è vicino a una soluzione. Intesa Sanpaolo potrebbe diventare il partner bancario delle liquidazioni coatte amministrative e di Sga per la gestione di una parte del portafoglio crediti non performing. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, sarebbe questo il piano allo studio della Ca’ de Sass e del governo per risolvere l’empasse emerso nel corso dell’estate. Il decreto di giugno prevede infatti che gli asset deteriorati delle ex Popolare di Vicenza e Veneto Banca siano gestiti direttamente dai commissari e dai vertici della Sga. L’intervento d’urgenza non ha però tenuto conto dei limiti organizzativi e regolamentari degli attori in campo.
IL PROGETTO
Le maggiori preoccupazioni riguardano i circa 9 miliardi di unlikely to pay, i crediti cioè che pur non essendo più in bonis non sono ancora scivolati in default. È buona prassi dell’attività bancaria evitare il deterioramento di queste esposizioni e fare il possibile per riportarle in bonis, incoraggiando il turnaround industriale e finanziario. Passaggi che richiedono però l’immissione di nuova finanza, cosa che le liquidazioni coatte amministrative non possono più fare e che Sga, da intermediario finanziario ex 106, può effettuare solo in misura limitata. L’ipotesi di dotare di licenza bancaria la società napoletana guidata da Marina Natale è stata presa in considerazione dal Tesoro ma, al termine di un’attenta analisi, è stata giudicata di difficile attuazione. Sia per la complessità dell’iter autorizzativo con Bankitalia che per la necessità di dotare il veicolo di sufficiente capitale.
LE INDISCREZIONI DI MF
Ecco perché, ancora una volta, la soluzione al problema potrebbe essere fornita da Intesa Sanpaolo. Secondo quanto risulta l’istituto guidato da Carlo Messina (in foto) avrebbe dato la propria disponibilità ad affiancare con le proprie strutture sia le liquidazioni coatte amministrative che Sga per le operazione di natura strettamente bancaria, cioé ad esempio erogazioni di nuova finanza, ristrutturazioni o rinnovi di affidamenti. L’approccio sarà comunque selettivo, con il preciso obiettivo di fornire sostegno finanziario solo alle imprese che abbiano chance di tornare in bonis. Nulla di particolarmente diverso da quello che la banca già fa con le aziende proprie clienti, se è vero che nella prima metà dell’anno ne sono tornate in bonis circa 60 mila. Questi interventi comunque non cambieranno il perimetro originario dell’operazione che, come previsto dagli accordi di fine giugno, esclude dall’acquisizione di Intesa tutti gli asset non in bonis.
LO SCENARIO DI INTESA
Se la gestione degli unlikely to pay rappresenta oggi una priorità per le sue ricadute economiche e sociali, l’asse con Intesa potrebbe interessare anche l’area del servicing, cioé la gestione e il recupero delle sofferenze. Il gruppo guidato da Messina (in particolare la Capital Light Bank coordinata da Giovanni Gilli) ha un’esperienza specifica in questo settore, come dimostrano i costanti miglioramenti sulle curve di recupero, e alcune risorse potrebbero essere messe temporaneamente a disposizione del cantiere veneto. Tanto più, ricorda un banchiere, che la stessa Sga è una vecchia conoscenza del mondo Intesa Sanpaolo, avendo gestito per quasi vent’anni gli stock di crediti deteriorati del vecchio Banco di Napoli. Ecco perché anche sul fronte del servicing c’è spazio per una collaborazione che permetta al governo di raggiungere gli ambiziosi obiettivi previsti dal governo di giugno. Tutti questi progetti procederanno parallelamente alla due diligence che Intesa, commissari e Tesoro stanno condurranno fino alla metà di novembre sugli asset delle ex Bpvi e Veneto Banca. L’esame sarà indispensabile per definire una volta per tutte il perimetro del salvataggio, mentre la migrazione informatica è stata anticipata al week end dell’8-10 dicembre.
(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza)