Lo sciopero dei sindacati autonomi che blocca da settimane alcune sedi di SDA Express Courier, ha un impatto “devastante” sul giro di affari della società di consegna pacchi controllata da Poste Italiane. Lo ha detto ieri Paolo Rangoni, amministratore delegato di SDA, durante un‘audizione presso la commissione Lavori Pubblici del Senato: “Perdere di botto il 50% dei volumi da quasi un mese è devastante”, ha detto Rangoni, la cui società gestisce anche le consegne in Italia di Amazon, il gigante dell‘e-commerce. “I nostri costi sono in gran parte fissi, mentre i ricavi sono generati dai volumi”. Secondo Rangoni, “lo sciopero mette a rischio il piano di risanamento di SDA… e anche l‘immagine di Poste Italiane ne risente”.
GLI SCIOPERI
Continuano infatti da circa un mese gli scioperi e le mobilitazioni all’interno di Sda. L’azienda del gruppo Poste italiane ha visto bloccare i suoi hub di Carpiano, comune a sud di Milano, Bologna e, nella giornata di lunedì 2 ottobre, anche di Trinità, nel Cuneese. Hanno invece ripreso a lavorare regolarmente i centri di smistamento romani e piacentini.
LE RAGIONI
Le agitazioni hanno avuto inizio l’8 settembre scorso, quando Sda ha comunicato che avrebbe disdetto l’appalto con la cooperativa Cpl, che gestisce l’hub di Milano, imputando la rescissione a inadempimenti della controparte. Temendo esuberi, sono iniziate le proteste dei Cobas che non si sono fermate nemmeno quando il nuovo fornitore (Ucsa) ha assicurato che avrebbe assunto tutti i vecchi dipendenti alle condizioni contrattuali preesistenti.
LE TENSIONI
La disponibilità del nuovo soggetto ha in realtà incrinato il fronte della protesta: Sol Cobas si è tirata fuori, dicendosi soddisfatta, mentre Si Cobas ha indetto lo sciopero a oltranza, con picchetti all’entrata degli stabilimenti bolognesi e meneghini. La sigla sindacale lamenta infatti il venir meno di altri diritti e garanzie, relative all’anzianità di servizio e alla tutela del posto di lavoro stesso. Da parte di Si Cobas si sottolinea che il licenziamento sia in realtà un escamotage finalizzato alla riassunzione secondo le nuove regole del Jobs Act alla cui applicazione sfuggivano invece tutti i contratti stipulati prima della sua promulgazione. Ad aderire in massa alla protesta sopratutto i facchini, in massima parte di origine extracomunitaria, che temono di perdere il posto di lavoro e la possibilità di restare in Italia.
LE INDISCREZIONI
Lunedì 2 ottobre Si Cobas ha inscenato un sit-in di protesta di fronte al Palazzo della Provincia, in corso Monforte a Milano, denunciando che sarebbe in atto un tentativo di svendita della società ad Amazon. Secondo una fonte di Formiche.net, l’agitazione sarebbe nata a seguito del licenziamento di 43 dipendenti in appalto messi a disposizione da CPL, cooperativa di lavoro interinale “costretta al taglio a causa dei bassi introiti” con cui verrebbe retribuita da Sda. “Di questi – dice la fonte – 35 sono iscritti a una associazione sindacale, 8 a un’altra, in opposizione fra loro. Entrambe hanno fatto fronte comune nella fase di agitazione, bloccando i magazzini di Milano, Bologna e altri punti nevralgici del corriere, ma divergono ampiamente sulle possibili soluzioni, finanziarie e contrattuali”.
LE LACERAZIONI SINDACALI
Contro gli scioperi selvaggi hanno manifestato, il 2 ottobre, i lavoratori dello stabilimento di Trinità, indicendo a loro volta un nuovo sciopero, appoggiato dalle segreterie nazionali di Filt, riconducibile a Cgil, Fit di Cisl e Uiltrasporti. Temendo danni alla posizione economica della società, hanno invocato persino l’intervento del Viminale. La lacerazione interna al mondo sindacale rischia di procurare danni irreparabili a Sda, che conta circa 1500 dipendenti e quasi 9000 in appalto. Dei 400 lavoratori nel centro di Milano, solo 120 hanno firmato i nuovi contratti d’assunzione. Sono ormai centomila i pacchi in giacenza da settimane negli hub del corriere, molti clienti si sono già rivolti a società concorrenti e sono scattate le penali per i ritardi nella consegna soprattutto – rivela la nostra fonte – da Amazon, dato che la maggior parte della merce veicolata proviene dal gigante dell’e-commerce.
LA VERSIONE DELLA SDA
La stessa Sda in un comunicato ha reso noto che “tale circostanza mette a repentaglio il lavoro di migliaia di maestranze dirette e indirette dell’indotto dell’e-commerce e comporta, inoltre, danni certi per il blocco delle attività produttive e la conseguente interruzione del servizio pubblico postale. A tutto questo si aggiunge il danno diretto per i cittadini e imprese che riceveranno in forte ritardo la consegna dei pacchi a loro destinati”.
CHE COSA HA DETTO RANGONI
Lo sciopero, con il picchettaggio di alcune sedi di distribuzione (in particolare quella di Milano, che è di fatto chiusa), è causato apparentemente dalla vicenda delle condizioni per la riassunzione di alcuni dipendenti di ditte appaltanti per conto di SDA. Nei giorni scorsi SDA era impossibilitata a consegnare pacchi di peso superiore ai 5 kg, ha detto Rangoni, l’amministratore delegato di Sda, ora però la società sta cominciando a ricevere pacchi fino a 10 kg. Ma l‘epilogo della vicenda sembra ancora lontano. Nel corso dell‘audizione l‘amministratore delegato ha parlato di “licenziamenti di lavoratori con contratto in scadenza” da parte di aziende dell‘indotto e di “clienti che non stanno pagando le fatture come ritorsione per i potenziali danni”. “Stiamo cercando di accelerare la chiusura di accordi (sindacali) su Bologna e su Roma, su Milano è più difficile.. Non sarà immediato riuscire ad acquisire tutti i volumi persi, e una parte dei clienti ci hanno abbandonato”, ha detto Rangoni.