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Vi racconto rischi e incertezze dopo la sentenza della Corte costituzionale sulle pensioni

welfare, sentenza, corte costituzionale

La sentenza con cui la Corte Costituzionale ha respinto i ricorsi contro il cosiddetto decreto-Poletti sui rimborsi parziali delle pensioni, ci lascia l’amaro in bocca sia per il mancato ristoro che questi redditi subiranno (retribuzioni differite, ricordiamolo), sia perché si è così originato un vulnus pericoloso sul terreno dello Stato di diritto. Aver sacrificato i diritti dei pensionati alle necessità della finanza pubblica, espone questa categoria ad un’incertezza perenne e ad un rischio costante. L’incertezza è determinata dal fatto che i programmi di vita e le legittime aspettative di chi va o sta per andare in pensione non valgono più nulla. Il potere esecutivo ha avuto riconosciuta la discrezionalità di ‘cambiare le carte in tavola’ e quindi la certezza del diritto è ormai una frase senza senso, almeno nel campo previdenziale. Il rischio è invece diretta conseguenza delle condizioni di costante difficoltà dei nostri conti pubblici: di fronte all’incapacità dello Stato di intaccare, almeno, la mole mostruosa dell’evasione e dell’elusione fiscale, è certamente più facile reperire risorse nel reddito fisso e, in particolare, fra i pensionati. Evidentemente ritenuti un soggetto ‘debole’ anche in termini di rappresentanza e peso elettorale.

Come confederazione che ha fra i suoi associati percettori di pensioni medio-alte, ottenute grazie ad una lunga vita lavorativa durante la quale si sono versati ingentissimi contributi previdenziali, ricordo sommessamente ai tanti ‘Censori’ dell’equità redistributiva, che dal 1998 al 2013 le pensioni medio-alte hanno subito ben 6 interventi peggiorativi in tema di indicizzazione. Inoltre, dal 2011, hanno versato già tre contributi di solidarietà. Mi permetto di puntualizzare questo aspetto non per puro spirito rivendicativo, ma perché stiamo assistendo ad una retorica continua, tanto esasperata quanto superficiale, sui temi della solidarietà, delle classi sociali, dei diritti e dei doveri, dei ricchi e dei poveri. La crisi dei sistemi di welfare occidentali è sotto gli occhi di tutti, ed è necessaria una ben meditata operazione di revisione dell’intero sistema dello ‘Stato sociale’. Ma poiché la nostra classe politica appare in difficoltà di fronte a tale impegnativo compito, è più incline a meschine operazioni su stipendi e pensioni. Interventi più simili al gioco delle tre carte che ispirati ad una logica realmente redistributiva. Per chiudere questo ragionamento, vorrei anche ribadire che in Italia poco più del 12% dei contribuenti versa circa il 54% dell’Irpef complessiva. E che questo 12% è composto da contribuenti che dichiarano redditi dai 35mila ai 300mila euro annui (questi ultimi sono lo 0,083%; lo 0,20% quelli da 200mila euro).

Comunque noi continueremo in tutte le sedi a difendere i diritti dei pensionati e ad opporci ad ogni tentativo di cambiare le leggi in vigore ai loro danni.

Confidiamo che la politica, i partiti, il Governo si facciano carico di questo problema e adottino misure di tutela dei diritti dei pensionati e non di ulteriori norme vessatorie. Sarà, questo, un interessante terreno di confronto che apriremo con i partiti in vista della prossima campagna elettorale, e sui quali chiederemo proposte ed impegni precisi. Il Governo e il Parlamento che verranno, dovranno dare risposte chiare in termini di certezza del diritto e di tutela dei diritti acquisiti.  Anche perché va detto con chiarezza che i tanto sbandierati problemi del lavoro, dei giovani, sull’urgenza dei quali siamo tutti d’accordo, si affrontano e si risolvono con interventi mirati alla crescita economica, allo sviluppo produttivo, al recupero della produttività. Mai con provvedimenti che mettono in conflitto le generazioni.



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