“Non siamo liberisti ingenui”. È racchiuso nelle parole del presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker l’accordo raggiunto a Bruxelles sulla riforma delle regole antidumping tra Europarlamento, Consiglio e Commissione europea. “Dobbiamo essere sicuri di avere gli strumenti per agire con la concorrenza sleale e al dumping di prodotti nel mercato dell’Europa, che ha come risultato la distruzione di posti di lavoro”. Un riferimento, neanche troppo velato, alle operazioni di vendite sottocosto perpetrate dalla Cina, e non solo, negli ultimi anni che hanno messo in crisi parecchi comparti industriali europei, dall’acciaio alla manifatturiera più classica.
ITER LUNGO E DIFFICILE MA IL MES ALLA CINA NON È PASSATO
Ma l’accordo raggiunto, e di cui adesso in molti si dicono soddisfatti, non ha avuto vita facile. Con un’Europa sempre più divisa tra paesi manifatturieri e paesi, soprattutto del Nord che vivono dei beni e servizi provenienti dall’ex Celeste Impero. Le premesse circa un anno fa, come raccontato più volte da Formiche.net erano altre, fino all’ipotesi che di fatto spalancava le porte alla Cina e alle altre economie emergenti di vedersi riconosciuto lo status di economia di mercato e, di conseguenza, di smantellare ogni forma di difesa come i dazi antidumping. La nuova metodologia di calcolo delle misure antidumping mette ora in piedi un sistema “neutrale per Paese”, eliminando la “lista nera” dei Paesi non a economia di mercato. Questo prevede la pubblicazione di rapporti da parte della Commissione su settori economici o Paesi per mettere in luce quelle che potrebbero essere le maggiori distorsioni. Si introduce quindi l’uso di costi e prezzi di produzione dei Paesi terzi per determinare se c’è il dumping quando questi sono estremamente distorti, e utilizza quelli domestici solo se questi intendono fissare un tetto ‘positivo’ sotto cui non si può scendere. E nella valutazione delle distorsioni, la Commissione europea, come chiesto dall’Europarlamento, dovrà anche tener conto del rispetto dei criteri ambientali e dei diritti del lavoro in linea con gli standard dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo).
OPERA DELLA PROVA NON PIÚ A CARICO DELL’INDUSTRIA EUROPEA
Ma ciò che più conta dell’accordo raggiunto è che la prova della distorsione del mercato non è più a carico delle imprese europee che invece viene trasferito sull’esportatore extracomunitario. Questo è un punto dirimente sul quale la nostra Confindustria insieme a quella europea si è maggiormente battuta perché avrebbe caricato di costi insostenibili i dossier per vedersi riconosciuto il dumping. Eppure fino a qualche mese fa l’orientamento era che chi subisse il danno doveva dimostrarlo e solo in un secondo tempo la Commissione avrebbe agito per riequilibrare il mercato dalle distorsioni. Solo che seguendo questa strada non si andava da nessuna parte perché si sommava al danno, la beffa, in quanto per le aziende europee riuscire a dimostrare da sole la vendita sottocosto di un prodotto era praticamente impossibile. Come si è arrivati allora al punto di svolta?
ASSE ITALIA – FRANCIA COSÌ SI È SBLOCCATO EMPASSE
“Nella lotta al dumping in Europa è necessario avere risposte più rapide, più protettrici e più efficaci per le nostre industrie quando i concorrenti internazionali non rispettano le regole del commercio”. È stato qualche settimana fa il presidente francese, Emmanuel Macron, al termine dell’incontro con il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani a far capire che la musica sulla riforma antidumping doveva cambiare spartito. Trovandosi in piena sintonia con quanto ripetuto più volte dal governo italiano che spesso si è trovato isolato in questa battaglia di tutela della produzione industriale europea. Lo ha ricordato bene il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda: “All’inizio del 2016, le ipotesi avanzate dalla Commissione prevedevano, di fatto, il vero e proprio riconoscimento alla Cina del Status di Economia di Mercato (MES), moderato solo da alcuni correttivi. Da allora, l’Italia si è battuta in Consiglio spesso in una situazione di assoluta avanguardia e ha ottenuto che la proposta presentata dalla Commissione nel novembre scorso abbandonasse l’ipotesi del riconoscimento del MES, adottando un nuovo meccanismo di calcolo del dumping basato, invece, sul concetto della presenza di distorsioni significative”. L’asse italo francese ha avuto la forza di spostare sulla decisione anche la Germania che sul dossier ha sempre mantenuto una posizione ambigua, con la Merkel preoccupata di non rovinarsi i rapporti con Pechino, e a cascata anche l’Austria, la Spagna, la Polonia e la Romania da sempre attente a questa tematica ma che, di fatto, non erano mai uscite allo scoperto.
CONFINDUSTRIA: OK MA GUARDIA RESTI ALTA
Adesso c’è soddisfazione quasi unanime, molti settori che in questi anni sono stati salvati anche grazie alle misure antidumping potranno continuare a produrre e l’Italia ha al suo attivo oltre sessanta dazi proprio contro la Cina nei settori più disparati, dall’acciaio alla ceramica, passando per il comparto delle moto e biciclette fino a quello dei pannelli solari e delle valvole. “Quasi un anno fa siamo partiti in salita con una proposta della Commissione Ue che con pochi segni di penna avrebbe regalato lo status di economia di mercato alla Cina, mettendo fuori mercato interi settori produttivi. Questo tentativo è stato sventato grazie a un buon gioco di squadra di cui dobbiamo essere fieri”. Ha ricordato Lisa Ferrarini, vicepresidente di Confindustria per l’Europa. “Si tratta di uno dei dossier più delicati e controversi che avrà riflessi significativi sulla politica commerciale e su quella industriale della Ue. Il risultato finale rispecchia gli interessi divergenti che caratterizzano l’Europa. Non tutte le nostre richieste sono state accolte e Confindustria non abbasserà la guardia: vigileremo caso per caso affinché gli impegni vengano rispettati e attuati”
ADESSO SI ASPETTA IL SÌ DEFINITIVO
L’accordo informale – penultimo degli step previsti – sarà messo in votazione al Comitato per il Commercio internazionale il prossimo 12 ottobre. Passaggio definitivo, infine, in sessione plenaria a Strasburgo del prossimo 12 novembre. Quando la riforma antidumping sarà finalmente diventata realtà.