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Banca Etruria, Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ecco come Bankitalia ha vigilato (secondo i magistrati)

Banca Etruria, Popolare di Vicenza e Veneto Banca risposero picche ai richiami della Vigilanza di Banca d’Italia. Il giorno dopo la decisione del Consiglio dei ministri di confermare Ignazio Visco alla guida di Via Nazionale, Fiorenza Sarzanini sul “Corriere della sera” pubblica stralci della documentazione che il governatore ha consegnato alla commissione bicamerale d’inchiesta sulle banche lo scorso 18 ottobre, quando si è presentato spontaneamente a Palazzo San Macuto ed è stato accolto dal presidente Pierferdinando Casini e dai vicepresidenti Mauro Maria Marino (Pd) e Renato Brunetta (FI).

COSA C’E’ NEL DOSSIER CONSEGNATO DA VISCO

Obiettivo: dimostrare di “aver effettuato tutti i passi necessari” per evitare il dissesto che ha poi condotto al fallimento le banche popolari, in particolare le due ora in corso di acquisizione da parte di Intesa Sanpaolo e Banca Etruria, che ha legato le sue ultime fasi di vita al nome di Pier Luigi Boschi, padre del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi. Secondo quanto scrive Sarzanini “nel materiale trasmesso da Visco vengono evidenziate proprio le comunicazioni con l’autorità giudiziaria con un’attenzione particolare ai ‘richiami’ nei confronti dei vertici degli istituti di credito che non hanno seguito le indicazioni di Palazzo Koch”. E che ad esempio nel caso della ricerca di un partner affidabile per Etruria e in quello della fusione per le due venete “hanno addirittura seguito il percorso contrario”.

VIGILANZA SU OPERAZIONE VENETO BANCA

“Il Corriere” racconta come due anni fa Palazzo Koch abbia inviato al pm di Roma Maria Francesca Loy – nell’ambito dell’inchiesta su Veneto Banca – una relazione, sollecitata dallo stesso magistrato, in merito alla rettifica del patrimonio di vigilanza, alla liceità degli atti di “ritenzione e compensazione”, ai finanziamenti per “l’acquisto di azioni con riguardo all’operazione di aumento di capitale”. Su quest’ultimo punto, a differenza che sugli altri due, Via Nazionale ha riferito di non aver ricevuto alcuna comunicazione e si è impegnata “a trasmettere ogni elemento utile che dovesse emergere dagli accertamenti ispettivi Bce recentemente conclusi”.

VIGILANZA SU PERDITE ETRURIA

Gli scambi tra la magistratura romana e Palazzo Koch hanno dato i loro frutti anche nel filone d’inchiesta su Banca Etruria. Sarzanini scrive che Vigilanza e ispettori “hanno sempre trasmesso in tempo reale gli esiti degli accertamenti ma anche le ‘sollecitazioni’ sulla situazione patrimoniale”. In questo ramo rientrano “gli atti sulla valutazione provvisoria’ effettuata dopo aver ‘riscontrato che la situazione patrimoniale di Banca Etruria predisposta dai commissari straordinari al 30 settembre 2015 era del tutto insufficiente ad assicurare i requisiti prudenziali e tenuto conto dell’urgenza di provvedere”. Il commissariamento, ricordiamo, fu deciso quando a guidare l’istituto di credito erano il presidente Lorenzo Rosi e i due vice Alfredo Berni e Pier Luigi Boschi. La valutazione di Bankitalia venne svolta in due fasi e dalla seconda emersero perdite complessive per 579,6 milioni di euro e un deficit patrimoniale di 557 milioni di euro.

I RICHIAMI DI PIGNATONE E CAPPELLERI

Del lavoro della Vigilanza nel caso del fallimento di Veneto Banca ha parlato anche il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, durante la sua audizione a San Macuto il 24 ottobre scorso. Il magistrato ha ricordato che sono in corso di valutazione gli esposti presentati dall’ex manager di Banca Intermobiliare Pietro D’Aguì. Si tratta di “una denuncia per l’operato della Banca d’Italia. Su questo – ha chiarito – l’attività d’indagine è in corso, abbiamo fatto richiesta di documentazione alla Banca d’Italia che è arrivata da poco. Ieri o ieri l’altro – ha proseguito – è arrivato un altro esposto di D’Aguì con l’apertura di un ‘modello 45′ (relativo agli atti non costituenti notizie di reato, ndr) in attesa di una valutazione che speriamo di concludere in tempi brevi”. Pignatone ha poi menzionato pure l’ex amministratore delegato di Veneto Banca Vincenzo Consoli – peraltro finito in carcere tra agosto 2016 e gennaio 2017 per il crac dell’istituto – il quale “ha riferito che Bankitalia era a conoscenza dei meccanismi gestionali, non formalizzando però una denuncia e la Procura non ha ritenuto ravvisare profili di rilevanza penale”.

Il giorno dopo è stato invece Antonio Cappelleri, procuratore di Vicenza che indaga sul fallimento di BpVi, a parlare dell’operato della Vigilanza. “In vari momenti e con vari espedienti – ha evidenziato alla commissione bicamerale – gli organi bancari, nel momento in cui sono stati sottoposti a visite ispettive della Banca d’Italia e della Consob, hanno nascosto e non esposto una serie di operazioni”. Cappelleri ha tenuto a ricordare che “gli ispettori di vigilanza non hanno ovviamente poteri di autorità giudiziaria, non possono acquisire d’imperio documenti, devono chiedere di esibire proprie documentazioni e su quelle effettuano il riscontro”.

APPUNTAMENTO ALLA PROSSIMA SETTIMANA

Di carne al fuoco insomma ce n’è parecchia per i parlamentari della commissione d’inchiesta quando si presenterà in audizione Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza economica e finanziaria della Banca d’Italia. L’appuntamento è in programma giovedì 2 novembre alle 11. A seguire verrà ascoltato il direttore generale della Consob, Angelo Apponi. Ancora non è stata fissata invece la data dell’audizione più attesa, quella del neo confermato governatore Visco.


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