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Che cosa si aspetta Donald Trump da Xi Jinping su commercio e Corea del Nord

Xi Jinping, cina

Giunto a Pechino nella terza tappa della sua maratona asiatica, Donald Trump riceve un’accoglienza imperiale – con tanto di visita esclusiva, accompagnati dalle rispettive consorti, alla Città Proibita – dal sovrano cinese Xi Jinping, appena incoronato leader maximo della gerarchia che regge le sorti della Repubblica popolare. Nel terzo faccia a faccia dall’ingresso di Trump alla Casa Bianca, dopo il vertice in Florida di aprile e l’incontro a margine del G20 ad Amburgo dello scorso luglio, i due leader mettono a fuoco i termini della relazione bilaterale chiave del mondo contemporaneo, quella tra la superpotenza americana e il Dragone. Due parabole, quelle degli Usa e della Cina, che si intrecciano in questa regione al centro degli interessi di entrambi ma anche si scontrano su due nodi che rappresentano altrettante emergenze per un Trump alla ricerca di risultati in una presidenza altrimenti avida di vittorie: il commercio e la minaccia nucleare di Kim Jong-un.

Su questi due fronti, The Donald e XI hanno molto di cui discutere. Sul piatto ci sono da un lato i 347 miliardi di deficit commerciale per un’America che, sotto Trump, è in cerca di riscossa nel nome del credo “America first”. Dall’altro lato, c’è un regime aggressivo, la Corea del Nord, che con i test missilistici e nucleari di quest’anno ha lanciato un guanto di sfida alla pax americana. Su entrambi i dossier, Xi è chiamato dal suo collega a fare generose concessioni. Deve anzitutto rendere più equilibrati gli scambi economici, aprendo il proprio mercato alle merci americane e rinunciando alle pratiche sleali che Trump ha fermamente denunciato in campagna elettorale. Quanto alla Corea del Nord, Xi è chiamato a esercitare la massima pressione sull’alleato del Nord, considerato finora una comoda spina nel fianco della strategia Usa.

Nei colloqui di ieri, ambedue i temi hanno occupato un posto di primo piano. La formula magica con cui trovare soluzioni concordate e reciprocamente vantaggiose è, per Trump, la “grande chimica” che esiste tra lui e Xi. Che è, nelle parole del presidente, “un uomo davvero speciale”. Sarà, dicono gli osservatori più maliziosi, la fascinazione che il tycoon subisce quando si trova di fronte ad un leader con poteri assoluti. O forse, più probabilmente, è la convinzione del magnate di essere in grado di convincere anche l’interlocutore più ostico a raggiungere un “deal”. Sta di fatto che Trump, da Pechino, si dice soddisfatto della relazione con il collega.

“Sono stato davvero incoraggiato”, afferma, “da tutte le mie conversazioni con il presidente Xi, in particolare quelle di ieri sera”. Trump è speranzoso nei riguardi della collaborazione del presidente cinese sulla Corea del Nord. Lui e Xi, dice, si trovano “proprio sullo stesso piano quando si tratta della sicurezza. Entrambi la vogliamo per i nostri paesi e per il mondo”. Secondo Trump, la Cina “può risolvere questo problema velocemente e facilmente. (…) Io credo, come voi, che ci sia una soluzione” alla questione delle armi nucleari e dei missili di Pyongyang. “E spero che la Cina e il vostro presidente ci lavorino, e ci lavorino duramente. (…) Io so una cosa del vostro presidente. Se ci lavora duramente, ci riuscirà”.

Xi, dal canto suo, annuisce, confermando la sua predilezione per “una soluzione al problema della penisola coreana attraverso il dialogo e le consultazioni”. La posizione di Pechino è nota da tempo: riaprire il negoziato con Pyongyang nel formato a sei, con Stati Uniti, la Cina stessa, Corea del Sud, Giappone e la Russia di Vladimir Putin. Obiettivo, la denuclearizzazione della penisola coreana. Cosa gli Stati Uniti debbano cedere in cambio è però questione che Xi lascia in sospeso, sperando presumibilmente che l’amico Donald accetti la proposta che Pechino ha avanzato a più riprese durante la crisi: la “doppia sospensione”, ossia una moratoria nucleare da parte della Corea del Nord e la parallela rinuncia degli Stati Uniti alle esercitazioni militari congiunte con Seul. Soluzione che però l’America non ha mai preso in considerazione.

Se il problema della Corea del Nord rimane ostico, a dispetto della condivisione degli obiettivi ultimi, anche l’altro tema sul tavolo, il commercio, presenta numerose difficoltà. Trump lo evidenzia immediatamente, sottolineando la propria insoddisfazione per un commercio “molto sleale e unilaterale”. Il capo della Casa Bianca è convinto però che lui e Xi lo renderanno “equo” e “fantastico per entrambi”. Basta non ripetere, dice Trump, gli errori delle passate amministrazioni, che hanno accettato supine lo svantaggioso status quo e non hanno saputo parlare francamente ai cinesi. “Non rimprovero la Cina” spiega Trump. ”Dopotutto, chi può rimproverare un paese che si avvantaggia di un altro paese a beneficio dei propri cittadini?”. Ora però, alla Casa Bianca c’è lui, e grazie alla “chimica” con Xi è possibile intavolare una discussione sincera.

Ne è convinto anche il presidente cinese, che ammette: “ci sono naturalmente delle frizioni, ma sulla base di una cooperazione win-win e di una competizione equa noi speriamo di risolvere tutti questi problemi in un modo franco e consultandoci”. La chiave di una relazione ripensata a vantaggio di entrambe risiede in una parola: apertura. “Mantenerci aperti è la nostra strategia di lungo termine.”, dice Xi. “Non restringeremo né chiuderemo le nostre porte. Le apriremo ulteriormente”. A testimoniare la buona volontà di Pechino c’è l’inchiostro che scorre sui contratti che i cinesi siglano sotto gli occhi attenti del segretario al Commercio Usa Wilbur Ross. Miliardi di dollari che sono musica, per le orecchie di The Donald.


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